SAPORE D'INCESTO

SAPORE D'INCESTO SAPORE D'INCESTO «Confessione africana», una scabrosa verità di Martin du Il ritorno di uno scrittore amato da Gide, premio Nobel nel Gard % tfSÀ HISSA' quanti lettori, e BB, w non solo dei più giovaSfitt 1 ni, si domanderanno 1 chi mai sia quel Roger Martin du Gard che, per il breve, impeccabiI le racconto Confessione \~ I africana, la Piccola Bivi J blioteca Adelphi acco^L»/ glie adesso nella sua selezionatissima schiera. Per molti le succinte informazioni del risvolto di copertina basteranno a colmare e anche a spiegare la lacuna: Martin du Gara, vissuto tra il 1881 e il 1958, appartiene a quella generazione di romanzieri francesi che è stata messa in ombra dalla fortuna postuma di Proust; l'opera della sua vita, il ciclo romanzesco dei Tìiibault, è caduta nello stesso oblio totale che è toccato a tutte le consimili imprese che fecero furore tra le due guerre, il Jean-Christophe di Romain Rollanti, la Chronique des Pasquier di Georges Duhamel o Les hommes de bonne volante di Jules Romains. E, più che una attestazione di valore assoluto, il Premio Nobel che ha avuto nel '37, dieci anni prima di Gide e quindici prima di Mauriac, potrà sembrare una riprova della scarsa lungimiranza dell'Accademia svedese. Chi, per saperne di più, si affiderà a enciclopedie e manuali di storia letteraria, ricaverà l'immagine di uno scrittore modesto e probo, che aveva cercato di dare al romanzo francese la chia¬ rezza espositiva, il rigore compositivo e la precisione documentaria che aveva imparato ad apprezzare studiando storia e paleografia all'Ecole des Chartes e di un intellettuale sensibile e appartato che per un certo tempo aveva potuto coltivare il sogno di diventare il Tolstoi di un'epoca ormai irrimediabilmente conquistata da tutt'altri modelli. Gli uni e gli altri avranno qualche difficoltà a spiegarsi come mai un personaggio così grigio sia stato accolto con tutti gli onori - e proprio in quel 1913 in cui Gide e compagni rispedirono al mittente il manoscritto di Du coté de chez Swann - nel gruppo della «Nouvelìe Revue Francaise», come mai sia stato coinvolto da Jacques Copeau, e non soltanto come autore àipièces, nell'impresa del Vieux Colombier, come mai sia stato scelto da alcuni tra i più raffinati campioni dell'intelligenza francese, primo fra tutti ancora Gide che gli ha dedicato I falsari, quale interlocutore e corrispondente privilegiato. Certo, vista dalla distanza abissale che pochi decenni sono bastati a scavare, la sua vicenda di scrittore sembra esaurirsi nel velleitario sperimentalismo di Jean Barois, dove ha tentato per il romanzo la sterile via di un'ibridazione col teatro, e nel meticoloso e piatto realismo del ciclo dei Thibault, dove, per manife- sta diffidenza negli inganni della scrittura, si è affidato totalmente alla scupolosa redazione delle schede preparatorie e alla sapiente costruzione del piano. Difficile riservare al primo un posto di riguardo nella tormentata vicenda del romanzo dell'inizio del secolo, più difficile ancora riscattare il secondo dalle frecciate ironiche di Albert Thibaudet sui «romanzieri ciclisti» e dall'accusa di neo-naturalismo formulata da Claude-Edmonde Magny (e accolta dal romanziere ormai vecchio e malato come «un bell'elogio funebre pronunciato dopo un'esecuzione capitale»). Ma Martin du Gard è più complesso e insinuante di quello passato troppo frettolosamente m giudicato e anche di quello che - per insicurezza, per modestia, per pudore - egli stesso aveva voluto apparire. Lo ha rivelato la pubblicazione postuma del dia- rio, della corrispondenza e del dossier di progetti e stesure del roraanzo incentrato attorno al personaggio del tenente colonnello Maumort a cui dedicò senza frutto l'intera vecchiaia. Ma lo aveva già lasciato intuire questa Confessione africana scritta nel '30, in uno dei tanti momenti di crisi nella composizione dei Thibault, e pubblicata l'anno successivo sulla «N.R.F.». In essa infatti il tema dell'incesto, che non è nuovo nell'opera del romanziere ma che, isolato da tutti gli altri, enfatizzato dalla pacata sobrietà di una confessione e scandalosamente liberato da ogni censura morale o sociale, pone l'aspetto della sessualità - quella abbondantemente esplicitata nei Thibault, e quella rimossa dal mori- i i qS[erato chartiste - in una uce nuova e certamente privilegiata. In essa lo schema narrativo - una scabrosa confessione notturna riferita senza orpelli e sotto forma di lettera da chi ne è stato il destinatario - riecheggia, forse inconsapevolmente, quella deU'Immoraftsto gidiano. In essa soprattutto il racconto aspira a una sorta di esemplarità: per la prima e unica volta Martin du Gard trasforma in pretesto narrativo il problema, per lui assillante, del rapporto tra la verità del documento e la menzogna dell'arte, fornendo tuttavia un esempio in cui il dato «reale» - ìa confidenza del fratello incestuóso - è frutto d'invenzione e acquista realtà solo in virtù di quel trattamento letterario che il confidente-narratore si rifiuta di dargli. Nella, sua brevità, Confessione africana non soltanto mette a nudo il fondo di feconda ambiguità che anima l'opera di questo dimenticato protagonista della letteratura francese tra le due guerre, ma rivela il solerte lavoro di autocensura che ad essa ha dato La sua caratteristica (e ingannevole) semplicità. E' forse la sola, preziosa vacanza di un campione della probità, che, incapace di diventare se stesso come l'ammiratìssimo Gide, si tormentava con le sue carte segrete e solo con qualche amico fidato si lasciava andare a fantasticare su «come sarebbe più semplice vivere senza sottomettersi a quel segreto imperativo che ci costringe ad essere fedeli a noi stessi, o ad averne l'aria». Giovanni Bogiioio Roger Martin du Gard Confessione africana (traci. Ena Marchi) Adelphi, pp. 62, L 8000 Ha legato Usuo nome al deb dei «Thibault» gato nome deb ibault» gli inganni della idato totalmen redazione delle orie e alla saone del piano. re al primo un o nella tormenromanzo dell'ipiù difficile anl secondo dalle e di Albert Thinzieri ciclisti» e eo-naturalismo laude-Edmonde dal romanziere e malato come unebre pronunecuzione capitaGard è più comante di quello frettolosamente anche di r insicustia, per so aveva Lo ha ri■%privilenarratsione pelli echi necheggte, qudianoconto plarità