Il West di Calamity Carlson di Luigi Rossi

Il West di Calamity Carlson Verona, la coreografa e il balletto di Helsinki in «Elokuu» Il West di Calamity Carlson Bloccato il Tir con le scenografie In soccorso i magazzini dell'Arena VERONA. Lo sciopero dei camionisti francesi ha rischiato di far saltare il debutto in Italia di Carolyn Carlson con il Balletto di Helsinki, l'altra sera al Teatro Romano. Il Tir con ls scene provenienti dall'Expo di Siviglia è rimasto bloccato in Francia e la coraggiosa coreografa americana ha dovuto rimediare con l'aiuto di una buona dose dell'italica «arte di arrangiarsi». Ha attinto infatti al trovarobato dei magazzini dell'Arena di Verona per impostare un allestimento per quanto possibile simile a quello originale, approntando una scenografia di interno di un locale pubblico del Midwest, forse ricorrendo a quinte di una qualche pucciniana «Fanciulla del West» areniana. Poi si è messo anche il solito temporale che ha brontolato minacciosamente sull'Adige, ma alla fine ha concesso tregua, lasciando posto persino ad una scenografica luna sui cipressi che circondano il suggestivo spazio scenico. «Elokuu», che in finlandese significa agosto, è ispirato, proprio come avveniva durante il periodo italiano della Carlson, ad un'America rurale, al clima «country», che la coreografa californiana ha sempre coltivato. E vi ha aggiunto riferimenti figurativi al pittore Edward Hopper e l'immancabile fonte letteraria nello scrittore Sam Shepard, così come nella successiva tappa «Syyskuu» (settembre) farà ricorso alla «Terra desolata» di Eliot dedicato a Ezra Pound. I personaggi raccolti nello spazio claustrofobico di questa specie di «saloon» sono prigionieri del sogno. Tutti cercano l'evasione; non per nulla appaiono sempre con valigia alla mano in procinto di arrivare o di partire. La stessa Carlson, nelle sue inserzioni nel contesto dell'eccellente corpo di ballo del Paese di cui è originaria, appare come una fantomatica «ragazza con la valigia» e si abbandona ad un nevrotico «assolo» tipico del suo stile collaudatissimo, anche se l'impietosa anagrafe non le consente più i consueti «tours de force» di tenere la scena in misura solitaria per tutto lo spettacolo come avveniva spesso nelle sue «performances». Anche se spostati verso diverse latitudini geografiche, alcuni punti di forza della Carlson restano immutati, a partire dalle suggestive luci di Claude Naville e dalla musica dal vivo eseguita in scena dagli autori Mikko, Ville Luolajan e Mikkola. Accompagnamento di notevole interesse che alterna immancabili momenti di musica minimale (con insistiti fischi di treni) con vecchi tanghi straziati da un violino che potrebbe indifferentemente uscire da una «milonga» di Buenos Aires o dalla balera immortalata da Bertolucci a Parigi. Anche qui il clima è della nostalgia che può commentare pure un'America alla Fitzgerald. Non per nulla molti personaggi sembrano uscire dal mondo del «Grande Gatsby», forse declinato in modo più rustico. I grotteschi fantasmi di questo vecchio «sogno americano» forse subiscono qualche influenza dell'ultima Pina Bausch che giunge a contagiare ormai non soltanto il teatrodanza europeo. Ma la danza rimane stavol- ta preminente e i dodici-interpreti dell'ensemble che fu di Jorma Uotinen ed è ora diretto personalmente dalla Carlson sono veramente straordinari. Il ritorno della coreografa nel Veneto, nel quale ha lungamente operato, ci ha fatto ricordare uno dei suoi capolavori creati durante il soggiorno veneziano, «Underwood», al quale «Elokuu» in qualche modo si ricollega nel suo rimpianto di una giovinezza ecologica del mondo contemplata da un remoto angolo di provincia. I numerosi spettatori hanno molto apprezzato. Luigi Rossi Carolyn Carlson in «Elokuu» (in finlandese agosto): è ispirato ad un'America «country» che la coreografa californiana ha sempre coltivato