Farouk nella notte riabbraccia i genitori di Vincenzo Tessandori

Farouk nella notte riabbraccia i genitori Liberato nelle campagne di Orgosolo, caos di smentite e conferme poi esplode la festa Farouk nella notte riabbraccia i genitori 1 rapitori l'hanno consegnato a Graziano Mesina COSTA SMERALDA DAL NOSTRO INVIATO Libero. Dopo 177 giorni di paura, di ferocia, di rabbia, di speranze Farouk Kassam, anni otto, è tornato libero. Ma la notizia, diffusa da tv e radio, è stata più volte smentita nella notte dalla polizia, prima della conferma di Vincenzo Parisi. Un'altalena di smentite e conferme, poi l'indiscrezione che è parsa decisiva: il bimbo è stato affidato a un mediatore, la cautela sarebbe stata imposta dal timore che l'operazione sfumasse in extremis. E per la liberazione è stato determinante l'intervento di Graziano Mesina, l'ex-bandito che un tempo chiamavano re del Supramonte. Il bimbo è stato consegnato nelle mani di Mesina, intorno alle 22, nella campagna di Orgosolo, a Sud, verso Arzana. I banditi hanno ricevuto il riscatto, pare tre miliardi, molto meno dei sette cocciutamente pretesi e per ottenere i quali non avevano esitato a tagliare al bambino la cartilagine dell'orecchio sinistro. E questo significa che il vecchio capobanda ha ancora grande ascendente sulla gente della Barbagia. La liberazione, dopo un giorno di trattative, speranze e delusioni. Mesina aveva accettato l'incarico, sensibile più ai sentimenti che ai possibili futuri vantaggi che un'azione del genere potrà procurargli. Del resto, si racconta ancora che un giorno aveva catturato padre e figlio. Ma il bambino lo aveva rimandato a casa dopo avergli regalato delle caramelle. Rispettava ancora l'antico codice d'onore barbaricino, che imponeva di non prendere né ragazzi né donne. Un codice caduto in disuso, cancellato dalla barbarie. Si era incontrato con Marion Evelyne Bleriot il giorno di Pasqua, quando la donna era corsa a Orgosolo e aveva chiesto aiuto alle donne di Barbagia. Ma all'inizio aveva trovato grosse difficoltà, talmente grandi da costringerlo a rimandare. Ed era tornato in Piemonte, vicino ad Asti. Una pausa, non una resa, e nella tranquillità della sua casa in Piemonte, il vecchio capobanda aveva, tracciato un nuovo piano. Non era cosa semplice: occorreva agganciare questi sequestratori assatanati, trattare sul prezzo, dare garanzie e gettare nella questione tutto il prestigio personale. Perché di lui, a Orgosolo, parlano ancora con ammirazione: «Non è uno che si sia venduto», ripetono. E «Grazianeddu» aveva chiesto un permesso per tornarsene in Sardegna, «per le vacanze», dal 2 al 12 luglio. Appena tornato si era messo al lavoro. E sembra che tre giorni fa fosse sul punto di concludere. Ma c'era una pattuglia nei pressi e i criminali hanno avuto paura, un'occhiata da lontano a Grazia¬ neddu, un cenno come per dire: «Alla prossima». E sono scomparsi fra le gole strette che portano verso l'Ogliastra. Bisognava ricominciare e bisognava ricominciare subito perché c'era il rischio che la banda si spaccasse, che qualcuno, più ostinato, più feroce, tornasse a pretendere dieci miliardi, Com'era accaduto poche settimane dopo il rapimento. La polizia e i carabinieri continuavano le loro ricerche, la sera dell'appuntamento i banditi non li avevano visti, ma ne avevano avvertito la presenza. Con un pizzico di fortuna avrebbero potuto metter loro le mani addosso. E i rapitori questo lo avevano capito. Così, per ventiquattr'ore, il gruppo si era richiuso in se stesso. Un gruppo formato da gente feroce ma anche