Troppe spese e rischio-sfratto per i caffè d'epoca

Con i panini non si salva la Storia Dopo il convegno di Amalfi parlano gli esercenti torinesi con locali soggetti a vincolo dalle Soprintendenze Con i panini non si salva la Storia Troppe spese e rischio-sfratto per i caffè d'epoca «Vendendo caffè, panini e paste, arrivare alla fine del mese è dura»: specialmente per chi si chiama Piatti. I problemi del locali storici torinesi sono tanti. Concluso il convegno nazionale della categoria ad Amalfi, gli esercenti cittadini esprimono le loro preoccupazioni. Paola Borierò, titolare da 11 anni del Caffé Piatti di corso Vittorio, classe 1870, si fa due conti in tasca: «Pago 180 milioni di affitto l'anno e devo avere un servizio all'altezza del nome: così ho 18 dipendenti assunti regolarmente, che mi costano di Inps 250 milioni. La gestione è questa - spiega - e in più c'è la manutenzione straordinaria: qui quando si rompe qualcosa costa tutto il doppio. Non vogliamo certo lasciare, ma posso dire di avere seri problemi a pagare il canone alla fine del mese. Vendere caffè e panini a questo livello, in una Torino senza turismo, è davvero pesante». I problemi sono più o meno uguali per tutti i locali storici, perché «non premiano». Situati nei punti strategici della città, sono gravati di affitti forti o diventano esca di chi vorrebbe utilizzare in altri modi la loro fortunata posizione. «Se Benetton decidesse, ad esempio, di puntare ai locali che mi ospitano in piazza Castello - spiega Antonio Chessa, titolare di Mulassano da 18 anni e cancelliere dell'Associazione locali storici io non potrei competere con lui!». Le difese? «La Soprintendenza può intervenire - dice Chessa - e porre vincoli di destinazione d'uso. Poi è stata presentata una legge in Parlamento: stabilisce che certi tipi di locali non possano essere sfrattati, e che lo Stato intervenga tra titolari e proprietà, per stabilire parametri di affitto equi». Degli affitti alle stelle si lamenta Giorgio Gal,'o, da decenni titolare del Ristorante San Giorgio al Valentino: «Siamo costretti a far spender troppo i clienti, che se ne vanno». Da Baratti & Milano il direttore Gianni Corgioiu scuote la testa: «Siamo una cattedrale nel deserto. Qui, in un centro storico degradato, dobbiamo mantenere un livello altissimo: e lavoriamo per la gloria». Paolo Moreggio, direttore del Turin Palace, ha altri problemi: «Non gli affitti: la famiglia Ramondetti ha la proprietà dell'albergo e del Cambio. Ma certo mantenere in stile il locale in piazza Carignano richiede costi enormi. Ogni cosa è fatta a mano, dalle pitture alle lampade». I locali storici torinesi non hanno sovvenzioni pubbliche. «E neppure le chiediamo - dice Chessa -. Vogliamo soltanto la garanzia di poter continuare a lavorare». Cristina Caccia Al caffé Mulassano si ritrovavano molti artisti e scrittori

Persone citate: Antonio Chessa, Chessa, Cristina Caccia, Gianni Corgioiu, Giorgio Gal, Mulassano, Paolo Moreggio, Ramondetti

Luoghi citati: Milano