A mezzogiorno il flauto è servito di Giorgio Pestelli

A mezzogiorno il flauto è servito A mezzogiorno il flauto è servito Concerti: i momenti più festosi, sempre esauriti SPOLETO. Vertumno, il dio che presiedeva ai cambiamenti di tempo e di stagione, continua a impazzare fra le verdi colline dell'Umbria; ma se mette giudizio almeno questo pomeriggio, il Festival dei Due Mondi avrà la sua tradizionale conclusione all'aperto nel concerto in piazza con «La Creazione» di Haydn diretta da Paolo Carignani, con Katia Ricciarelli, Yanni Yanissis, John Horton-Murray, Coro Westminster e Orchestra del Festival. I concerti, a tutte le ore e sparsi in varie sedi, sono stati fra le cose più appetite di questa 35a edizione del Festival. Ai «concerti di mezzogiorno» è già uno spettacolo a sé la contagiosa allegria della presentazione di Paula Robinson: tutto sembra nuovo e inventato sul momento, le orecchie si rizzano nell'attesa, la verve di Paula, il suo italiano scheggiato di accenti americani, tutto contribuisce ad avvicinare al pubblico i giovani esecutori in un primo piano famigliare. E un'aria di famiglia si respira davvero con due giovanissimi pianisti coreani, i fratelli Park; lui, diciassette anni, Jong-Hwa, suona con serissima grinta la Sonata di Bartók, lei, sedici anni, Jong-Giung, si mostra già padrona delle difficoltà tecniche e del senso espressivo di tre Studi di Chopin; e alla fine Paula invita i genitori ad affacciarsi dal loro palchetto per prendersi la loro parte di applausi. Poi il piccolo boccascena del Caio Melisso quasi s'oscura, tutto ingombrato dalla mole del basso Victor von Halem, il Sachs dei «Maestri cantori» che Argiris e Menotti dirigono al Teatro Nuovo; gli viene consegnato il Premio Pègaso, attri¬ buito ogni anno da una giuria al miglior interprete, scelta felice per un grande cantante in uno spettacolo degno della Spoleto dei tempi d'oro. Riprende la passerella di giovani artisti, fra cui spicca il violinista Cerovsek, in duo con il contrabbassista Falanga nel «Gran Duo Concertante» di Bottesini; la Robinson presenta se stessa quale flauto concertante nelle «Stagioni» di Vivaldi e il Quartetto Borromeo conferma la buona impressione lasciata nei castelli del Piemonte qualche settimana fa nel Quarto Itinerario per le Dimore Storiche. Duomo tirato a lustro e posti a sedere esauriti mezz'ora prima dell'inizio per l'annuale appuntamento con il Westminster Choir diretto da Joseph Flummerfelt: l'ingresso è libero, la gente più varia entra a curiosare, ascolta qualcosa, poi lascia il posto ad altri che danno il cambio in un vai e vieni come ai «Proms» londinesi; il coro, anche se poche ore dopo deve cantare nel «Duca d'Alba», non si risparmia e apre il programma con il mottetto «O sacrum convivium» di Messiaèn e con l'«Ave verum» di Mozart prima di affrontare il piatto forte della «Theresien-Messe» di Haydn: quella Messa che si distingue per la quasi citazione della Sinfonia di Mozart K 183 contenuta nell'Agnus Dei e per l'effetto tragico del «Et incarnatus est» a metà del Credo, ombra momentanea nel chiarore e nella grazia del cattolicesimo austriaco. Applausi festosi, bis con l'«Ave verum» di Mozart e poi lenta uscita verso la grande spianata della piazza scintillante di sole al tramonto. Giorgio Pestelli

Luoghi citati: Piemonte, Spoleto, Umbria