molto prudente, gente che conosce bene l'arte di sfuggire alla cattura. Avevano rifiutato un nuovo immediato contatto, ma «Grazianeddu» era stato abile, ed era riuscito a riannodare il fragilmssimo filo appena strappato. Ed era ripresa la trattativa segreta. Marion Evelyne Bleriot, la madre, e Fateh Kassam, «Fateh il d'j-o», il padre avevano avuto subito fiducia in quell'uomo dal passato di brigante. Col passare dei giorni, dei mesi, Kassam aveva perso fiducia nelle forze dell'ordine e un giorno aveva detto: «Se ci fossero davvero risultati nelle indagini, Farouk sarebbe già qui». E quando Mesina è tornato a Orgosolo, si sono precipitati per vederlo di nuovo. Poche parole: «Riportaci nostro figlio». «Quello che posso, lo farò» aveva promesso l'ex-bandito che aveva fatto delirare anche Giangiacomo Feltrinelli, l'editore rivoluzionario che sperava di trasformarlo in un Che Guevara del Supramonte. Anche ieri Mesina aveva battuto la campagna della Barbagia, bussato alle porte giuste, parlato con chi conta. Ed era stato ascoltato. A notte il contatto decisivo. Farouk era finalmente libero. Mesina lo avrebbe ricevuto dalle mani di un uomo incappucciato. Farouk non si sarebbe neppure voltato a guardare il suo carceriere, sarebbe corso nelle braccia di «Grazianeddu». Le condizioni del piccolo parrebbero buone, i banditi gli hanno tagliato i capelli cortissimi, sull'orecchio è visibile la cicatrice. Poi il bimbo sarebbe statò consegnato a Giuseppe Orecchioni, un amico della famiglia, che aveva già avuto parte importante nel sequestro di De Angelis. E tutta la Costa Smeralda fa festa. Ma nella notte la certezza della liberazione non arriva, anzi, arrivano soltanto smentite, da Emilio Pari, questore di Cagliari, da Giacomo Mameli dei carabinieri di Nuoro, Salvatore Mulas. Vincenzo Tessandori 1 Farouk nella notte riabbraccia i genitori Liberato nelle campagne di Orgosolo, caos di smentite e conferme poi esplode la festa Farouk nella notte riabbraccia i genitori 1 rapitori l'hanno consegnato a Graziano Mesina COSTA SMERALDA DAL NOSTRO INVIATO Libero. Dopo 177 giorni di paura, di ferocia, di rabbia, di speranze Farouk Kassam, anni otto, è tornato libero. Ma la notizia, diffusa da tv e radio, è stata più volte smentita nella notte dalla polizia, prima della conferma di Vincenzo Parisi. Un'altalena di smentite e conferme, poi l'indiscrezione che è parsa decisiva: il bimbo è stato affidato a un mediatore, la cautela sarebbe stata imposta dal timore che l'operazione sfumasse in extremis. E per la liberazione è stato determinante l'intervento di Graziano Mesina, l'ex-bandito che un tempo chiamavano re del Supramonte. Il bimbo è stato consegnato nelle mani di Mesina, intorno alle 22, nella campagna di Orgosolo, a Sud, verso Arzana. I banditi hanno ricevuto il riscatto, pare tre miliardi, molto meno dei sette cocciutamente pretesi e per ottenere i quali non avevano esitato a tagliare al bambino la cartilagine dell'orecchio sinistro. E questo significa che il vecchio capobanda ha ancora grande ascendente sulla gente della Barbagia. La liberazione, dopo un giorno di trattative, speranze e delusioni. Mesina aveva accettato l'incarico, sensibile più ai sentimenti che ai possibili futuri vantaggi che un'azione del genere potrà procurargli. Del resto, si racconta ancora che un giorno aveva catturato padre e figlio. Ma il bambino lo aveva rimandato a casa dopo avergli regalato delle caramelle. Rispettava ancora l'antico codice d'onore barbaricino, che imponeva di non prendere né ragazzi né donne. Un codice caduto in