Italiani che pazienza di Lietta Tornabuoni

Italiani che pazienza Italiani che pazienza EMPLIFICANDO al massimo, la situazione sarebbe questa. I ladri studiano un provvedimento legislativo per assolversi dai propri furti. I falliti che hanno lasciato andare in rovina l'economia si propongono come salvatori dell'economia. I perdenti delle ultime elezioni si candidano come innovatori delle leggi elettorali. I mandanti dei raccoglitori di Tangenti & Mazzette esigono nuove regole e leggi sul finanziamento dei partiti e per la moralizzazione della vita pubblica. Gli inetti e gli spreconi che hanno portato al disastro il bilancio dello Stato impongono ancora altre tasse per colmare (in parte, appena in parte) la voragine da loro aperta. I malgovernanti si fanno garanti di un buon governo futuro. Semplificando, si capisce. Ma la contraddizione, la sfrontatezza e l'illogicità restano troppo forti: sarà magari vero che non si può rimuovere in blocco e alla svelta un'intera classe dirigente né si può pretendere che essa abdichi spontaneamente suicidandosi, però come si potrebbe credere a queste persone, aver fiducia in loro, fargli credito? Come si potrebbe, soprattutto quando le nuove promesse e le nuove ripetute -buone intenzione appaiono * viziate dalle' sòlite "vècchie caratteristiche, confusa ge-•nericità e netta'ingiustizia? Gli italiani hanno dimostrato tante volte d'essere gente non avara, che non rifiuta di dare i propri soldi quando vengono chiesti per scopi precisi e concreti, per risolvere realmente un problema urgente e grave: arriverebbe chissà dove, a esempio, la lista di tutti coloro che hanno contribuito di tasca propria a pagare i viaggi salvifici di bambini o adulti malati in America o in Svizzera, il mantenimento di comunità terapeutiche, altre infinite iniziative in cui la destinazione dei denari era chiara e risolutiva. Non sono invece precisi né definitivi i discorsi che vogliono giustificare ulteriori tasse e prelievi: «manovra», «arginare il deficit», «ridurre l'inflazione», «trovare trentamila mibardi». ^iarc Per far cosa? Metterci una toppa, rimediare al peggio e continuare ad andare avanti male, passando da una stangata all'altra? Qualche chiarezza è necessaria, in circostanze simili, qualche corrispettivo bisogna offrirlo: non bastano i vaghi ottimismi avventati nelle riunioni internazionali né i terrorismi delle grida d'allarme. Un segno di novità sarebbe magari che i governanti cominciassero a render conto ai cittadini da cui pretendono troppo, non limitandosi a dialogare con là televisione o con i giornali, spiegando concretamente programmi formulati e risultati attesi, se possono. Ma forse non possono. Un segno di novità sarebbe essere meno ingiusti. Le nuove tasse, sembra già chiaro, colpiranno al solito i lavoratori dipendenti. Dunque chi è in regola, paga le tasse e patisce una pressione trmuftari^JiveMifiPecordaiWB gherà ancora di più, mentre gli evasori fiscali che hanno avuto sconti strepitosi anca» verso il condono continueranno magari a non pagare: non sarebbe meno ingiusto metterla ai condonati, la famosa addizionale? Gli italiani hanno dimostrato tante volte d'essere gente paziente, sin troppo paziente nel sopportare d'essere malgovernati (trovando a volte il modo di ricavare qualche vantaggio pure dal malgoverno): ma i segni d'impazienza, elettorali e no, vanno moltiplicandosi. Se non assumono i caratteri rivoltosi e tumultuanti dei neri e degli ispanici d'America o dei camionisti francesi, potrebbero finir per prendere le forme più calme e devastanti della disobbedienza fiscale, del rifiuto d'altri sacrifici. Lietta Tornabuoni 1

Luoghi citati: America, Svizzera