Harlem? E' a San Salvario di Maria Teresa Martinengo

Harlem? E' a San Salvario La gente protesta contro le nigeriane: «Troppo rissose» Harlem? E' a San Salvario / negozianti: «Perdiamo tutti i clienti» Da due mesi, in via Berthollet 10, Kate Bosch, nigeriana, gestisce una profumeria. In vendita, con trucchi e profumi, prodotti americani specifici per persone di colore. Dentifrici, creme di bellezza e per il cuoio capelluto, messo a dura prova dalle pettinature «afro». Per stare dietro il banco, Kate si è iscritta alla Camera di Commercio. La sartoria nigeriana di via Galliari è aperta da un anno. Confeziona abiti tradizionali e occidentali (ma realizzati secondo il gusto per i colori e le sovrapposizioni tipico delle donne africane). La dirige Mina, 24 anni, lunghissimi capelli acconciati in una complicata geometria di treccine: «In Nigeria anche mia madre è sarta. Le clienti? Africane e qualche italiana». Il suo negozio potrebbe diventare l'ultimo grido in fatto di moda. Borgo San Salvario non sta cambiando, è già cambiato. Tra i protagonisti del mutamento: le abitudini di mondi lontani. Oltre duemila residenti sono extracomunitari (africani e asiatici, soprattutto). Ci sono cinque negozi gestiti da nigeriane: tre parrucchieri, la sartoria e la profumeria. Presto, nella piccola Harlem sul Po, si aggiungerà un ex girarrosto. Qui sono aperte sei chiese di culti diversi. La gran parte delle nigeriane (una cinquantina più un numero imprecisato di irregolari) sono prostitute: una colonia piccola (a Torino sono 600), ma ingombrante. Quasi tutte donne che, non si stanca di ripetere Fredo Olivero, responsabile dell'Ufficio Stranieri del Comune, «sono carne da macello gettata sulle strade con la connivenza di qualche funzionario del nostro Consolato a Lagos». E la convivenza con i torinesi è difficile. Il salotto è la strada. Le soffitte (800 mila al mese) e le camere degli alberghi (30 mila a notte) sono troppo affollate per vivere le ore che separano il sonno dal ritorno al «lavoro», nel pomeriggio, sui viali di periferia e in provincia. Così, le nigeriane di via Galliari, di via Principe Tommaso e dintorni, verso le dieci del mattino escono e incominciano in gruppo la loro giornata al mercato di via Madama Cristina, nel dehors del bar all'angolo, fer¬ me a chiacchierare davanti alle vetrine. Ma molti negozianti le temono, non sopportano il vociare, la violenza che sovente si scatena tra loro e fa scappare i clienti. Altri invece sono soddisfatti perché con le ragazze africane fanno buoni affari. «Si improvvisano commercianti davanti alle nostre vetrine - dicono gli insofferenti -, vendono roba di casa loro: peperoncini, funghi secchi e persino lumaconi con un guscio grosso così. E poi litigano. Pochi giorni fa si sono persino strappate i capelli. Lunedì si sono tirate addosso una bottiglia di vetro: sono intervenuti tre agenti. Ma l'ordine dura poco». I vigili sequestrano la merce. «Tante sono senza documenti, questo ci lega le mani» dicono polizia e carabinieri. La protesta deve rimanere senza nome. «Abbiamo paura spiega un negoziante, in via Gaibari da trent'anni -. L'altra settimana un vigile per poco non veniva aggredito». La proprietaria del vicino ristorante: «Il mio dehors è deserto. Sul marciapiede è un continuo gridare: non c'è motivo di andarsi a cercare un simile spettacolo». Tra i maggiori imputati della concentrazione di nigeriane, gli esercenti indicano l'albergo Principe Tommaso e il bar sottostante. La preoccupazione è condivisa dal presidente dell'Oasi Valentino, l'associazione che riunisce i commercianti di San Salvario. «Nei nostri incontri - osserva Giancarlo Clara - cerchiamo di far capire che creare ghetti negli alberghi, nei bar, nei negozi, alla lunga può essere negativo. Basti pensare che molta gente ha incominciato a disertare il mercato di via Madama Cristina. Parecchi alberghi e pensioni ci hanno ascoltato, differenziando la loro clientela, altri no». Clara chiede anche controlli più frequenti: «Ci sarebbe più calma». Per il presidente dei commercianti è comunque inutile chiudere gli occhi: «L'obiettivo deve essere la convivenza. Noi, ad esempio, abbiamo convinto alcune nigeriane che è meglio vendere nella legalità: i negozi aperti di recente sono il risultato di questo dialogo». Maria Teresa Martinengo In via Galliari fin dal mattino le ragazze nigeriane improvvisano un mercato davanti alle vetrine Da due mesi Kate Bosch (sopra) gestisce una profumeria con prodotti di bellezza per i neri

Persone citate: Fredo Olivero, Giancarlo Clara, Kate Bosch, Principe Tommaso

Luoghi citati: Lagos, Nigeria, Torino