«Fuori ma dove?»

«Fuori, me dove?» Polemica sul decreto che «libera» i detenuti con l'Aids «Fuori, me dove?» Il direttore delle Vallette: la detenzione non è la cura migliore Maccari: un sieropositivo ricoverato costa 800 mila lire il giorno Che un malato di Aids o un sieropositivo, prossimo alla fase cruciale, stiano chiusi in una cella carceraria sembra un assurdo, un'inutile addizionale punitiva incompatibile con il buonsenso e le buone leggi. Da questa elementare riflessione il ministro di Grazia e Giustizia Martelli ha fatto approvare un decreto con il quale si stabilisce che i detenuti malati di Aids e sieropositivi debbono avere un trattamento più umano. Alla lettera le disposizioni emanate dal governo: «Non possono permanere in carcere i malati infetti da virus Hiv. Un successivo decreto interministeriale stabilirà i casi di incompatibilità fra malattia e detenzione. Il giudice potrà disporre il ricovero degli infetti in apposite strutture sanitarie sorvegliate». Tutto chiaro? Nemmeno per sogno, perché le disposizioni di Martelli rischiano di innescare una bomba polemica. Almeno a sentire i primi commenti raccolti a Torino dove alle Vallette già sovraffollate (1500 detenuti per poco più di 700 posti effettivi) i carcerati affetti da Aids conclamato sono una decina ed un centinaio i sieropositivi, le posizioni risultano le seguenti. Il direttore del carcere Vincenzo Castoria è convinto della bontà del decreto e della incompatibilità fra malattia e detenzione. Fa l'analisi della popolazione sofferente: «Al novanta per cento si tratta di drogati ma proprio da questo gruppo viene una sfida al male. Ho riscontrato in questi malati una gran voglia di vivere e di fare. Hanno per esempio costruito un giardino interno che da una settimana viene usato dai detenuti durante le visite dei famigliari. Adesso fanno la raccolta di lattine e di altri metalli da vendere per trarne un fondo da destinare a persone bisognose». Conclude: «La detenzione non è la cura migliore per questi giovani». Ricovero, ma dove? L'assessore regionale alla sanità Eugenio Maccari, sbotta: «Follia, pura follia. Dove li mettiamo? Non siamo attrezzati. Un malato sieropositivo, ricoverato, costa sulle 800 mila lire il giorno anche se non è sottoposto a cure particolari. Con i chiari di lima in vista e i tagli della spesa promessi non ci sono quattrini neppure per la normale gestione della sanità, figuriamoci per nuove strutture. Finiremo comunque per ghettizarli, questi malati: non ci sono neppure cortili dove farli passeggiare». Soluzioni? «Così, a caldo, penso alle comunità, agli arresti domiciliari. Eppoi chi li sorveglia?». Già, il decreto, di per sé condivibile, non mette in conto alcune realtà: le comunità sono poche e oberate di richieste; le risorse destinate all'assistenza sanitaria si assottigliano di giorno in giorno; la sorveglianza, fuori dal carcere, ai detenuti malati, impegnerebbe decine di agenti di polizia penitenziale e le iniziative per potenziarne i contingenti non sembrano sufficienti a risolvere il problema. Pier Paolo Benedetto L'assessore regionale alla Sanità Eugenio Maccari è contrarlo al decreto Martelli: «Follia, pura follia. Dove li mettiamo? Non siamo attrezzati» «Fuori, me dove?» Polemica sul decreto che «libera» i detenuti con l'Aids «Fuori, me dove?» Il direttore delle Vallette: la detenzione non è la cura migliore Maccari: un sieropositivo ricoverato costa 800 mila lire il giorno Che un malato di Aids o un sieropositivo, prossimo alla fase cruciale, stiano chiusi in una cella carceraria sembra un assurdo, un'inutile addizionale punitiva incompatibile con il buonsenso e le buone leggi. Da questa elementare riflessione il ministro di Grazia e Giustizia Martelli ha fatto approvare un decreto con il quale si stabilisce che i detenuti malati di Aids e sieropositivi debbono avere un trattamento più umano. Alla lettera le disposizioni emanate dal governo: «Non possono permanere in carcere i malati infetti da virus Hiv. Un successivo decreto interministeriale stabilirà i casi di incompatibilità fra malattia e detenzione. Il giudice potrà disporre il ricovero degli infetti in apposite strutture sanitarie sorvegliate». Tutto chiaro? Nemmeno per sogno, perché le disposizioni di Martelli rischiano di innescare una bomba polemica. Almeno a sentire i primi commenti raccolti a Torino dove alle Vallette già sovraffollate (1500 detenuti per poco più di 700 posti effettivi) i carcerati affetti da Aids conclamato sono una decina ed un centinaio i sieropositivi, le posizioni risultano le seguenti. Il direttore del carcere Vincenzo Castoria è convinto della bontà del decreto e della incompatibilità fra malattia e detenzione. Fa l'analisi della popolazione sofferente: «Al novanta per cento si tratta di drogati ma proprio da questo gruppo viene una sfida al male. Ho riscontrato in questi malati una gran voglia di vivere e di fare. Hanno per esempio costruito un giardino interno che da una settimana viene usato dai detenuti durante le visite dei famigliari. Adesso fanno la raccolta di lattine e di altri metalli da vendere per trarne un fondo da destinare a persone bisognose». Conclude: «La detenzione non è la cura migliore per questi giovani». Ricovero, ma dove? L'assessore regionale alla sanità Eugenio Maccari, sbotta: «Follia, pura follia. Dove li mettiamo? Non siamo attrezzati. Un malato sieropositivo, ricoverato, costa sulle 800 mila lire il giorno anche se non è sottoposto a cure particolari. Con i chiari di lima in vista e i tagli della spesa promessi non ci sono quattrini neppure per la normale gestione della sanità, figuriamoci per nuove strutture. Finiremo comunque per ghettizarli, questi malati: non ci sono neppure cortili dove farli passeggiare». Soluzioni? «Così, a caldo, penso alle comunità, agli arresti domiciliari. Eppoi chi li sorveglia?». Già, il decreto, di per sé condivibile, non mette in conto alcune realtà: le comunità sono poche e oberate di richieste; le risorse destinate all'assistenza sanitaria si assottigliano di giorno in giorno; la sorveglianza, fuori dal carcere, ai detenuti malati, impegnerebbe decine di agenti di polizia penitenziale e le iniziative per potenziarne i contingenti non sembrano sufficienti a risolvere il problema. Pier Paolo Benedetto L'assessore regionale alla Sanità Eugenio Maccari è contrarlo al decreto Martelli: «Follia, pura follia. Dove li mettiamo? Non siamo attrezzati»

Persone citate: Eugenio Maccari, Maccari, Pier Paolo Benedetto, Vincenzo Castoria

Luoghi citati: Torino