Fuga dall'incubo su un aereo per Parigi

Fuga dall'incubo su un aereo per Parigi Il piccolo in Francia dai nonni. Fateh Kassam: la morsa della stampa ci ha messi in difficoltà Fuga dall'incubo su un aereo per Parigi Il padre ai giornalisti: non comportatevi mai più così COSTA SMERALDA DAL NOSTRO INVIATO La capretta bianca e nera, Kroco, il molosso còrso, e poi Naour Marie, la sorellina, come sempre festante, appena un po' più alta. E la mamma, con le braccia spalancate e gli occhi lucidi, e Fateh, il babbo, che lo tiene stretto. Anche se sono quasi le 4 e il buio è fitto, Farouk vuol rivedere subito tutto, della sua casa. Quanto tempo è passato dalla sera in cui lo portarono via? Che importa, ormai? Aveva 7 anni e mezzo, ora ne ha 8 compiuti e lo sguardo sembra più intenso. Fateh Kassam, «il duro», ha ancora sul volto la barba del lutto. «Come sei buffo», gli dice Farouk accarezzandolo. E poi, ad un colpo, come se avesse vinto il pudore di una intempestiva richiesta di dono: «Mi regali una trappola per i topi?». Ce n'erano tanti, dove lo tenevano, e all'inizio gli avevano fatto così paura, racconta. E' un momento magico, breve e lunghissimo. La casa sulla collina è immersa nel silenzio. Passano le ore. Nel giardino appena rischiarato dalla luce incerta dell'alba Farouk esce a giocare con gli amichetti. Non è ancora ricominciato l'assedio dei fotografi, dei giornalisti, dei curiosi. Finalmente, gli amici ritrovati. Arriva anche Gian Mario Orecchioni, il compagno del cuore, quello che aveva scritto a scuola: «Perché proprio tu?». Farouk era tornato con il padre a notte fonda. Se l'erano passato di mano in mano come un pacco, i banditi. Ma che importa, dopo tutto quello che aveva dovuto subire? La lunga prigionia e l'orecchio sinistro sfregiato. Non si era voltato a guardare i rapitori, quand'era avvenuto il baratto vicino al torrente Cedrino, in mezzo a una gola stretta. Vestiva un maglioncino chiaro e un paio di pantaloni di velluto. I bei capelli neri tagliati quasi, a zero. Poi una doccia, gli abiti nuovi, un paio di jeans diventati un po' troppo corti e una camicetta rosa. Quando il sole era ormai alto Fateh gli ha detto che sarebbero partiti subito. «Un piccolo viaggio, te l'avevo promesso, ti divertirai. Lo sai che a scuola sei stato promosso?». Si era rasato, «Fateh il duro» e Farouk lo ha fissato a lungo, poi ha detto: «Ora sei più buffo di prima». E lo ha abbracciato. Era tutto deciso, l'aerotaxi attendeva sulla pista dell'aeroporto Costa Smeralda di Olbia. Marion Evelyne Bleriot ha preso i due figli e li ha caricati sull'auto di Alessandro Boeris, il responsabile della sorveglianza del Consorzio. Poi la Tempra bianca è partita di scatto. Farouk era rannicchiato sul sedile posteriore, coperto con un telo da spiaggia, in testa gli avevano calcato un cappello. Destinazione Parigi, dove abitano i genitori di Marion, i Bleriot, discendenti di quei temerari delle macchine volanti e costruttori di aeroplani. E mentre la giovane donna con i due piccoli correva verso l'aerostazione, Fateh Kassam è andato alla scuola di Abbiadori., L'agenda prevedeva l'incontro con la stampa, un dovere tanto sgradevole quanto inevitabile. Kassam sorride, il volto appare finalmente disteso. E' voluto venir qui «perché questa è la casa di Farouk». E' in forma, questo suo figliolo, annuncia con orgoglio. «Certo, è molto provato fisicamente, anche se tutto sommato sta bene: è un bambino forte e psicologicamente era preparato. Forse, per qualcun altro, sarebbe andata peggio». E aggiunge: «Ringrazio Dio per la felice conclusione di questa vicenda e in particolare il giudice Mauro Mura e le forze dell'ordine». Ma è un uomo di carattere, Fateh, uno che non dimentica certe cose, malintesi spiacevoli e ombre scure. Così, sbotta: «Ho risentito molto della rottura del silenzio stampa. Se non fosse accaduto, sicuramente Farouk sarebbe tornato prima a casa; e voi giornalisti avete una responsabilità