BONIPERTI il mio riso non era amaro

BONIPERTI il mio riso non era amaro la memoria. Il «presidentissimo» ricorda le stagioni felici delle mondine, fra Novara e Vercelli BONIPERTI il mio riso non era amaro BTORINO ONIPERTI, il presidente di ghiaccio che non parla mai, che tratta la sua 1 Juventus come una diva fatale degli Anni Trenta, viziata e inaccessibile, guarda al di là dei platani. Piazza Crimea diventa la risaia della sua gioventù: le mondine curve sull'erba maligna, le lunghe gonne annodate tra le gambe, l'acqua a lambire le caviglie, il caposquadra a scrutare il lavoro, il sole a picco, le bambine a portare l'acqua con cui dissetare le donne riarse di fatica. Sospira con emozione. E' lui il narratore di questo viaggio nel tempo: la risaia ha occupato metà esatta della sua esistenza. Boniperti ha vissuto quattro vite: due nel calcio, una da giocatore e l'altra da dirigente; e due in campagna, una da ragazzino e l'altra da amministratore della tenuta della Veneria. Tenuta che, nel '49, ha prestato - e pochi lo sanno - i fondali a uno dei film più famosi del cinema italiano: Riso amaro. Incominciamo dalla prima vita, l'infanzia, nel podere di Barengo. Mio padre era podestà, ma il comandante in capo della famiglia era mia madre, la signora maestra. Una donna devota, tutti i giorni una preghiera alla Madonna della Neve. Mai saltato uno. E sapete quand'è morta? Il 15 agosto, nel giorno della Vergine. E suo padre? Gli ho voluto un bene dell'anima. Era generoso, amato da tutti, amici e nemici: quando è stata dichiarata la guerra, ha dato immediatamente le dimissioni. Era stato bersagliere nel '15-'18, e sapeva che cosa voleva dire uccidere: ha preferito lasciar perdere, erano tempi... Dopo il funerale, il direttore di banca è venuto a far visita a mia madre: «Senti, Camilla: sono venuti i creditori?». E lei: «Qualcuno, ma non tutti». Capito? Da quell'uomo avevano ricevuto solo del bene e molti ritenevano giusto non farsi avanti. Poi c'erano i fratelli... Franca (in onore del nonno paterno) che è diventata nonna tre volte: calma, rilassante, piena di buon senso; e Gino (in memoria del nonno materno), un brigante che giocava al calcio meglio di me. L'avevo portato persino da Carver, alla Juventus, ma lui amava troppo le donne, giocava solo sull'ala, a bordo campo, dove c'erano le studentesse... All'appello manca Giampiero. Tutto l'anno in collegio, al De Filippi di Arona prima, e dai salesiani poi. Qualche sciata invernale al Mottarone a Natale. E finalmente, le vacanze, giugno, Barengo. La fine della scuola coincideva con l'arrivo di tutte quelle ragazze allegre, festose, che si lavavano nei ruscelli, ballavano col grammofono sull'aia fino a notte fonda, cantavano mentre i mantici delle fisarmoniche si gonfiavano sotto i portici e i fumi del vino ammazzavano persino le zanzare. Era stupendo: un continuo scoppio di gioia. Me le mondine erano proprio belle? Come la Mangano non ce n'era solo una: ce n'erano a dozzine. Altro che riso amaro: riso dolce, fragrante, che si scioglieva sulle labbra come un sorriso. Arrivavano a migliaia dalle campagne povere dell'Italia padana: rovigotte, furlane, parmigiane, modenesi, reggiane. Una festa per gli occhi. Io e i miei amici (allora avevamo 1516 anni) conoscevamo tutte le cascine. Prendevamo la nostra bici e via. Che risate col Giulio, el Cini, el Carlo, el Decio che poi è diventato sindaco. Sa, era così: uno poi fa il farmacista, l'avvocato, il calciatore... Vuol dire che qui finisce la sua prima vita... E comincia la Juve: 18 anni. Via dalla campagna, Torino. Gioco 6 partite e faccio 5 gol. Fine del campionato. E a Finale, in vacanza, invito a ballare una bruna che sta seduta con padre, madre e fratello. Le faccio: «Quest'anno parto titolare». Eravamo stati invitati a una festa con Parola, Rava, Mazzola... E quindi mi sembrava il caso di fare un po' la ruota. Ma lei mi guarda come se fossi un matto, non capisce. Aveva un vestito rosso e le scarpe coi tacchi. Be', la lascio perdere e me ne vado, vagamente offeso. Poi, qualche giorno dopo, la rivedo sulla spiaggia e me ne innamoro. E così Rosy diventa mia moglie. , Quindi le mondine, con tutto quel calcio da giocare, con là famiglia che cresceva... La vita ha portato un taglio