Un rock triste all'hotel Plaza

Un rock triste all'hotel Plaza LE NOTTI DI GIANNI Un rock triste all'hotel Plaza CHE gran pista pista, ieri sera, che affannoso battipanni pedatorio sul tappeto più grande di Roma, nell'atrio un po' buio dell'hotel Plaza. E' una gran brutta sera perché questa volta tocca a Gianni. De Michelis, per l'anagrafe. «De Michello», all'uso italo-americano, come si potè ascoltare l'altr'anno a New York, in una festa in suo onore poco prima che il presidente Bush lo proclamasse «uomo di grande levatura politica». Ma anche storpiatura consapevole da parte dei libici che furono assai scortesi - «De Mekklis». Oppure - e qui siamo nell'antica satira del Male «De Maialis»: disegnato con naso porcino. Comunque lui, il personaggio più esagerato dell'era politica contemporanea. Ospite, anzi perpetuo residente nell'albergo più dannunziano della capitale. L'ex ministro più visibile, con quei chili - sopra i 120 che aumentavano di pari passo a una delle carriere più veloci. Il più soprannominato: «Il Doge», «Falstaff», «Big Gianni», «Ciccio Ballerino». Il più spiato, fin dal 1981. Le donne più belle, con Vanityfair che si faceva pubblicità: «Ha fatto una vacanza segreta su una famosa spiaggia sudamericana in compagnia dell'attrice più sexy del cinema italiano, Deborah Caprioglio»; e un altro che intervistava la medesima titolando: «Ho riempito di Paprika la cenetta del ministro». La corte più pittoresca e poliglotta. Gli incontri più fortuiti e compromettente: la stretta di mano a Scalzone latitante a Parigi: «E mica potevo dargli un pugno in testa!». Le frasi più risolute e tranciami, da mozzare il fiato: «Il mondo si divide in cretini e intelligenti. La differenza è che con questi ultimi si può sempre trattare»; «Io sono l'unico ministro in grado di misurarsi davvero con i problemi dell'economia». Io, io, io. «Io invidioso», «io dispersivo», «io timido», «io figlio dell'Ugi» e «del Giorno», «io veneziano», «io protestante», «io benestante a reddito zero», «io argonauta», «io planetario», «io single», «io vorace quando mangio e quando guido», «io, per i miei gusti, sono diventato fin troppo notabile» 1 ( 1987). Fino a uno strepitoso j e sincero «io mi sono molto simpatico». Opinione condivisa, per la verità, da un insospettabile numero di estimatori. Prontezza, curiosità, e anche coraggio. Comunque quintali di interviste su se stesso e su tutto il suo eccezionale, personalissimo armamentario. I capelli lunghi e le più di mille lettere di riprovazione che ha ricevuto: «Ma io giuro che non me li taglio», battuta ripresa in un film di Sordi. E la Ferrarelle che utilizzò addirittura il faccione del ministro con capelli più lisci (liscio, appunto), più ricci (gasato) e al naturale. Ricavato devoluto alla ricerca per il cancro. Le discoteche, poi. E anche qui non gli bastava averle scoperte in tarda età e frequentarle con una certa frenesia. No, nel 1988 l'allora vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri - e allora già si sprecavano le analogie con Galeazzo Ciano, essendo ancora «Bokassa» e ((Attila» (Expo di Venezia) di là da venire - ha raccomandato il ballo ai russi e ai giapponesi. Mentre per gli italiani ha compilato la guida ragionata «Dove andiamo a ballare questa sera?». Diceva: «Meglio che ti azzannino per i capelli, le donne o le discoteche, che per altre cose...». Chissà se si è pienamente reso conto, De Michelis, che con il tempo e l'esaltazione dei mass media più che un politico rischiava di essere quasi un genere di consumo subliminale. Col suo bel sosia a Biberon, che era stato arrestato per fatti suoi: e giù foto di Gianni sui giornali. E perfino quell'impiegato delle Poste di Perugia che per svaligiare l'ufficio a mano armata aveva indossato la maschera carnevalesca del ministro: «Fra le tante - ha spiegato - mi era parsa quella con l'espressione più umana». Troisième gauche e «Sinistra-centro», Lega Basket e Pink Floyd. Aspen Institute, Pio Manzù, Gary Hart, Parretti, Nakasone e Casadei. Nel luglio del 1990 l'anatema sull'immoralità amministrativa veneta di monsignor Centenaro, vicario episcopale di Mestre. «Se proprio la Chiesa deve lanciare accuse - aveva reagito De Michelis - che lo faccia con i nomi e non con messaggi oscuri e trasversali». Giusto due anni dopo l'inchiesta dei giudici Salvarani e Nordio Filippo Ceccarelli Bili

Luoghi citati: New York, Parigi, Perugia, Roma, Venezia