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«Voglio anch'io un Mesina» «Voglio anch'io un Mesina» Calabria, moglie di Conocchiella sostiene la tesi di Cortellezzi CATANZARO. «Mi augurerei che anche per me ci fosse un Mesina. Un Mesina calabrese. Io lo accoglierei a braccia aperte»: così si è sfogata Audinia Marcellini, moglie di Giancarlo Conocchiella, il dentista rapito a Briatico, il 18 aprile 1991. «In questo momento, dopo 15 mesi trascorsi ad aspettare inutilmente - ha aggiunto - non sono in grado di rifiutare l'aiuto di nessuno, accetterei l'aiuto di tutti. Non voglio più parole, voglio fatti, notizie certe, sicure». Audinia Marcellini ha parlato di «rimproveri» da muovere allo Stato. «Ma non si tratta - ha affermato - di rimproveri da mettere in relazione alle altre liberazioni. Io contesto allo Stato innanzitutto di non aver impedito il sequestro di mio marito e poi di non aver consentito che, dopo 15 mesi di prigionia, venisse liberato o quantomeno che venisse data una qualunque altra risposta». «Ho sentito tantissima gioia alla notizia della liberazione di Farouk - ha detto la moglie di Giancarlo Conocchiella - ma non posso nascondere che in quel momento il mio pensiero è andato a Giancarlo ed era impossibile che non fosse così. Non ho sue notizie da 443 giorni, non so che fine abbia fatto». Intanto monta anche una polemica sulla validità della legge antisequestri. «Considerare gli emissari dei familiari del rapito alla stregua di favoreggiatori dei banditi è un grosso errore»: lo ha detto nel corso di una intervista a Tg3-Rai Regione, il procuratore distrettuale della Repubblica di Cagliari, Franco Melis, che coordina l'inchiesta sul sequestro di Farouk Kassam. Indirettamente il magistrato, ribadendo posizioni già espresse, ha fatto riferimento alle norme che impongono il blocco dei beni del sequestrato e dei suoi parenti e che impediscono qualsiasi trattativa, lasciando intendere come tali disposizioni siano ingiuste, punitive per le vittime ed anche sbagliate, [r. cri.]