netto con quel mondo? No, è come se non ci fosse mai stato distacco. Quei giorni li ho rivissuti mille volte, con gli occhi di mio cugino, dei contabili, nei racconti di Gianfranco Andenna, il direttore che ho poi trovato alla Veneria quando ho attaccato le scarpe al chiodo. La Veneria della Lignana era una tenuta di 800 ettari, a 12 chilometri da Vercelli, sulla strada per Crescentino e apparteneva alla famiglia Agnelli. Di Riso amaro hanno girato solo gli esterni, perché il Senatore aveva fatto la rivoluzione: docce, bagni, una ristrutturazione completa. E l'immensa cascina era diventata un hotel. De Santis, la Mangano, Vallone e Gassman avevano bisogno di qualcosa di più eroico... Già, camerate all'antica, uno sull'altro. Così per gli interni sono andati un po' più in là, alle Selve di Salasco. Parliamo di quei tempi, magari con l'aiuto di Andenna. Mille mondine, ma ci pensate? Per dieci mesi l'anno erano schiave di padri e di mariti padroni. Contadini, si sa. Con le loro regole, le loro abitudini, i loro tabù. Poi d'incanto, il riso, la libertà, 50 giorni di lavoro massacrante, ma pieno di gioia. Lo sapete quanto guadagnavano? Siamo negli Anni Cinquanta, non lo dimenticate: 250-300 mila lire a testa, quasi cinque milioni di oggi. Su cui aggiungere un quintale e mezzo di riso, di fagioli e di grano. E quale maschio di famiglia avrebbe rinunciato al guadagno di un anno intero? Ma sono tutte vere le storie che si raccontano? Sulla strada per Tronzano c'era un ponte, alpunt di doni niudi, il ponte delle donne nude. Sotto c'era il canale. Verso le cinque di sera, al tramonto, arrivavano le mondine, si spogliavano, si gettavano in acqua e si lavavano il fango di un giorno di lavoro. Facevano come erano abituate a casa loro, dove il ruscello o la roggia era il loro bagno privato. Figurarsi: trenta, quaranta donne, belle, giovani, muscolose, col viso e le braccia riarse dal sole, tutte insieme, a spruzzarsi, a prendersi in giro, a parlare di morosi e del ballo della sera. La gente intanto passava tranquilla... Be', tanto tranquilla no. C'erano certi mosconi che ronzavano intorno... Ma loro niente, semmai li stuzzicavano, li invitavano a scendere, a mostrar coragr gio, a far vedere che erano uomini. E chi abboccava? Povero lui. Una nuvola di amazzoni gli piombava addosso all'improvviso, gli toglieva i pantaloni, la camicia e tutto il resto. Poi, come minimo, finiva in acqua mentre i vestiti venivano nascosti lontano, sotto un pioppo o in una tana. Eh, quelle erano donne che non andavano mica tanto per il sottile, guai a capitare sotto le loro mani, anche se soltanto per scherzo. Poi calava la notte... E incominciavano i balli. Occhiate, sorrisi, segnali: tanto erano manesche nel rio, tanto diventavano civette sull'aia. Si formavano le coppie, si scioglievano, si ricomponevano: arrivava un giovanotto con la scopa in mano, la abbandonava al cavaliere e si portava via la donna, in un tumulto di risa e di scherzi. Sotto gli occhi dei vecchi che battevano le nocche sui tavoli per segnare il tempo, le mani strette una nell'altra, in ricordo di una gioventù piena di amori e di felicità. Ma non finiva lì... Già, finiva dietro i covoni, nei prati, sotto la luna. Era normale. Moralità contadina un po' spiccia, se vogliamo, ma naturale per chi era cresciuto con gli animali nella stalla, con la vacca che partoriva dopo che il toro l'aveva montata sotto gli sguardi attenti dei bambini. E poi erano donne di Romagna, venete, mantovane, allegre, senza senso del peccato. Alcune avevano i fratelli, ognuno però badava bene a rifugiarsi in un fienile diverso. Occhio non vede... Come si reclutavano le mondine? C'erano i collocatori che avevano i contatti. Chiedevano: quante te ne servono? E te le procuravano. Per le aziende più grosse, come quella del Senatore, partivano gli intendenti. Ma c'erano anche molti «padroni» che si mettevano in viaggio da soli. Perché? Volevano scegliere. Quei cinquanta giorni dovevano essere memorabili. Ogni tanto, nel mucchio, finiva anche qualche professionista dell'amore. Un sistema come un altro per tenere su la compagnia, per rompere il ghiaccio. Quanti padroncini e figli di padroncini erano già con le braghe giù prima ancora che i camion si fermassero