disuso, cancellato dalla barbarie. Si era incontrato con Marion Evelyne Bleriot il giorno di Pasqua, quando la donna era corsa a Orgosolo e aveva chiesto aiuto alle donne di Barbagia. Ma all'inizio aveva trovato grosse difficoltà, talmente grandi da costringerlo a rimandare. Ed era tornato in Piemonte, vicino ad Asti. Una pausa, non una resa, e nella tranquillità della sua casa in Piemonte, il vecchio capobanda aveva, tracciato un nuovo piano. Non era cosa semplice: occorreva agganciare questi sequestratori assatanati, trattare sul prezzo, dare garanzie e gettare nella questione tutto il prestigio personale. Perché di lui, a Orgosolo, parlano ancora con ammirazione: «Non è uno che si sia venduto», ripetono. E «Grazianeddu» aveva chiesto un permesso per tornarsene in Sardegna, «per le vacanze», dal 2 al 12 luglio. Appena tornato si era messo al lavoro. E sembra che tre giorni fa fosse sul punto di concludere. Ma c'era una pattuglia nei pressi e i criminali hanno avuto paura, un'occhiata da lontano a Grazia¬ neddu, un cenno come per dire: «Alla prossima». E sono scomparsi fra le gole strette che portano verso l'Ogliastra. Bisognava ricominciare e bisognava ricominciare subito perché c'era il rischio che la banda si spaccasse, che qualcuno, più ostinato, più feroce, tornasse a pretendere dieci miliardi, Com'era accaduto poche settimane dopo il rapimento. La polizia e i carabinieri continuavano le loro ricerche, la sera dell'appuntamento i banditi non li avevano visti, ma ne avevano avvertito la presenza. Con un pizzico di fortuna avrebbero potuto metter loro le mani addosso. E i rapitori questo lo avevano capito. Così, per ventiquattr'ore, il gruppo si era richiuso in se stesso. Un gruppo formato da gente feroce ma anche molto prudente, gente che conosce bene l'arte di sfuggire alla cattura. Avevano rifiutato un nuovo immediato contatto, ma «Grazianeddu» era stato abile, ed era riuscito a riannodare il fragilmssimo filo appena strappato. Ed era ripresa la trattativa segreta. Marion Evelyne Bleriot, la madre, e Fateh Kassam, «Fateh il d'j-o», il padre avevano avuto subito fiducia in quell'uomo dal passato di brigante. Col passare dei giorni, dei mesi, Kassam aveva perso fiducia nelle forze dell'ordine e un giorno aveva detto: «Se ci fossero davvero risultati nelle indagini, Farouk sarebbe già qui». E quando Mesina è tornato a Orgosolo, si sono precipitati per vederlo di nuovo. Poche parole: «Riportaci nostro figlio». «Quello che posso, lo farò» aveva promesso l'ex-bandito che aveva fatto delirare anche Giangiacomo Feltrinelli, l'editore rivoluzionario che sperava di trasformarlo in un Che Guevara del Supramonte. Anche ieri Mesina aveva battuto la campagna della Barbagia, bussato alle porte giuste, parlato con chi conta. Ed era stato ascoltato. A notte il contatto decisivo. Farouk era finalmente libero. Mesina lo avrebbe ricevuto dalle mani di un uomo incappucciato. Farouk non si sarebbe neppure voltato a guardare il suo carceriere, sarebbe corso nelle braccia di «Grazianeddu». Le condizioni del piccolo parrebbero buone, i banditi gli hanno tagliato i capelli cortissimi, sull'orecchio è visibile la cicatrice. Poi il bimbo sarebbe statò consegnato a Giuseppe Orecchioni, un amico della famiglia, che aveva già avuto parte importante nel sequestro di De Angelis. E tutta la Costa Smeralda fa festa. Ma nella notte la certezza della liberazione non arriva, anzi, arrivano soltanto smentite, da Emilio Pari, questore di Cagliari, da Giacomo Mameli dei carabinieri di Nuoro, Salvatore Mulas. Vincenzo Tessandori 1