Tapie vende Adidas all'inglese Pentland di Enrico Benedetto
Tapie vende Adidas all'inglese Pentland Ceduto l'80% della società per 700 miliardi Tapie vende Adidas all'inglese Pentland PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Bernard Tapie snobba l'offerta di Botts et Cy, e rivende Adidas al colosso britannico Pentland, che già ne possedeva un 20%. Secondo gli accordi, dovrebbe mettersi in tasca quasi 700 miliardi di lire, con una plusvalenza stimabile sui 150: niente male per un'azienda che qualcuno giudicava alle corde. «E' l'affare della mia vita», spiegò giusto due anni e 2 giorni fa nell'annunciare l'acquisto, aggiungendo: «Non voglio separarmene mai più». Oggi la realtà lo smentisce, eppure quella profezia rimane valida: l'imprenditore Tapie trova nella vendita gli utili che ormai la gestione gli negava, recuperando credibilità a livello economico, nell'attesa di scongelare le sue fortune politiche. «E adesso - gongola - voglio pagarmi una pubblicità a due pagine per dire: "Nel '79 partivo con 110 milioni e un'ipoteca sulla casa. Guardate il mio conto bancario attuale!"». Sono dichiarazioni in linea con il personaggio: sanguigno, forse sbruffone, eppure a suo modo genuino. Il futuro? «Biposarmi. Tengo l'Olympique Marseille, ma non correrò per le legislative '93». Se la magistratura dovesse assolverlo nella causa intentatagli (frode) da un ex socio, lo attende la poltrona ministeriale che lasciò in giugno. Non è comunque il solo ad avere messo a segno un buon colpo nel segno di Adidas. Anche Pentland si rallegra. Specializzata in articoli sportivi (una predilezione verso le calzature), ha bilanci rosei - guadagni per 45 miliardi l'anno scorso - e liquidità impressionante. Commenta da Londra il suo numero uno, Stephen Rubin: «Avevamo in portafoglio 250 milioni di sterline, era l'occasione buona per investire». Ex azionista di riferimento nell'americana Reebok, il gruppo ha un 6% della L. A. Gear (altra grossa presenza Usa), smercia Ellesse e Lacoste, possiede l'azienda calzaturiera Pony. Insomma, con il marchio dalle tre bande ora può incutere davvero paura alla concorrente più feroce, la Nike. Perlomeno, lo Stock Exchange mostrava ieri il suo ottimismo: il titolo Pentland guadagnava oltre il 10%. Le intese prevedono che la cessione si faccia per ottobre, ma nulla sembra più poterla mettere in forse. René Jaeggi, che presiedeva - perlomeno smo a ieri - il direttorio Adidas, ne esce come il vero sconfitto. Da mesi guida la fronda interna contro Bernard Tapie. E nelle ultime settimane gli ha imposto un ultimatum: cedere Adidas entro fine giugno. In caso contrario, si sarebbe dimesso, lasciando che si dileguassero i compratori di sua fiducia, Botts et Cy appunto. Pentland lo lascia libero di ripensarci, e fa sapere che in ogni caso il management Adidas non avrà nulla da temere. A loro volta, i quadri tedeschi, che poco amavano l'irriducibile carattere latino dell'eclettico Tapie, hanno espresso «fiducia» verso la nuova proprietà. Nell'ultimo biennio, si dice, è mancata una strategia commerciale estesa. Non basta confezionare scarpe di ottima fattura (e le Adidas tengono fede alla loro notorietà), bisogna venderle. La banale differenza è qui: mentre la casa germanica puntava sugli sportivi (una categoria a numero chiuso), Nike e Reebok hanno corteggiato i ragazzini euroamericani, ansiosi di status symbols. Che poi il prodotto arrivi in realtà da Honk-Kong o Seoul, lo spot non lo dice. Morale: in 24 mesi Adidas ha perso larghe quote, mentre gli avversari prosperavano. Adesso c'è aria di riscossa. Enrico Benedetto Il finanziere francese Bernard Tapie
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