sull'aia... Spesso erano le madri a consigliare le figlie: siate carine con loro, è il migliore sistema per farsi sposare, per diventare padrone... Tuttavia non convolavano soltanto i proprietari terrieri... No. Si sposavano un po' tutti. Quante mogli che non parlavano piemontese, quanti figli... Alla Veneria, in tempo di monda, c'era persino un asilo e molti erano i nati dell'anno prima... Chi non si sposava subito, finiva per andare a trovare le fidanzatine al mare di Rovigo o di Ravenna, durante le «ferie», per chiedere di persona il consenso ai parenti. Non le sembra un mondo rurale un po' troppo idilliaco, senza drammi, senza gelosie... No, era proprio così. A rompere le uova nel paniere erano solo i giovanotti di città, che arrivavano sulle loro auto luccicanti, pieni di cromature e di soldi. Qualche dura scazzottata, qualche gomma tagliata, ma poi finiva tutto lì. La campagna prendeva sempre il sopravvento. Comunque, non poteva durare all'infinito... Già, come il calcio. Improvvisamente finisce tutto. Quel periodo coincide con l'inizio della mia terza vita, per cui i ricordi diventano di nuovo miei, personali, e finiscono quelli di Andenna. L'Italia nel frattempo è diventata ricca, industrializzata. Nelle campagne - siamo ormai tra il '60 e il '65 - si sta meglio, non c'è più bisogno di cedere figli e mogli. Ormai le mondine vengono solo dalla Calabria, ne servono meno, 40-50 e poi il Sud è geloso, velato, crea problemi mai immaginati prima. Così parte la modernizzazione e cambia tutto... Sì, la Veneria diventa un'azienda modello, visitata da giapponesi e russi. Passano gli elicotteri coi diserbanti, volando rasi, sul pelo dell'acqua. Sono il primo a usarli. Riorganizzo anche l'irrigazione, guadagno terreno, niente più rivoli grandi e inutili, la terra tutta allo stesso livello. Faccio record di produzione: 35 mila quintali. Ma non vedo più il riso. Perché? Dai silos alle macchine, sette mietitrebbia, cassoni, essiccatoio, di nuovo silos e poi camion. E chi vede più il riso? Rimpianti? No, solo bei ricordi. Come el Biund, il Biondo, il cavallo della mia infanzia, che non aveva bisogno di essere guidato. Si fermava agli incroci, guardava a destra e a sinistra, poi con uno scatto superava la strada e continuava fino alla stazione di Momo. Lì girava tutto intorno, fino al posteggio delle carrozze, e si fermava. Poi ci riportava indietro, ci scaricava davanti a casa e andava fino alla stalla per i fatti suoi. Ma avrà pure un ricordo più intimo, più personale... Il primo consiglio accettato da mio padre. Le donne zappavano nel campo e chi portava l'acqua incominciava dal capofila. Ma così si fermavano tutte, perché era lui a dettare il ritmo e il lavoro non riprendeva finché anche l'ultima non si era dissetata. «Incomincia dal fondo», gli dissi. Lui lo fece e io diventai adulto. Grande risparmiatore fin da piccolo... Tranne che a caccia. In risaia mettevamo il sangue del porco, anche se era vietato. I beccaccini picchiavano nei riflessi dell'acqua, al primo sole e tu sparavi sullo zag quando loro erano ancora sullo zig: 500 cartucce per tre fucili. Quante volte siamo rimasti a secco e abbiamo svegliato l'armaiolo per farcene dare altre mille... Nostalgie? La città è una cosa, la campagna è un'altra. Ancora oggi detesto mettere la firma sotto i contratti. Preferisco una battuta sulla mano, come si usava al mercato: resti impegnato per tutta la vita. D'altra parte, io rimango quello che, a ogni gol, si faceva dare una vacca da Agnelli. Andavo alla fattoria, dove oggi c'è la Fiat Rivalta, e ne sceglievo sempre una gravida. Un giorno il fattore telefona all'Avvocato e gli dice: «Il me ciapa i vachi più beli!». Sapete lui che cosa gli ha risposto? «Ma lasci fare, è Boniperti...». Piero Soria «Come la Mangano, a dozzine. Al tramonto, per fare il bagno, tutti al ponte delle donne nude. Scherzi egiochi, a sera i balli, poi dietro i covoni, sotto la luna» pg Gcpttdcdzcdn Sopra Giampiero Boniperti con la maglia della Juventus. A fianco le mondine in un'immagine degli BONIPERTI Sopra Boniperti oggi, con i nipoti. Nella foto a fianco, a caccia con amici. «In risaia mette/amo il sangue del porco, anche se era vietato. I beccaccini picchiavano nei riflessi dell'acqua e noi sparavamo»