Il «Vecio» e i suoi ragazzi dell'82

Il «Vecio» e i suoi ragazzi dell'82 GLI AZZURRI E BEARZOT RACCONTANO Riuniti davanti alla tv, per rivivere le ansie di Vigo e il trionfo dell'11 luglio a Madrid Il «Vecio» e i suoi ragazzi dell'82 Dossena: il nostro vero segreto si chiamava Scirea ROMA DAL NOSTRO INVIATO «Vecio, è vero che pensa di lasciare se vincerà?». E Bearzot, sconcertato: «Prima di prendere una decisione del genere dovrei parlarne con i miei datori di lavoro». Il calcio era acido già dieci anni or sono: questi erano infatti i discorsi nel ritiro azzurro di Madrid il 9 luglio '82 (usciti sul giornale del 10), due giorni prima della finale con la Germania, della conquista del terzo mondiale. La Nazionale aveva appena fatto fuori Argentina, Brasile e Polonia, ed eravamo lì a parlare col et della sua fine sportiva. Non c'era pietà. Mentre Simonetta telefonava a Pablito «Sono fiera di te», i gi >malisti con un minimo di cuore erano ancora traumatizzati dal passaggio dalle critiche di Vigo agli osanna di Barcellona. Enzo Bearzot, un vero signore, dieci anni dopo ci assolve: «Avevate ragione, quel girone eliminatorio era stato deprimente. Ed anch'io sentivo spifferi contrari. Bisogna sempre essere pronti ad un incidente di percorso». In pace con la coscienza, adesso, felici di rivedere i compagni di viaggio di dieci anni or sono, eccoci coinvolti in un revival nel profondo della campagna romana, fra colline di tufo e pecore al pascolo. In un centro di produzione tuffato nel verde, Telemontecarlo ha riunito i protagonisti di allora attorno agli splendidi sorrisi ed alle innocenti paperine di Marina Sbardella. La prima impressione: i ragazzi dell'82 - da Causio a Graziani, da Orlali a Gentile, ai rincalzi di lusso Bordon e Dossena - sembrano pronti a tornare in campo. Il fisico è quello di allora, gli sguardi vivi. Migliorata anche la parola ma questo è facile: dieci anni fa c'era il silenzio stampa... Si rivive una vittoria storica. Enzo Bearzot si commuove quando sullo schermo si rivede in trionfo mentre Pertini applaude fra i reali di Spagna e Gianni Agnelli esulta a braccia alzate. Sono belle le celebrazioni rivisitate all'interno del gruppo. A dieci anni di distanza escono riflessioni dissacranti. Cesare Maldini, allora incaricato da Bearzot di guidare la preparazione, ricorda che dovette redarguire Graziani perché voleva dirigere un allenamento. E Ciccio: «Mister, adesso l'avrà capito. Quella di tecnico è una mia antica vocazione». L'analisi di Boniek, che vide dalla tribuna il 2-0 (uno-due di Paolo Rossi hombre del partido) sulla Polonia nel penultimo match della cavalcata azzurra, è secca: «Macché silenzio stampa, è una favola questa chiave del pur meritato successo. Consentitemi di parlare da conoscitore del vostro football. Il calciatore italiano fa spettacolo e vince quando non ha nulla da perdere. Lo schifo del girone è spiegato dal fatto che in Galizia eravate favoriti, le vittorie su Argentina e Brasile dai pronostici a favore dei sudamericani. Siete stati bravissimi solo in finale. Dove i favoriti eravate voi, e avete persino superato l'handicap psicologico del rigore sprecato da Ca- brini». Applausi moderati, comunque la versione è accettata. Si torna fra le pieghe del girone di qualificazione. Seconda partita, l'I a 1 col Perù. Una pena. Paolo Rossi ora ci ride sopra. «Mentre rientro negli spogliatoi per l'intervallo, Bearzot mi dice "Va bene così". Allora mi tranquillizzo, cambio la maglia, mi preparo al secondo tempo. Ma vedo che il mister catechizza Causio. Non avevo capito nulla, il "Va bene così" di Bearzot era in realtà un "Basta così"». Si elogia Conti per la bomba-gol contro i peruviani. Bruno è dissacrante: «Per favore, ho segnato col destro, il piede che mi serve solo per camminare». Il Perù pareggiò nel finale. Oliali, sempre serio, commenta: «In quel secondo tempo abbiamo fatto il contrario di quello che voleva il tecnico». Lele cominciò il Mundial '82 dalla terza partita contro il Camerun, prima toccò a Marini. E ricorda: «Eppure io e Ciccio facevamo i supplementari dopo gli allenamenti, ero in forma». Graziani a Bearzot: «Era lei che non vedeva Oliali, che lo lasciava fuori. Visto? Correva più di tutti». Il commissario mondiale sorride. Anche quando Marina Sbardella legge un titolo d'epoca che recita «Elogi di Sordillo». Il vecio sogghigna. Voce dal folto: «Ma come, prima voleva prenderci tutti a calci in culo». Si arriva alle fasi chiave. Alla marcatura di Gentile su Maradona che decise il match con l'Argentina. Gento ripassando quella lezione (fu una piovra su Dieguito, con la benedizione dell'arbitro romeno Rainea) sembra aver perso la memoria: «Pareva che Maradona dovesse seguirlo Tardelli, pochi minuti prima dell'inizio Bearzot disse che toccava a me. In campo non ho fatto nulla di eccezionale, mi sono comportato come tutti i difensori. Lo stesso Maradona a fine gara disse che ero stato fra gli avversari più corretti». Per forza, meglio gli abbracci delle botte sugli stinchi che ormai riceveva dovunque. Meglio un placcaggio da rugby, insomma. E Gentile si meritò la promozione. Ricorda: «Contro il Brasile pensavo di riposarmi marcando Eder, invece ecco un altro big: Zico. Ma è stato più facile». Arriva la voce di Zoff, dalle vacanze: «Era un bel Brasile, ma la nostra squadra di quel giorno lo avrebbe battuto otto volte su dieci». Per Paolo Rossi (tre gol), il Brasile è stato lo choc positivo, lo sblocco psicologico, il ritrovare se stesso. Rivede la prima rete di testa e commenta: «Adesso mi sembra facile, quel giorno fu la liberazione». Subito la spiegazione di fondo: «Ho giocato il mondiale dopo due stagioni senza football. Al rientro mi sembravano difficih anche i colpi elementari. Se sono risorto è merito della squadra. Nessuno mi ha mai fatto pesare gli errori nel girone di qualificazione». Il tempo delle battute è finito. Siamo alla finale. Tardelli rivede la sua corsa del 2-0, l'urlo senza fine. «Ma era tutto facile, ormai Pablito era uscito dal letargo. Cabrini aveva sbagliato un rigore? Non me ne ero neppure accorto». Le ultime parole alle riserve di lusso. Bordon: «Da Zoff in quei giorni ho imparato il modo di vivere». Dossena: «Io in quei giorni ho capito il segreto della squadra: Gaetano Scirea». Bruno Perucca Gentile ricorda il suo duro duello con Maradona «Non fui scorretto» Graziani e lardelli (nelle foto a lato) due protagonisti dell'avventura; Enzo Bearzot (foto sotto) guidò la squadra fra le critiche fino al trionfo con la Germania Paolo Rossi e Bruno Conti i trascinatori: l'attaccante si scatenò segnando sei gol decisivi e il tornante mostrò tutto il suo estro