Anche Rifondazione va per la tangente di Maria Grazia BruzzoneLucio Libertini

Anche Rifondazione va per la tangente LA MAZZETTA DEI COMUNISTI Anche Rifondazione va per la tangente Arrestato ex sindaco di Garlasco, Libertini: e chi è? ROMA IfÒNtiAZIONE fa il suo ingresso a Tangentopoli con Giuseppe Morea, 42 anni, ex sindaco comunista di Garlasco, un paese in provincia di Pavia, finito in manette j ieri mattina per una storia di ordinaria tangente. Un personaggio minore, una vicenda di qualche anno fa quando la nuova formazione neppure esisteva. Ma sufficiente a mettere in subbuglio il partito con la falce e il martello, fiero fino a ieri del suo alone di purezza. Il compagno colpevole è stato immediatamente sospeso e il comunicato che ne dà notizia parla di «grave frangente, tanto più grave per un partito che della lotta intransigente al sistema delle clientele e della corruzione ha una delle sue ragioni costitutive». Giuseppe Morea, che è sposato e ha due figli, è stato arrestato ieri all'alba. La polizia è venuta a prenderlo a casa alle 6 esibendo l'ordine di custodia cautelare emesso dalla procura della Repubblica di Vigevano e subito lo ha rinchiuso nel carcere di Torre del Gallo a Pavia. Nel mandato, firmato dal giudice Mauro Vittiello, si ipotizza il reato di, ce-nqussione. Morea avrebbe riscosso mazzette da imprese edili di cui non si conoscono ancora i nomi, per dei lavori pubblici da fare a Garlasco. A pagare sarebbe stata in particolare un'azienda dell'Oltrepò. Ma a Palazzo di Giustizia a Vigevano si vocifera di più appalti per più tangenti. La storia risale al 1985, quando Morea era sindaco comunista. Proprio in quell'anno nella giunta monocolore erano entrati anche i socialisti. Morea era rimasto sindaco fino al 1990, quando si dimise dall'incarico per divergenze politicoamministrative. Poco più tardi era passato nelle file di Rifondazione. A Garlasco l'arresto dell'ex sindaco non ha stupito più di tanto. Il provvedimento sembra fosse nell'aria già da un po'. Morea era un uomo chiacchierato e lo stesso giudice Vittiello tre settimane fa gli aveva inviato un avviso di garanzia per omissione di atti d'ufficio e falso. Mentre era sindaco, il Comune avrebbe preso in affitto i locali di uno stabile di proprietà della moglie. Lucio Libertini, l'ardente capo dei Senatori di Rifondazione al Senato, è a Trieste e apprende la notizia al telefono. Lì per ti nasconde la sua sorpresa. «Non lo conosco. Non lo avevo mai sentito nominare, ma se è colpevole è giusto che paghi», è il suo primo commento. Ma voi non vi ritenevate immuni da coinvolgimenti del genere? «Noi non ci consideriamo immuni da niente. Vuole che un partito da 2 milioni e 200 mila voti, con 150 mila iscritti non abbia qualcuno che è stato compromesso? L'immunità è un'idiozia». Libertini ormai è partito. «Domani certo quel Morea avrà un titolo da prima pagina, grande quanto quello del sindaco di Milano. Ma che ci sia questa eccitazione per il nostro primo arresto mi fa piacere perché vuol dire che è una mosca bianca. Se avessero arrestato me o Cossutta, allora sì che si sarebbe potuto dire che siamo anche noi dentro il sistema». Non si stupisce neppure Ramon Mantovani, neodeputato milanese, ex comunista come quasi tutti a Rifondazione. «Sono amareggiato ma non meravigliato. E' logico pensare che il pei ha commesso tanti gravissimi errori che è impossibile che anche dei singoli compagni non abbiano sbagliato. Lo so bene io che a Milano sono stato protagonista di tante battaglie dure contro alcuni di quelli che poi sono stati coinvolti negli scandali. Per il pds era un approdo quasi ovvio». Fuori dal sistema. Diversi. La preoccupazione dei «rifondatori» in questo momento difficile sembra soprattutto quella di riaffermare comunque la loro differenza. «Il Partito di Rifondazione comunista intende altresì ribadire che il presente comunicato non obbedisce a una ragione di partito - conclude la nota ufficiale - ma trae al contrario motivo dall'esigenza di far prevalere uno stile personale e politico effettivamente diverso da quello del sistema di potere dominante, teso soltanto alla propria autolegittimazione e autoconservazione». Maria Grazia Bruzzone Da sinistra Armando Cossutta e Lucio Libertini, di Rifondazione