Dall'Adriatico riemerge l'incubo albanese

Dall'Adriatico riemerge l'incubo albanese Avevano rubato una motonave militare, sorpresi e scortati in porto dalla Marina italiana Dall'Adriatico riemerge l'incubo albanese Brindisi, rispediti a casa 90 profughi BRINDISI NOSTRO SERVIZIO Fuga dall'Albania, atto secondo. Un centinaio di profughi sono arrivati ieri sera nel porto di Brindisi sotto scorta. Ma la loro avventura italiana è durata poche ore. Il tempo di sbrigare le operazioni per il rimpatrio. Un'avventura cominciata con un'operazione azzardata, il sequestro di una motonave militare ormeggiata nel porto di Saseno, la lanciasiluranti «859» e del suo equipaggio. Una volta in mare, il gruppo, di fuggiaschi, una novantina di persone tra militari e civili (comprese sei donne, una delle quali incinta e otto bambini), hanno puntato decisamente verso le coste pugliesi. Ma sono stati intercettati dai mezzi aerei e navali del ventiduesimo gruppo navale italiano dislocato a Valona. Hanno però resistito ai tentativi per convicerli a tornare indietro e i militari italiani hanno rinunciato all'uso della forza, per non mettere a rischio l'incolumità dei profughi. Intanto, in Italia, è scattato l'allarme: di rinforzo alla «Capri» sono giunte una motovedetta della Capitaneria di porto di Otranto e una nave militare mandata dalla Capitaneria di Brindisi, assistite da un elicottero dell'Aeronautica. «Nonostante i nostri ripetuti inviti - ha dichiarato un ufficiale impegnato nelle operazioni al largo di Otranto - la nave albanese non ha voluto modificare la propria rotta, tantomeno tornare verso il porto di Valona. Ad un certo momento abbiamo anche temuto di essere speronati perché abbiamo tentato di sbarrare loro la strada». «Una volta affiancata la nave - prosegue l'ufficiale - abbiamo convinto il comandante della "859" a puntare verso il porto di Brindisi, scortandola sino all'ingresso». Una decisione concordata con i prefetti delle città pugliesi. A Brindisi, però, ci sono stati altri momenti di tensione. La nave albanese, scortata dalla «Urania» e da alcuni rimorchiatori, invece di dirigersi verso il molo di «Diga di Punta Riso», dove le autorità portuali avevano predisposto un adeguato servizio d'ordine, ha cambiato direzione. Un mutamento di rotta deciso per l'imponente numero di poliziotti, carabinieri, finanzieri e uomini del battaglione San Marco schierati sul molo. Gli albanesi hanno deciso così di dirigersi prima verso il porto interno di Brindisi (dove non era stato predisposto un cordone di polizia), poi vista l'impossibilità di effettuare questa manovra, il comandante ha cercato di puntare verso il mare aperto. Ma i militari italiani glielo hanno impedito e nel giro di mezz'ora la lanciasiluranti è stata costretta ad attraccare al molo di «Diga di Punta Riso». Il prefetto Antonio Barrel, ottenuto l'ok da Roma, ha predisposto un piano di rientro immediato dei profughi in Albania. Appena sbarcati, gli esuli sono stati rifocillati e poi caricati su alcuni pullman e traportati all'aeroporto di Brindisi. Qui, nella notte è arrivato da Roma un aereo dell'Alitalia, inviato dal ministero dell'Interno, per riportare a Tirana i novanta fuggiaschi. Sulla nave - che la dimensioni di un grosso peschereccio ed è in condizioni malandate - gli agenti hanno trovato fucili, pistole, un mitragliatore pesante con numerose munizioni e una bomba a mano. Ma l'allarme albanesi rimane e da Bari il responsabile pugliese della Protezione civile, Raffaele Belardi, lancia un nuovo Sos. «Non siamo più in grado di ospitarli. Anche mille ci metterebbero in seria difficoltà - ha spiegato -. Se ci saranno sbarchi come l'anno scorso non potremo far altro che riportare gli albanesi nello stadio della "Vittoria", come abbiamo fatto dodici mesi fa». Per scongiurare il ripetersi di simile odissea, secondo Belardi è necessario che sia al più presto varata una linea di condotta ben precisa sul «problema albanesi». «Da mesi - ha aggiunto Belardi - vado dicendo che i sindaci di piccoli Comuni costieri della provincia di Lecce segnalano l'avvistamento in mare di zatte¬ re con a bordo sei-sette persone presumibilmente albanesi, che poi sbarcano lungo tratti deserti della costa e facilmente raggiungono le nostre città». Non è più un problema di Protezione civile, secondo Belardi, «bensì di difesa del territorio nazionale, perché qui si tratta di una vera e propria aggressione e invasione delle nostre coste». E chiede l'intervento del governo Amato, prima che la situazioni precipiti di nuovo. Salvatore Gentile Nella fuga sfiorata la collisione Ora si rischiano nuovi esodi Sos della protezione civile «Non possiamo più ospitarli» Due immagini dall'estate di un anno fa: lo sbarco a Bari di una motonave carica di profughi albanesi e, qui accanto, una famiglia di esuli all'arrivo nel porto di Brindisi. Dopo la fuga di ieri, conclusasi con il rimpatrio, in Puglia si teme che l'esodo riprenda

Persone citate: Antonio Barrel, Belardi, Raffaele Belardi, Salvatore Gentile