«Una prova difficile, Wojtyla lo sa»

«Una prova difficile, Wojtyla lo sa» Parla l'anestesista che lo ha visitato, mentre la folla prega e spera di vederlo alla finestra «Una prova difficile, Wojtyla lo sa» La suite papale vietata anche ai cappellani del Gemelli Uomini armati mi tetti, le finestre sono state blindate ROMA. C'è una porta a vetri, al decimo piano del policlinico «Gemelli», che sabato è stata resa opaca. Dal Vaticano avevano avvertito la direzione del Policlinico: il Papa si sente male, si rende necessario un ricovero. E così la direzione dell'ospedale ha cominciato i preparativi. Sono state sgomberate molte stanze attorno alla suite. Poi, per nascondere ancor meglio alla vista il corridoio del Papa, una fila di piante sempreverdi è stata messa di mezzo al corridoio. Là dietro, da due giorni, riposa Giovanni Paolo II. Tutt'attorno, è stato steso un cordone di silenzio e di estremo rispetto. Anche il grosso della vigilanza è lontano. Vicino al Papa ci sono soltanto pochi agenti dell'ispettorato vaticano e i soliti intimi dell'entourage papale. «Il Papa è molto tranquillo e sereno - racconta il professor Riccardo Manni, primario anestesista che lo ha visitato in mattinata - e sa di dover eventualmente superare una difficile prova». E mentre il Papa è lì, al decimo piano, che si prepara alla «difficile prova», il Policlinico cattolico trattiene il respiro. La folla abbassa la voce, in onore del suo illustre ospite. I malati accettano qualche disagio in più, per lasciare liberi i laboratori di esame. I famigliari in visita ai congiunti ricoverati, poi, lanciano volentieri uno sguardo verso le finestre papali. Sotto il sole cocente di luglio, alle dodici, c'è persino una piccola folla che aspetta l'apparizione del Papa. «Non può essere un male grave», ripetono tutti. I fedeli pregano e sperano. Si informano. Chiedono lumi a chi pensano che sappia qualcosa. «E' vero. In ospedale non . si parla d'altro - racconta padre Bernardo, un frate francescano che assieme ad altri tre confratelli funge.da cappella-, no d'ospedale - e in corsia oggi in tantissimi mi hanno fermato per chiedere notizie. Ma io non so proprio che dire». Vige il silenzio assoluto, infatti, attorno al paziente Karol Wojtyla. Il Vaticano ha dato ordini severi, perché non sia sottolineata la sua presenza. E così il Papa stesso ha annunciato pubblicamente al mondo, l'altro giorno, il ricovero. Poi è andato in ospedale. Ma da quel momento, se non fosse per la suite superprotetta al decimo piano, nessuno si sarebbe accorto del nuovo ospite. Chi poi pensava di trovare un ospedale requisito per garantire la sicurezza al Papa, si sbagliava di grosso. No, il Policlinico conduce la sua vita di tutti i giorni. «La vita del "Gemelli" è proseguita come al solito - spiega il dottor Vito Pacelli, responsabile dei servizi generali senza ripercussioni. Il Papa si è inserito come un qualsiasi altro paziente che necessiti di una procedura clinica di ur- genza». Sono arrivati in massa i fotoreporter e i cameramen della televisione, invece. Però, la vigilanza è rimasta assai discreta: un cordone di carabinieri e di agenti in borghese lungo le scale che portano al piano dove il Papa è ricoverato; un altro cordone di poliziotti in divisa sugli ultimi gradini e lungo i corridoi del piano; poi gli uomini della vigilanza vaticana che bloccano inesorabilmente "chiuhòfde sia riuscito ad avvicinarsi così tanto alle sacre stanze. Uomini armati anche sul tetto. Ultima precauzione: finestre azzurrate (blindate) alle stanze della suite papale. Con il Papa, nelle due stanze con bagni, si sono intrattenuti in pochissimi: l'equipe medica, più gli intimi. Angelo Gugel, il cameriere personale di Giovanni Paolo; don Stanislao, il segretario particolare; suor Tobiana, una suora polacca che normalmente sovraintende agli appartamenti vaticani, gli alti prelati della Curia. Sono rimasti fuori dalla porta tutti gli altri. Anche i cappellani dell'ospedale che avevano chiesto di rendere omaggio al Pontefice. Ieri, per Paolo Giovanni II è stata la giornata degli accertamenti clinici. Sveglia al mattino presto. Alle sette, ancora a digiuno, il prelievo del sangue. Poi, esame delle urine. Quindi, una veloce colazione e un lungo riposo. Durante queste ore il Papa ha svolto anche parte del suo lavoro quotidiano. Al piano terra, intanto, monsignor Domenico De Luca, capo del protocollo, ha requisito un gabbiotto nell'androne, lo ha fatto abbellire con tende e piante d'interni, e lo ha adibito a salottino per gli incontri con i visitatori di alto rango. Sono arrivati gli ambasciatori polacco e argentino, ad esempio, che venivano a portare i loro auguri. Hanno trovato facce scure, preoccupate. Che sia una faccenda grave, questo ricovero del Papa, è testimoniato anche dal silenzio assoluto che circonda la degenza. La direzione sanitaria aveva promesso un primissimo bollettino medico per le dodici. Ma poi non se n'è fatto niente. Il portavoce papale, Navarro, ha addirittura fatto sapere che prima di mercoledì non ci saranno comunicazioni ufficiali. E' il trionfo, allora, delle indiscrezioni. Molti si improvvisano clinici al bar. Le voci corrono. «Ci si sta preparando a un intervento chirurgico», dicono medici e infermieri. Nel pomeriggio, altri esami: tac, ecografia, radiografie addominali, un clisma opaco. Sono in effetti i classici accertamenti che preludono a un intervento operatorio in presenza di occlusioni intestinali. E l'operazione sembra questione di ore. Forse già questa mattina i chirurghi potrebbero intervenire. Francesco Grignetti Anche una religiosa polacca ammessa nelle camere che ospitano il Pontefice Vietate tutte le visite Nel riserbo più assoluto trionfano le indiscrezioni Ma la gente ripete: «Non può essere un male grave» A fianco, i fedeli pregano per la pronta guarigione del Pontefice A sinistra, il lavoro dei reporter

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