Monfalcone dopo il Decameron chiude la porta alla vergogna di Giuliano Marchesini

Monfalcone dopo il Decameron chiude la porta alla vergogna Film porno, città sotto choc per il suicidio del preside Monfalcone dopo il Decameron chiude la porta alla vergogna TRAGEDIA A LUCI ROSSE MONFALCONE DAL NOSTRO INVIATO Nel giardino ombreggiato di piazza dell'Unità d'Italia, due ragazzine conversano, sedute su una panchina. Una si manda i capelli biondissimi all'indietro e ride, a una battuta della compagna. Più in là i bambini giocano, rincorrono i colombi che svolazzano infastiditi. Le mamme sorvegliano. E gli anziani leggono il giornale sotto gli alberi, ogni tanto gettando un'occhiata al di sopra della pagina. Ma di fronte non si guarda: quella palazzina gialla, un po' sbiadita, dove s'è consumato un dramma. Sul frontale e sulla porta c'è scritto: «Istituto scolastico Italia». E poi, più sotto: «Recupero anni, conseguimento diploma in tempi ridotti, cambiamento di indirizzo di studi, completamento studi interrotti, reinserimento nella scuola pubblica, ripetizioni estive e invernali». A questo si dedicava Alberto Arnaldo Raso, il preside. Raso s'è ucciso là dentro, impiccandosi alla ringhiera delle scale, per quella storia di videocassette porno «interpretate» da minorenni, in cui era finito coinvolto. Chissà se il preside di quella piccola scuola privata era colpevole. «Può darsi - dice un vecchio -. Ma adesso è inutile pensarci: lui è morto, lasciamolo in pace». Alberto Arnaldo Raso s'è tolto . la vita per la vergogna. Quella vergogna che correva per Monfalcone, tra la piazza e viale San Marcp, costeggiato dai bar, riservato alla chiacchiera, spesso e volentieri al pettegolezzo. Monfalcone chiusa tra i cantieri navali e questoiagglomerfto che è poco più di un paesotto, dove'non è facile sfuggire ai commenti degli altri. La piazza e viale dell'Unità d'Italia si sono riempiti, in questi giorni, di discorsi sullo scandalo, sulla storia del preside destinatario di un avviso di garanzia per quei «balletti rosa» con le ragazzine, filmati e registrati per le esigenze dei guardoni più morbosi. Tra i personaggi al centro dell'inchiesta, anche l'ex nazionale di pallacanestro Anna Maria Bozzi. «Possibile? - si domanda la commessa di un negozio -. Una così in gamba, finire in un giro simile?». Ultimo della fila degli inquisiti Alberto Arnaldo Raso, ex dipendente dell'ufficio tecnico ai cantieri, diventato animatore e preside dell'istituto Italia. Premuroso con gli studenti, un po' stravagante, dicono, nella vita privata. Dalla stravaganza al coinvolgimento nell'indagine sui filmini porno. Raso ha cercato di difendersi: «Non capisco - diceva - come mai circoli il mio nome. Io non c'entro, ve lo garantisco». Comunque, era ancora tutto da chiarire. Intanto il preside tirava via, per la strada, come per sottrarsi a sguardi inquisitori. Ma la vergogna l'ha inseguito. La mattina di lunedì è uscito di casa alle sei e mezzo. E' andato a infilarsi nel suo studio, all'istituto. E là ha scritto, convulsamente, un biglietto dopo l'altro. Più o meno la stessa frase, rivolta ai familiari, perché lo perdonassero. Scriveva e poi accartocciava il foglietto, lo gettava nel cestino. L'ultimo messaggio lo ha lasciato sulla scrivania. Adesso l'istituto Italia è chiuso, lo stabile sembra nell'abbandono. Gli studenti se ne sono andati, chissà se ritorneranno in questo posto. Il barbiere all'angolo della via è intento a tagliare i capelli a un vecchio cliente. Si ferma un momento e dice: «Io lo conoscevo fin da ragazzo, Raso. Lui era un tipo un po' così, diciamo esuberante. Insomma, gli piacevano tanto le mule, le ragazzine. Ma che cosa c'era di male, a quell'età? Sa come si fa: si ride, si scherza, con le ragazze. Magari le si tocca. Tutto qua..». Da qualche tempo il barbiere non vedeva il preside. «Qui non veniva, a farsi servire. So che ultimamente non stava bene: dicevano che aveva un brutto esaurimento nervoso. Ieri ho sentito dalla gente che s'era ucciso. Poveretto, che