G.B.Shaw «Lascio miliardi ma sostituitemi l'alfabeto» di Masolino D'amico

G.B.Shaw: «Lascio miliardi ma sostituitemi l'alfabeto» Rivelate le clausole del testamento: somme considerevoli per avere un inglese di 40 lettere invece di 26 G.B.Shaw: «Lascio miliardi ma sostituitemi l'alfabeto» «My fair lady»: i diritti postumi valsero quasi un'eredità intera /\ IUASI tutte le biografie 11 finiscono con la morte ■ I del protagonista, lali sciandoci all'oscuro sul seguito, che pure talvolta vorremmo sapere: cosa ne fu dei discendenti del grand'uomo? E delle sue speranze, delle sue battaglie? La recente e monumentale nonché universalmente acclamata vita di George Bernard Shaw per la penna di Michael Holroyd si era uniformata a questa consuetudine, e si può comprendere che giunto alla fine della ricostruzione di una esistenza durata ben novantaquattro anni e attivissima fino all'ultimo, l'autore si sia accasciato sfinito; del resto Shaw non ebbe figli, e morì ultimo di tutti i suoi parenti. Una storia di soldi In attesa di corredare i tre grossi tomi usciti con il preannunciato quarto di note, fonti e bibliografia, «anche un po' per disintossicarsi gradualmente», come ha detto, Holroyd ha buttato giù con brio un volumetto di 130 pagine da aggiungere al resto, con la storia del «dopo» la scomparsa del grand'uomo; ed è una storia non priva di risvolti ironici, in carattere col suo protagonista, ora presente solo in spirito. Fortuna delle opere e delle rappresentazioni teatrali (e cinematografiche) a parte - Holroyd segue anche queste -, la storia del dopo-Shaw è essenzialmente una storia di soldi; o meglio, è la storia dell'eredità di Shaw, che per uno scrittore di professione fu molto grossa. Dopo una giovinezza piena di stenti e una prima maturità tu^altro che opulenta^. Shaw aveva sposato una donna, ricca (Charlotte, del cui lascito alla n^iione^-irlandese Holroyd egualmente ci ragguaglia), alle cui rendite aveva aggiunto quelle sempre più cospicue dei suoi diritti d'autore. Anche per l'assenza di figli, egli aveva così disposto di molto denaro per una bella fetta della sua esistenza, durante la quale non era stato avaro; non toccò i quattrini del Nobel, per esempio, ma li destinò a una fondazione per i rapporti letterari anglo-svedesi; e aiutò concretamente moltissimi individui e infiniti enti e 'iniziative, dalla Società per la Protezione degli Uccelli a quella per assistere gli orfani degli attori (cui poi lasciò i diritti di una commedia), dallo Shakespeare Memorial Theatre di Stratford-upon-Avon, che tenne a battesimo, al National Thea¬ tre che cominciò a funzionare più di dieci anni dopo la sua morte. Pur non contraddicendo lo spirito civico del suo autore, il testamento di GBS quando fu reso noto nel marzo 1951 fu accolto dalla riprovazione quasi unanime, intellettuali non esclusi, e,da caldi inviti alle autorità perché lo considerassero invalido. Holroyd non condivide tale indignazione, ma ne spiega l'origine. L'Inghilterra emergeva da un interminabile periodo di austerity, la gente si sentiva priva dei comforts essenziali, quasi nessuno poteva permettersi la minima stravaganza. E il creso Shaw - un patrimonio di 367.233 sterline equivalenti forse a 12 miliardi di lire di oggi, arrotondabili a 500.000 con i diritti d'autore; se la cifra sembra piccola bisogna ricordare la mancanza universale di liquidità del momento tolti i vitalizi alla segretaria e a fedeli persone di servizio, lasciava tutto a tre istituzioni culturali e a una bizzarra crociata. Le prime erano il British Museum - nella cui Reading Room da ragazzo Shaw si era fatto una cultura, fra l'altro leggendosi metodicamente tutta l'«Encyclopedia Britannica», dalla A alla Z - la Royal Academy of Drama, e la National Gallery of Ireland: istituzioni già autosufficienti, o così almeno si pensava, volerle aiutare parve uno snobismo. Ma addirittura una specie di beffa perversa sembrò il quarto lascito, destinato al finanziamento di una battaglia perduta in partenza, quella per la sostituzione dell'alfabeto inglese, notoriamente inadeguato a riprodurre con i suoi 26 segni i numerosi suoni della lingua, con un altro da elaborare, di almeno 40 segni. In realtà Shaw non si illudeva che il suo denaro potesse bastare a risolvere un