«Il pcus è morto, ma i comunisti no»

«Il pcus è morto, ma i comunisti no» «Le altre Repubbliche ci stanno umiliando, la Russia deve tornare a essere una potenza» «Il pcus è morto, ma i comunisti no» Processo in bilico, allarme di Stankievic INTERVISTA IL CONSIGLIERE SMOSCA ERGHEI Stankievic è uno dei consiglieri di Eltsin, pare dei più ascoltati. I titoli e gli autori dei libri che ha messo in evidenza nella libreria del suo sontuoso ufficio del Cremlino dicono quasi tutto della sua biografia: c'è Sakharov («Progresso, coesistenza, libertà intellettuale»), c'è Brzezinskij («Il grande fallimento»), c'è un volumetto di «Ritratti storici della Russia nel corso dei secoli», ce n'è un altro, senza autore, dedicato a San Basilio, e uno dello sconosciuto Kadykov: «La corrispondenza di un banchiere». Democratico della prim'ora, deputato del popolo dell'Urss, è rimasto a galla - anzi è salito in alto - dopo il golpe. Forse (dicono i maligni) non così in alto come pensa di meritare, ma è indubbio che il suo parere conta. E per questo ha fatto scalpore la serie recente dei suoi articoli e interviste, tutta dedicata a rinvigorire l'idea della Russia come potenza (derzhava). Serghei Borisovic, cosa significano le sue grida d'allarme? Qualcuno, nelle altre Repubbliche dell'ex Urss, le interpreta come minacce... La situazione è molto pericolosa. Le Repubbliche ex sovietiche guardano alla Russia come a un cumulo di rovine, come a un vinto in guerra, verso cui tutto è permesso. Attaccano le nostre truppe, confiscano, discriminano i cittadini che spiritualmente e etnicamente sono vicini alla Russia. Fino alla loro liquidazione fisica. I nostri diritti vengono, per altro, ignorati anche dai nostri partners occidentali. Temo che una tale, ; sistematica umiliazione della Russia porterà aijB3&spÌMÌ9»a„Je$r, questo mi sono pronunciato. Ma voglio precisare, anticipando prevedibili accuse: per mè «potenza» non è la stessa cosa di «impero». Faccio un esempio: la Germania dopo la prima guerra mondiale era «impero», dopo la seconda è «potenza». Io sono per la Russia come «potenza», impegnata nella sua rinascita con tutte le forze. Lei pària, come Solzenicyn, in difesa dei 25 milioni di russi che si trovano «fuori posto». Ma, mi scusi, c'erano anche prima. Non le pare che i democratici - e lei tra gli altri - abbiano fatto qualche errore di calcolo quando decisero di liquidare tutto? Errori ce ne sono stati molti. Ma il più grande non è stato la proclamazione della sovranità russa. Comunque l'Urss era condannata a sfasciarsi, e la questione sul tappeto era soltanto se il suo crollo sarebbe stato catastrofico e spontaneo oppure pacifico e controllato. Il punto è che non siamo stati capaci di proporre alla Russia un modello di esistenza, una nuova idea di Stato. E che gli errori dei democratici continuano tutt'ora. Penso che la Russia debba cominciare un serio negoziato coi suoi vicini, in primo luogo la Bielo- russia e le Repubbliche dell'Asia centrale. Sarà questo il club preliminare. A questo, penso, in seguito si assocerà l'Ucraina. Una Russia risanata, appunto «potenza», sarà un naturale centro di attrazione. Sarà una nuova unione, basata su principi diversi dalla vecchia. E' un'ipotesi. Ma c'è anche quella della ripetizione dello scenario jugoslavo. Lei che ne pensa? Purtroppo lo scenario jugoslavo è già in sviluppo in Moldavia. Non vedo differenze sostanziali. Anzi è peggio, perché in Jugoslavia le parti in lotta sono egualmente responsabili, mentre in Moldavia è in corso una sistematica azione di genocidio contro la popolazione civile. Ma in Russia la situazione è del tutto diversa. Lei sa che molte regioni chiedono autonomia e sovranità, altre vogliono indipendenza e rifiutano di sottostare alle leggi centrali. Eppure la Russia non sceglie la violenza e preferisce cercare un accordo. Io