Il dio azienda imputata d'omicidio
Il dio azienda imputato d'omicidio Vittima del «karoshi», la sindrome da superlavoro, un dirigente della Mitsui Il dio azienda imputato d'omicidio Tokyo, è la prima volta in una multinazionale TOKYO. E' stato il «karoshi», l'eccesso di lavoro, e non un semplice infarto a uccidere Jun Ishii, 47 anni, quadro intermedio della multinazionale Mitsui, nel luglio 1990. Lo ha riconosciuto ieri ufficialmente il ministero del Lavoro giapponese mettendo per la prima volta sotto inchiesta una multinazionale, e dunque il «sistema Giappone», per un caso del genere. Finora i casi riconosciuti hanno riguardato dipendenti di imprese medio-piccole, pressate dagli imperativi della produzione e del mercato. Ma la morte di Ishii dimostra che come condizioni di lavoro neppure nelle grandi imprese si scherza. Di Karosni muoiono ogni anno in Giappone circa 10 mila persone, secondo dati presentati da gruppi privati alla Organizzazione mondiale della sanità nel febbraio scorso. Le cause sono da ricercare negli orari di lavoro eccessivi, nell'a¬ buso degli straordinari e nella quasi mancanza di ferie. Ishii era stato fulminato da un infarto mentre accompagnava tecnici sovietici a visitare delle aziende nella provincia di Aichi. Poiché conosceva il russo, nei dieci mesi precedenti la morte aveva compiuto otto viaggi in Urss per un totale di 103 giorni, e quando tornava in patria doveva fare da guida per numerose delegazioni. La vedova aveva messo sotto accusa la Mitsui, che ha cercato di tacitarla con 30 milioni di yen. Ma la donna ha voluto ottenere il riconoscimento formale del ministero del Lavoro che si tratta di un caso di karoshi. Nel 1991 in Giappone sono state intentate 597 cause di karoshi dai superstiti delle vittime, ma quelle riconosciute dalle autorità sono state soltanto 33. Una direttiva del ministero del Lavoro molto restrittiva stabilisce che si può ammettere che un lavoratore è morto per superlavoro soltanto quando nei sette giorni precedenti la morte ha lavorato il doppio del normale turno di servizio senza mai riposare, oppure ha fatto il triplo turno il giorno prima di morire. «Molti superstiti non ricorrono al giudice perché hanno paura dei riflessi negativi su congiunti che lavorano nella stessa impresa, oppure perché trattenuti dai sindacati che stanno dalla parte dell'impresa, o dal timore confuciano di contestare le autorità», ammette Chikanobu Okamura, del Centro nazionale per la difesa delle vittime del karoshi. Statistiche ufficiali dimostrano che nel 1991 i giapponesi hanno lavorato in media 2.056 ore contro le 1.650 degli europei e le 1.800 degli americani. Quanto a vacanze, nella scorsa estate hanno goduto in media di 7,6 giorni. [Ansa] a
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