problema intricatissimo, noto a chiunque studi quell'idioma e da lui denunciato più volte. Ma voleva sensibilizzare la gente in proposito, primo, promuovendo una ricerca che determinasse quanto tempo e quanta fatica il nuovo alfabeto avrebbe potuto eliminare, secondo, dandole un campione concreto della soluzione possibile sotto forma di un'edizione di una sua opera, «Androclo e il leone», trascritta nel nuovo alfabeto con l'originale a fronte, e diffusa a prezzi popolari. Falcidiato dalle enormi tasse di successione, il lascito non bastò per qualche anno che a pagare i vitalizi degli ex dipendenti. Ma un fatto nuovo rilanciò clamorosamente le fortune del patrimonio postumo di Shaw: il musical «My Fair Lady», tratto da «Pigmalione». Nel 1963, quando la versione di Broadway ch'use dopo sei anni e mezzo di repliche, si calcolò che l'iniziativa avesse reso oltre agli incassi di quella, almeno altri 55 milioni di dollari dagli altri allestimenti in tutto il mondo, più altri 10 di diritti cinematografici e di dischi. Gli eredi maggiori, British Museum in testa, non attesero tanto per reclamare le loro spettanze, che cercarono inoltre di allargare sostenendo con cavilli legali l'invalidità del lascito destinato all'alfabeto. Oltretutto lì non c'era né un ente, né una persona fisica. Si possono lasciare dei soldi a un'idea? Come Shaw aveva peraltro previsto, le ragioni dell'idea furono difese dal Public Trustee o Fiduciario Pubblico, funzionario creato nel 1906 per l'amministrazione di quei lasciti che non si vogliano affidare a privati. A cercare di spiegare al giudice i complessi motivi linguistici all'origine delle intenzioni di Shaw non era dunque un competente, e anzi personalmente il Public Trustee di allora condivideva l'opinione pubblica che considerava l'iniziativa una stravaganza. Sennonché una spettatrice occasionale delle prime sedute del processo, una eccentrica contestatrice abituale a nome Barbara Smoker - il personaggio sembra inventato da Bernard Shaw - si indignò del corso che prendeva la faccenda, e cominciò a bombardare l'avvocato del Public Trustee con materiale erudito a favore del nuovo alfabeto; l'uomo ne fece uso, e alla fine, dopo un primo verdetto sfavoreyple, si venne a un compromesso. La crociata linguistica si vide assegnare una somma con cui le fu possibile, prima che scadessero i ventun anni dopo i quali Shaw aveva dato disposizione di cessare di finanziarla comunque, promuovere un concorso per la progettazione dell'alfabeto, sceglierne il vincitore, e pubblicare l'auspicata edizione di «Androclo». Neanche il resto del lascito andò sprecato, anche se saperne troppo è impossibile data la riluttanza degli enti pubblici a parlare di denaro ricevuto, per paura che lo Stato ne approfitti per ridurre i «suoi» contributi. Dal British Museum Holroyd ha estratto solo la dichiarazione ufficiosa che il capitale è stato investito. Più diffusamente, ma sempre senza entrare troppo in dettaglio, la Rada, ossia la migliore scuola pubblica di recitazione e regia d'Inghilterra, ha dichiarato per bocca del suo attuale presidente Sir Richard Attenborough che senza la munificenza di Shaw avrebbe chiuso i battenti da un pezzo: oltre che a farle superare molti anni bui, quei soldi sono stati determinanti per l'acquisto di una nuova sede. Da Tintoretto a Goya Quanto alla Galleria Nazionale d'Irlanda, la lista delle opere d'arte comprate col fondo Shaw negli anni è impressionante, figurandovi quadri di Le Nain, Vouet, Etienne de la Tour, Cigoli, Murillo, Jacques Iverny, Goya, e Jack Yeats; sculture di Richier, Duquesnoy, Renoir; disegni e acquerelli di Tintoretto, David, Fragonard, Van Dongen, Pissarro, Soutine, Nolde e via dicendo. All'apertura del testamento l'«Economist» aveva dichiarato: «Se Shaw si fosse prefisso di assicurarsi che le generazioni future avrebbero ricavato il minimo beneficio possibile dalla sua ricchezza, non si vede come avrebbe potuto far meglio». Quarantanni. dopo sembra lecito sospettare che al contrario, il «matto» GBS avesse visto ancora una volta più lontano di tanti savi. Masolino d'Amico A sinistra: una fotografia di George Bernard Shaw del 1947 In alto: una scena del film My fair lady interpretato da Audrey Hepburn

Luoghi citati: Inghilterra, Irlanda