sono convinto che la Russia eviterà la variante jugoslava. Per quanto concerne le altre Repubbliche, penso che non la eviteranno se continueranno con le loro attuali politiche verso le minoranze etniche. E' una premonizione, o un avvertimento? Io vedo accadere cose molto gravi. Nelle Repubbliche del Baltico si stanno varando legislazioni da «apartheid». E si esige un ritiro immediato delle nostre truppe. C'è una suicida incapacità di comprendere la realtà. E gli europei sembrano non accorgersene, quando non incoraggiano queste tendenze. Non capiscono che la tragedia si ripercuoterà anche su di loro. Noi, in queste condizioni, npn possiamo lanciare i russi che vivono laggiù al loro destino, in nessun caso. Ripeto: sono sbalordito che nessuno tenga conto dei nostri problemi, che ci si voglia chiudere in angolo con tanta pervicacia. Nella squadra di Eltsin le polemiche sono ormai roventi. Lei accusa il ministro degli Esteri Kozyrev. Questi replica con durezza. Il ministro della Difesa, generale Graciov, sembra più d'accordo con lei (e con il vicepresidente Rutskoi) che con il Presidente e il suo ministro degli Esteri, e così via. Qua! è la politica estera della Russia? Ho l'impressione che là Russia non abbia per ora una politica estera. Finora prosegue per inerzia il «nuovo pensiero» di Gorbaciov-Shevardnadze. Ma la situazione è sostanzialmente mutata! E in quello che facciamo non si vede la Russia, non c'è una chiara visione dei suoi interessi. Penso che siamo in una fase intermedia. Che ne pensa della nomina di Gromov a viceministro della Difesa? Si dice che lei sia diventato un «nazionalpatriota». Io ero e sono un democratico e un patriota. Penso che c'è stata una fase in cui si doveva abbat- tere il sistema totalitario comunista. U compito è stato adempiuto. Adesso bisogna trasformare la Russia in una potenza. E' logico che non si può fare le stesse cose di prima. E poi che vuol dire l'etichetta «nazionalpatriota»? De Gaulle è stato un grande patriota. John Kennedy anche. La Russia ha bisogno di questo tipo di patrioti. I comunisti possono tornare al potere? Penso che l'idea comunista non sparirà dalla scena russa. Ma penso che non sarà mai più al potere. E che pensa della possibi-'' lità di un nuovo golpe? Non vedo nessuna possibilità in questo senso nel futuro prevedibile. Non ci sono né forze, né idee, né leaders che possano realizzarlo. Cosa si aspetta dall'Occidente? Ho l'ùnpressione che il vallo d'incomprensione reciproca si vada allargando. Pensavano che dopo il crollo del comunismo sarebbero arrivati al potere dei simpatici, gentili e intelligenti giovanotti, che parlano lo stesso linguaggio del resto del mondo. Pensavano che, in due o tre anni, arrivando a San Pietroburgo da Chicago, non si sarebbe notata differenza. Ora si accorgono che quello che pensavano non si sta verificando e cercano risposte nelle direzioni sbagliate. L'Occidente proprio non capisce cosa sta accadendo qui. Per quanto riguarda gli «aiuti», non mi aspetto miracoli. La cosa più importante è ottenere il fondo per la stabilizzazione del rublo. Ma sarebbe necessario un intervento multilaterale, a livello delle imprese, programmi concreti per il passaggio al mercato di 500-600 imprese-locomotiva. Ma temo che questo tipo di aiuto sia fuori dalle idee dell'Occidente. E gli storici del futuro si stupiranno del fatto che, mentre negli Anni 20 e 30, con un regime comunista e con una dittatura totalitaria, migliaia di ingegneri europei e americani arrivarono qui e aiutarono Stalin, niente del genere accade oggi. Giulietto Chiesa «Gli storici del Duemila non capiranno perché l'Occidente aiutò Stalin e adesso non aiuta noi» «Golpisti liberi» chiede una donna nostalgica del vecchio regime Qui a fianco Valéry Zorlcin il presidente della Corte Costituzionale che guida il processo al Pcus [FOTO AP e ANSA]