fine! Può darsi che, per via dell'esaurimento, abbia visto quella cosa che gli era capitata più grossa di quella che era». E i pettegolezzi? «Oh, tanti, dopo che si è saputo di quel, come si chiama?, avviso di garanzia. Questa è una cittadina di provincia, diciamo pure un paesone, dove la gente sa quasi tutto di tutti. Figurarsi se non si parlava del professore coinvolto nell'affare dei filmetti porno». Il cliente si spazzola via una ciocca di capelli bianchi e scuote il capo: «Sì, questo è un posto di provincia. La gente gioca a carte e parla. Certo, il caso è clamoroso. Però non bisogna dire che questa città è particolarmente predisposta allo scandalo: una cosa simile poteva succedere qui e là». Poco lontano dall'istituto Italia c'è il bar Municipio, il cui gestore è finito in carcere per la vicenda delle pornocassette. Ragazzine «reclutate», indotte a prestarsi per le riprese, «ricompensate» con qualche decina di biglietti da diecimila lire, ó con la collanina d'oro da sfoggiare tra le compagne. In questo bar ci venivano un po' tutti, anche quelli che contano a Monfalcone, a bere l'aperitivo, o il bicchiere di bianco. Nessuno s'è mai accorto di niente, lo scandalo è passato tra i tavoli attorno ai quali la gente faceva il quotidiano passaparola. Che grande imbarazzo, adesso. Anche il bar Municipio ha la serranda abbassata, dopo la revoca della licenza da parte del prefetto. La città ha chiuso le porte in faccia allo scandalo. Accanto alla scuola privata c'è la chiesa di Sant'Ambrogio, la parrocchia di Alberto Arnaldo Raso. Il parroco, don Romano Valle, è in canonica, quasi rintanato. Si mette una mano sul petto e dice: «Io il preside 10 conoscevo poco, anche se era uno dei miei parrocchiani. Ricordo che qualche anno fa venne da me: mi chiese se potevo mettergli a disposizione le sale delle nostre associazioni, perché voleva trasferirvi la sua scuola. Non potei accontentarlo. Da allora non ho più avuto molti contatti con lui». Che Raso s'era tolto la vita, 11 parroco l'ha saputo da una donna che s'era precipitata in chiesa. Don Romano sospira: «Dicono che fosse un uomo molto strano. Certo, non avrei mai immaginato che finisse dentro un'inchiesta di quel genere. In ogni modo, adesso non si può giudicare. Ma credo che quell'avviso di garanzia sia stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Un gesto assurdo, comunque. E pensare che mi era sembrato una persona tanto equilibrata, serena». Il parroco tira un altro sospiro: «Era sotto la pressione di un'emozione che non gli permetteva neanche di essere libero nelle decisioni». Don Romano guarda fuori dalla finestra e parla di questa città: «Non è che sia proprio chiusa. Anzi, qui hanno spirito d'iniziativa. Tuttavia, si tratta di un paese che è diventato città, non ha le caratteristiche della città e ha perso quelle del paese. Per quel brutto fatto, ci sono state la sorpresa, l'emozione, una forte risonanza. La gente si è domandata: Ma cosa succede a Monfalcone? E tutti hanno reagito. Se devo dirle la mia opinione, ritengo che parecchi di quelli che sono inquisiti non c'entrino, oppure c'entrino in minima parte». Don Romano ha un'esitazione, poi aggiunge: «Il professor Raso può anche essere stato travolto dalle chiacchiere. A volte, le parole colpiscono e feriscono più della spada, questo lo si sa. Certo, quando succede una cosa come questa di cui si sta occupando la magistratura, la gente si vergogna, si addolora. E' come se dicesse: guardate come siamo ridotti». Anche per Alberto Arnaldo Raso, per quello strano preside inseguito dai sospetti, la gente provava un po' di vergogna. Ora che s'è ucciso in quel modo, preferisce non parlarne più. Monfalcone torna ai suoi vecchi discorsi. Giuliano Marchesini Il parroco lo difende «E'stato ucciso dai pettegolezzi della gente» Sopra l'ex campionessa di basket Anna Maria Bozzi. A sinistra Alberto Arnaldo Raso, l'insegnante suicida Le onde dell'Atlantico in burrasca hanno fermato il Destriero

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