importante. Vi chiedo di non rifare in futuro ciò che è stato fatto ora». E poi, qualche parola per gli amici che gli son stati vicini: «Nella prima pagina dei giornali vorrei che venisse pubblicata la fotografia di Farouk insieme con quella del giudice Mura, del vice-questore Antonello Pagliei e di Giuseppe Scano». Poi se ne va anche lui, all'aeroporto. Si incontra con i fotografi. Il tempo è suo, ora, e non vuol dividerlo con nessuno: «Andatevene via», grida. Finalmente, Farouk ha ritrovato le sue cose, i suoi amici, ma c'è il timore che il ricordo della prigionia si faccia sentire. E quando si viene a sapere che i suoi lo hanno già portato via da questa isola, Franco Melis, capo della procura distrettuale, osserva, come rivolgendosi direttamente al bimbo: «Con te è stato gettato un seme che, se ti dovessi allontanare, correrà il rischio di inaridirsi e perdersi per sempre. Se, invece, come spero ardentemente, resterai con noi esso germoglierà producendo fiori e frutti per tutti. Qui in Sardegna ogni paese che visiterai, sarà il tuo paese, la tua casa, tutte le porte saranno aperte, per te, così come i nostri cuori e le nostre anime». La voce del giudice si incrina quando aggiunge: «Sappiamo che hai sofferto moltissimo per il male che ti ha fatto un piccolo gruppo di uomini cattivi, chiamiamoli così. Ma ora vorrei che tu dicessi ai tuoi genitori che, nonostante tutto, vuoi restare qui, in quest'isola malata, tormentata ma che oggi è in festa per il tuo ritorno a casa. Figliolo, non abbandonarci». Hanno fatto festa, quasi tutta la notte, in Costa Smeralda, come per la vittoria dell'Italia Mundial, con clacson, bandiere e canti. E' festa nell'isola. Molti gli striscioni: «Ben tornato, Farouk». E' come se ci si fosse tolti un gran peso, e non soltanto in questo spicchio di costa superlussuosa. «La Sardegna tira un sospiro di sollievo. Con il piccolo Farouk è stata liberata tutta l'isola», assicura don Sebastiano Sanguinetti, parroco di Orgosolo. Uno con le idee chiare, che non si perde dietro a discorsi astratti. C'era la vita di un bimbo in ballo e questa era l'unica cosa da tener presente, dice, così anche l'eventuale intermediazione di Graziano Mesina non lo scandalizza: «Se c'è stata, non può che rimanere segreta. L'unica cosa che posso dire, e che si sente anche tra i concittadini di Graziano, è che se lo ha fatto, ha fatto bene». Un sospiro, certo, ed è un so¬ spiro enorme. Domenica Dettoli, la maestra della scuola elementare di Abbiadori, dice £ «Siamo felici, ma ancora non ci rendiamo conto che l'incubo è finito. Si farà festa, per il suo ritorno». I compagni di Farouk, 18 maschietti e 6 bimbe, ha detto la maestra, «erano molto preoccupati per il suo benessere fisico. Si chiedevano se avrebbe avuto paura del buio e non hanno mai dubitato che tornasse. Questa dolorosa esperienza li ha fatti maturare forse un po' di più ed hanno accettato tutti, dai più tranquilli ai più turbolenti, il fatto che quest'anno non si facessero gite né feste». Ma com'è 10 scolaro Farouk? «Tranquillo, riservato, non raccontava a scuola le cose di casa e viceversa non raccontava a casa della scuola. Tutto sommato un bambino ben inserito». C'è stata una gara collettiva a portare gli auguri ai Kassam, ma in molti il pudore ha prevalso. Verrà fatta una festa ad Arzachena, ha promesso il sindaco Francesco Roych, e oggi, sul Monte Ortobene, presso Nuoro, 11 vescovo Meloni celebrerà un rito di ringraziamento. Vincenzo Tessandori Alla mamma Farouk ha chiesto in regalo una trappola per topi «Se torno in quella prigione saprò come catturarli» Le spalle un po' curve, Farouk ritorna finalmente a casa, dopo il rilascio, venerdì notte. A destra, il padre Fateh Kassam, durante la conferenza stampa (foto apj Tra due ali di folla che applaude, la polizia fa strada all'Alfa 164 sulla quale viaggia il bambino [foto apj

Luoghi citati: Arzachena, Francia, Italia, Nuoro, Olbia, Orgosolo, Parigi, Sardegna