La spada dei Sette cala sulla Serbia

La spada dei Sette cala sulla Serbia In un vertice dominato dall'incertezza la Jugoslavia sembra l'unico tema senza contrasti La spada dei Sette cala sulla Serbia / Grandi minacciano un intervento per Sarajevo MONACO DAL NOSTRO INVIATO A conclusione del 18° vertice annuale dei Sette Paesi più industrializzati del mondo, iniziato ieri nella capitale della Baviera, dovrebbe essere approvato un documento politico separato sulla Jugoslavia, definito da un diplomatico tedesco «una spada di Damocle» sulla testa della Serbia. In pratica, il G7 starebbe per fare propria la posizione assunta la scorsa settimana dai Paesi europei a Lisbona, che indicava la possibilità, se necessario, di «un'azione militare» a protezione dell'iniziativa umanitaria a favore della Bosnia, pur sottolineando «la priorità dei mezzi pacifici». Ma l'accento - e questa sarebbe la novità - dovrebbe cadere soprattutto sull'idea di costruire un corridoio protetto, dalla costa a Serajevo, per garantire l'arrivo di un volume di aiuti superiore a quanto consenta l'attuale ponte aereo appoggiato su un piccolo aeroporto. E in tal caso, gli Usa sarebbero pronti a inviare truppe di terra per scortare i convogli. Per il momento, questo, a parte gli incontri con Eltsin sugli aiuti alla Russia, si preannuncia come l'acuto di un vertice che qualcuno ha battezzato «il vertice dell'incertezza». Tra tutti, il più incerto, soprattutto in riferimento al G7 di Londra dell'anno scorso, dove arrivò all'apice del suo successo, appare George Bush. Il Presidente degli Stati Uniti non sembra aspettarsi granché da Monaco e, comunque, non ha alcuna intenzione di spingere su nessun tema in agenda. Alla sua estemporanea proposta di allargare il G7 a un G8 con la partecipazione permanente della Russia, tutti hanno reagito freddamente. Il tedesco Helmuth Kohl ha invocato «prudenza», l'inglese John Major ha detto che, semmai, Eltsin potrebbe partecipare «uria1 volta ogni tanto», i giapponesi, pensando soprattutto alla loro insoddisfatta richieste di restituzione delle isole Curili, hanno detto che la Russia «non è pronta». Bush ha lasciato cadere l'argomento. Appena arrivato a Monaco, il Presidente degli Stati Uniti ha ricevuto a cena nel suo «quartier generale», l'Hotel Sheraton, il francese Francois Mitterrand. «Discussione forte e franca», ha detto il portavoce di quest'ultimo, Jean Musitelli. Il tema caldo, ovviamente, resta la costituzione di una forza militare europea a base franco-tedesca, che gli americani vedono, quantomeno, con diffidenza, temendo uno svuotamento della Nato. Ma non è, per Bush, il momento di approfondire un contrasto mentre sta per affrontare in posizione di debolezza elezioni molto difficili. Questa vigilia getta un'ombra anche sul negoziato Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade), ai quali gli americani tengono molto, anche se, per sbloccarlo, dovrebbero fare qualche concessione per il momento impossibile. Gli agricoltori americani potrebbero arrabbiarsi an¬ che di più di quelli francesi e Bush pagherebbe il conto. Del resto, Bush appare in difesa anche sulla proposta europea di costituire un fondo iniziale di 700 milioni di dollari per «ripulire», in parte distruggendoli in parte ristrutturandoli, gli impianti nucleari civili nell'exUnione Sovietica, così malmessi che i francesi calcolano al 100% la possibilità di una nuova Cernobyl nei prossimi anni. Gli americani non se la sentono di infilarsi in un'altra «spesa senza fondo» e parlano vagamente di 100 milioni di dollari, che però vorrebbero gestire in un rapporto bilaterale. D'altra parte, i; giapponesi abbassano la loro quota a 25 milioni di dollari. Gli europei, più esposti al pericolo, dovranno caricarsi il grosso del peso sulle loro spalle. Nell'improbabilità di manovre decise sui tassi per stimolare lo sviluppo, sui quali gli americani non sono in condizione di insistere quanto vorrebbero, l'attenzione si concentra quindi su quel grande problema che si chiama Jugoslavia. Ieri, il fotografo ufficiale del vertice, che doveva ritrarre i sette grandi insieme per la foto di rito al palazzo di Wittelsbach, aveva dei problemi di inquadratura. I sette continua-, vano a rimanere così distanti l'u-, no dall'altro, che non entravano nel suo pur potente grandangolo. Paolo Passarmi