Mense, 1500 posti a rischio

Mense, 1500 posti a rischio Dal 5 ottobre, quando Fiat e Intersind cesseranno il servizio Mense, 1500 posti a rischio Iniziative politiche e sindacali per gli addetti Il decreto Amato: «Ipasti non sono retribuzione» Sulla vicenda «mense aziendali» si profila per il sindacato una nuova tempesta. In seguito alle cause intentate dagli operai metalmeccanici per dimostrare che la mensa è voce retributiva (alcuni pretori hanno accolto il ricorso, altri lo hanno respinto), il Gruppo Fiat e l'Intersind hanno deciso di sospendere il servizio a partire dal 5 ottobre. A fine giugno sono partite le lettere per disdire i contratti con le aziende che curano confezione e distribuzione dei pasti, queste ultime hanno avviato le procedure per il licenziamento dei propri dipendenti, 1500 persone in città e provincia. La paura di perdere il posto di lavoro in autunno ha creato non poche tensioni con il sindacato durante le assemblee dei giorni scorsi. «Negli accordi vi siete dimenticati di noi. Allora, chi tutela i nostri diritti?» è stata l'accusa più frequente, in particolare da parte dei 160 addetti in servizio alla Lancia di Chivasso. Un punto fermo sulla vicenda lo ha posto il decreto Amato pubblicato due giorni fa: la mensa, dice l'articolo 6, è un servizio. Nessuna dichiarazione ufficiale della Fiat, che tuttavia esprime «apprezzamento per l'iniziativa del governo che tende a risolvere un grave problema sollevato dalle parti sociali», riservandosi di intervenire l'I 1 settembre dopo la conversione del decreto in legge. Ieri, nella sede del pds, l'on. Rocco Larizza, della Commissione lavoro alla Camera, e il consigliere regionale Luciano Marengo hanno incontrato Cgil, Cisl e Uil del settore, per mettere a punto una strategia comune. Prima, nel corso di una breve conferenza stampa, hanno spiegato che il decreto è una garanzia per il futuro delle aziende, che dovrebbero perciò «ritirare la disdetta delle convenzioni», mentre non pregiudica l'eventuale diritto dei dipendenti ad adire alla magistratura. Diverso il problema dei lavoratori di Chivasso, ai quali è «giusto venga estesa la cassa integrazione in quanto la struttura riprenderà a produrre l'anno prossimo». Opposto il parere di rifondazione comunista che ritiene la mensa parte integrante della retribuzione. Paolo Ferrerò, della segreteria provinciale: «Considerarla un servizio sarebbe un peggioramento secco» e ha promosso un dibattito pubblico ieri alle 21 alla Cascina Marchesa in corso Vercelli. Infine Firn, Fiom, Uilm e Fisime hanno iniziato ieri una raccolta di firme per sollecitare le aziende a non chiudere le mense, decisione che tra l'altro «priverebbe i lavoratori di un diritto acquisito e bloccherebbe il piano già concordato di estensione della mensa fresca». Carlo Novara Luciano Marengo consigliere regionale pds: «Chiedo alle aziende di non sopprimere la mensa»

Persone citate: Carlo Novara, Luciano Marengo, Paolo Ferrerò, Rocco Larizza

Luoghi citati: Chivasso