I Sette giocano la difficile carta del Gatt di S. 1.

I Sette giocano la difficile carta del Gatt L'OCCIDENTE A CONSULTO Passi in avanti sui negoziati dopo l'incontro tra Bush e Kohl, ma l'accordo resta lontano I Sette giocano la difficile carta del Gatt L'Europa preme sugli Usa, Londra si candida come mediatore MONACO DAL NOSTRO INVIATO Se, per salvare questo vertice '92 minacciato dall'inconcludenza, i Sette dovranno mostrare qualche risultato della cooperazione economica, si tratterà piuttosto del Gatt. Fino a ieri l'altro («un accordo non pare ancora maturo», dichiarava Kohl), sembrava che solo un miracolo avrebbe potuto sbloccare questi negoziati sulle tariffe e sulle barriere che ostacolano il commercio mondiale. Si trascinano da anni, per apparire con regolarità, sotto la forma di un «auspicio a concluderli prontamente», a tutti i G7. Ogni volta si ripete che, se cadessero tutte le barriere, molti Paesi poveri camperebbero meglio esportando i loro prodotti agricoli, in Europa costerebbe meno il pane e in Giappone il riso. Forse c'è una parte di mes"■"icena, risultato di grandi sforzi diplomatici. Però un qualche cambiamento di umore pare di percepirlo davvero. L'altra sera, nell'incontro bilaterale tra George Bush e il presidente francese Frangois Mitterrand, potrebbe esserci stato qualche progresso. Non è poco, data l'irritazione degli agricoltori francesi che protestano proprio contro quei mutamenti alla politica agricola Cee che potrebbero aprire la strada a un accordo Gatt. E se Kohl diceva che «l'Europa un passo avanti l'ha fatto, ora tocca agli Stati Uniti», ieri il Wall Street Jour nal, portavoce del mondo degli affari americano, invitava per l'appunto Bush a non essere rigido e a cogliere la palla al balzo. «C'è stato in effetti un riavvicinamento - conferma il portavoce di Mitterrand, Jean Musitelli - soprattutto nel senso di una migliore comprensione dei punti di vista rispettivi». Nella giornata di ieri la Gran Bretagna, tra i Paesi europei quello per cui il problema agricolo è meno importante, si è impegnata in una intensa opera di mediazione. «Le posizioni non sono inconciliabili. Un ponte si può gettare» dichiara il ministro degli Esteri britannico, Douglas Hurd. «Sì, si è più vicini alla conclusione di quanto alcuni possano pensare» sostiene il portavoce del governo tedesco, Dieter Vogel. Al centro del Gatt stanno i limiti alle esportazioni agricole e i sussidi alle produzioni agricole che ne distorcono il commercio tra Paese e Paese. In Europa i prezzi agricoli fissati a un livello alto permettono la sopravvivenza di molte aziende familiari. Il problema vero è che i voti degli agricoltori sono essenziali agli equilibri politici sia in Germania sia in Francia come (nonostante il loro scarso numero) negli Stati Uniti. Con il piano di riforma della propria politica agricola, la Cee si è impegnata a ridurre in tre anni del 29% i sussidi alla produzione di cereali e del 15% quelli alla carne. Ma anche negli Stati Uniti l'agricoltura è sussidiata in vari modi, per una spesa complessiva di oltre 10 mila miliardi l'anno. Naturalmente sarà impossibile un accordo dettagliato prima delle elezioni americane di novembre. Però forse possono esserne gettate le basi. Dietro le quinte, i contatti sono proseguiti per tutta la giornata di ieri, tra i rappresentanti degli Stati Uniti e quelli della Comunità europea. La schiarita decisiva però non c'è stata. Solo al massimo livello politico la si potrà trovare, forse stamattina nell'incontro tra George Bush, il presidente della Cee Jacques Delors e il commissario Cee alle relazioni internazionali Frans Andriessen. [s. 1.]