Il mistero della grande tuffatrice

Il mistero della grande tuffatrice LA TARTARUGA MARINA GIGANTE Il mistero della grande tuffatrice Pesa una tonnellata, scende fino a 1200 metri GLI scienziati stanno cercando di diradare il mistero che circonda la più antica delle tartarughe marine viventi, la Dermochelys coriacea, giunta fino a noi dall'epoca dei dinosauri. Oltre ad essere la più antica, è anche la più grande. Il maggior esemplare conosciuto è un maschio rimasto impigliato nelle reti dei pescatori che pesava una tonnellata. La femmina, più piccola, pesa comunque almeno tre quintali. La Dermochelys coriacea è l'unica superstite di una famiglia estinta, quella dei Dermochelidi, mentre le altre tartarughe marine appartengono,alla famiglia dei Chelonidi. Tuttavia, come tutte le sue simili, anche lei va a deporre le uova in terraferma. E' questa l'unica occasione in cui l'uomo ha la possibilità di vederla da vicino. E può assistere allo spettacolo sempre straordinario dell'ovodeposizione. La femmina gravida giunge su una spiaggia tropicale in una notte buia. Sembra un mostro antidiluviano che si trascini a fatica sulla sabbia. Poi si ferma e incomincia a scavare con le grandi pinne posteriori una bu¬ ca di un'ottantina di centimetri e vi fa scivolare dentro da 70 a 90 uova. Sono grandi come palle da biliardo, morbide, umide, dal guscio pergamenaceo. A quella colata di uova regolarmente fecondate (come e dovè sia avvenuta la fecondazione ancora non si sa) ne fa seguito un'altra di piccoli ovetti sterili, privi di tuorlo, dalla funzione ancora oscura. Poi la madre riempie la buca di sabbia e ne livella la superficie, per nascondere l'ubicazione del nido. Ciò fatto, se ne ritorna in mare. Ma dieci giorni dopo, ritorna, come hanno scoperto il biologo Scott A. Eckert e sua moglie Karen applicando piccoli registratori elettronici a dieci fenunine che avevano appena deposto le uova sulla spiaggia di una delle Isole Vergini, nel Mare delle Antille. Ritorna e depone un'altra covata, operazione che può ripetere fino a 11 volte durante la stagione riproduttiva, lunga 4 mesi. E' un totale di uova considerevole, come se !a madre prevedesse che solo pochissime riusciranno a sopravvivere per continuare la specie. Le tartarughine che schiudo¬ no dalle uova sono essermi lunghi meno di 10 centimetri (l'adulto è lungo due metri) che corrono il più velocemente possibile verso il mare, dove una folla di predatori le attende. Qui si perdono le tracce delle misteriose dermochelidi. Le si rivedrà a terra soltanto dopo tre o quattro anni. Legittima quindi la curiosità degli studiosi di sapere qualcosa di più su questi giganti del mare. E' vero che per deporre le uova le dermochelidi scelgono le spiagge tropicali ma questo non significa affatto che vivano soltanto nei mari caldi. Le si trova anche alle latitudini temperate o in quelle fredde, come il Mare di Barents o la costa meridionale del Cile. Debbono compiere perciò lunghissimi viaggi migratori per raggiungere le località di deposizione. Nel 1970 una dermochelide femmina fu etichettata mentre deponeva le uova nel Surinam. Meno di un anno dopo fu catturata al largo della costa del Ghana, in Africa. Aveva percorso all'incirca cinquemilacinquecento chilometri. Con il sistema del monitoraggio, i coniugi Eckert, coadiuvati da alcuni ricercatori dello Scripps Institution of Oceanography, riescono a scoprire che le femmine, una volta ritornate in mare, si danno a continue immersioni in profondità. Ogni immersione dura una decina di minuti e le tartarughe ne compiono cinque all'ora, giorno e notte, senza interruzione. Fino a che profondità possono immergersi? Con grande stupore degli studiosi, mia femmina si immerge fino a oltre 900 metri. Purtroppo lo strumento è inadeguato a registrare l'inatteso comportamento. Ma gli studiosi ritengono che la tartaruga abbia raggiunto una profondità di oltre 1200 metri, battendo mammiferi campioni di immersione, come le foche di Weddel, che raggiungono i 600 metri o gli elefanti di mare che s'immergono fino a 1200. Qual è il motivo che spinge queste gigantesche tartarughe a fare una continua altalena tra le acque di superficie e quelle di profondità? Gli Eckert non hanno dubbi. Per loro il fatto dipende dalla loro dieta specializzata. Le dermochelidi si nutrono soprattutto di meduse. E quando diciamo meduse intendiamo non soltanto quelle più appariscenti che colpiscono la nostra attenzione, ma le miriadi di meduse piccolissime che fanno parte dello zooplancton, e appunto per la loro quantità formano una biomassa considerevole. Nelle acque tropicali le meduse sono più frequenti, nelle ore diurne, alle grandi profondità, in uno strato orizzontale di zooplancton che si trova sotto i 500 metri e migra in superficie durante la notte, per nutrirsi a spese del fitoplancton. Le dermochelidi seguono i movimenti migratori delle prede. Anche loro si immergono in profondità durante il giorno e si trattengono in superficie durante la notte per poter fare ricchi pasti a base di meduse. La pressione elevata delle acque profonde dovrebbe schiac¬ ciare le dermochelidi. Ma la loro corazza è totalmente diversa da quella delle altre tartarughe. E' estremamente flessibile. E' come se si fosse spezzettata in tante placchette ossee impiantate su uno spesso tessuto cartilagineo, il tutto ricoperto da una pelle robusta come cuoio. La parte ventrale non ha ossa, ma soltanto un anello di cartilagine flessibile. Un'altra particolarità di questa straordinaria tartaruga è la sua capacità di resistere alle basse temperature. La si vede nuotare perfino intorno agli iceberg. La sua temperatura corporea si mantiene sui diciotto gradi, anche quando la temperatura dell'acqua è di cinque o sei gradi, come hanno dimostrato gli zoologi. Ciò avviene perché questa tartaruga possiede una riserva di grasso bruno, capace di generare calore metabolica¬ mente. Inoltre ha nelle grandi pinne anteriori un dispositivo vascolare simile a quello che posseggono alcuni mammiferi marini, che determina, uno scambio di calore controcorrente. In altre parole, ciascuna arteria viaggia in stretto contatto con una vena, in modo che il sangue proveniente dalle estremità si riscalda, mentre si raffredda quello diretto in senso opposto. Queste tartarughe marine giganti, che si possono considerare, per i loro peculiari caratteri, le nonne dei mammiferi attuali, sono in grave pericolo. Il loro numero va progressivamente diminuendo, non solo perché molte popolazioni indigene si nutrono della loro carne, ma anche perché nel mare inquinato trovano una quantità di buste di plastica; le scambiano per meduse, le ingoiano e muoiono soffocate. Sta di fatto che solo sulle spiagge di Terengganu, nella Malaysia occidentale, i nidi di Dermochelys coriacea che erano undicimila nel 1956 si sono ridotti a 280 nel 1990. Isabella Lattea Coifmann mente. pinne avascolarposseggmarini, scambiote In al Dermochelys coriacea, una tartaruga poco conosciuta, che ora è stata studiata dal biologo Scott Eckert

Persone citate: Coifmann, Eckert, Scott A. Eckert, Scott Eckert, Weddel

Luoghi citati: Africa, Antille, Cile, Ghana, Isole Vergini