I diritti del critico, l'«eroismo» dei fan

I diritti del critico, l'«eroismo» dei fan LETTERE AL GIORNALE IL LUNEDI' DI O.d.8. I diritti del critico, l'«eroismo» dei fan Mamme rock Egr. sig. Del Buono, sono una torinese di 38 anni, madre di un ragazzo di 14 anni, titolare di un'avviata società che cura le promozioni aziendali e cattolica professante, tutto ciò per dirle che sono una cosiddetta persona rispettabile e, visto il taglio del suo giornale, degna di essere perlomeno ascoltata. Con vostro grande stupore, le dirò che ho assistito con grande gioia e molta emozione allo stupendo concerto dei Guns'n'Roses svoltosi sabato 27 giugno allo Stadio delle Alpi e motivo di questa mia risentitissima lettera. Leggendo l'articolo di domenica 28 giugno firmato da Gabriele Ferraris mi sono resa conto che voi affidate articoli a giornalisti non preparati sull'argomento, visto che confondono «rumore a 25.000 watt» con autentico e buon rock paragonabile a quello ormai passato alla storia dei grandi Deep PurpleLed Zeppelin, tanto per citarne alcuni. Probabilmente abituato ad ascoltare Toto Cutugno, giacca e cravatta, e che ti parla di domenica italiana, o un Al Bano e Romina, rispettabile coppia consacrata con prole perfettamente in linea con lo standard medio-borghese, il signor Ferraris non ha saputo ascoltare con cultura musicale né con le orecchie dategli in dotazione a suo tempo, ma soltanto con gli occhi foderati da un pesante strato di perbenismo. Certo, i ragazzi con capelli lunghi, giubbotti neri o magliette con scritte provocatorie sono, per forza, delinquenti ma lui non ne conosce nessuno e, talmente preso dai suoi moralismi, si è dimenticato di raccontare nel suo articolo quanti hanno passato il pomeriggio davvero come una festa, giocando a pallone, ridendo, scherzando e con nessun incidente (neanche uno!), cosa che non capita più neanche nel rispettabilissimo calcio domenicale... Silvana Sisto, Torino Gentile signora Sisto, la sua lettera che parrebbe scritta non da una signora prossima a'ia quarantina ma da una ragazzina di quattordici anni (è un complimento, non una obiezione) consta di due grandi fogli riempiti fitti fitti da una giovane calligrafia. Ne pubblico tutto il primo, dato che nel secondo lei, natu¬ ralmente, non cambia idea, anzi aggrava la sua disapprovazione. Capisco benissimo che si possa non andar d'accordo con i critici, ognuno ha diritto al proprio parere, e, come vede, le ho dato subito la parola. Ma non capisco affatto perché quando si dissente dal parere di un critico, lo si debba subito giudicare incompetente e accusare di essere amico di Toto Cutugno, Al Bano e Romina e di altre infamie e oscenità quali l'ascolto, anziché con le orecchie, con gli occhi foderati, esercizio che suppongo scomodo e doloroso. Non capisco affatto perché si rivolga a va., dandomi del voi e attribuendomi la scelta dei critici che le vanno di traverso. Quello è compito solo del direttore e di altre gerarchie, a queste dovrebbe rivolgersi. E ancor meno capisco perché, secondo lei, la sua dichiarazione che le è piaciuto il concerto del 27 giugno dovrebbe destare il mio «grande stupore». Questa è vera presunzione, perché il rock pia¬ ce anche a me sebbene abbia quasi il doppio dei suoi anni dichiarati, e non vedo cosa ci sia di irrazionale, di eroico, di anticonformista, insomma, nell'andare a un concerto rock. [o.d.b.] Padri della patria Egr. sig. Del Buono, leggo che «l'obiezione di coscienza è da salvare» secondo un'invocazione contenuta in una lettera inviata dalle associazioni volontaristiche e pacifistiche al presidente Scalfaro, quale garante della Costituzione, affinché la legge rinviata al Parlamento da Cossiga venga rapidamente approvata. In effetti nessuno mette in dubbio il principio dell'obiezione di coscienza. Quello che le dette associazioni vogliono è il riconoscimento del «diritto soggettivo» alla obiezione. Il che significa che, mentre ora la dispensa dal servizio militare è considerata un'eccezione e viene concessa a chi ne fa domanda a seguito di una valutazione, dopo, ad avvenuto riconoscimento del «diritto soggettivo», per la dispensa basterà la semplice domanda. Non mi dilungo sulle conseguenze abbastanza evidenti di una legge siffatta, chiaramente incostituzionale, non esclusi grossi profitti da parte delle stesse associazioni in termini di disponibilità di personale e di finanziamenti se la legislazione in loro favore avrà i desiderati sviluppi. Sarà anche la fine dell'istituzione miliare, almeno così come è oggi conce-' pita. Sono ormai lontani i tempi in cui le FF AA. avevano il privilegio di educare i giovani cittadini; oggi la grande disequazione è palpabile: da un lato mancanza di ideali e confusione - alimentata dall'insistente susseguirsi di movimenti scoordinati tra loro, come ad esempio l'ultimo che riduce il numero degli arruolati a 15.000 coscritti senza aver varato ancora il nuovo modello e in mancanza di professionisti -, dall'altro nobiltà di intenti, volontariato e chiesa. Poiché la Costituzione, scrìtta dai padri della patria, all'art. 52 sancisce che la difesa della patria è sacro dovere del cittadino (la prima difesa è contro i nemici interni: sfiducia e disgregazione) e che il servizio militare è obbligatorio; poiché il presidente Scalfaro, luì I stesso un padre della patria, è tenace difensore della Costituzione; poiché egli da buon piemontese ha già dato dimostrazione di nutrire profondo il senso dello Stato, mi auguro che sappia e voglia difendere la Costituzione anche sotto questi aspetti magari ricordando agli stessi militari la delicatezza e l'importanza della loro missione. generale Paolo Matucci, Firenze Gentile generale Matucci, permette che un ex marò s.v. da tempo lontano dagli obblighi militari le confessi di non averci capito molto nel balletto dell'o- biezione di coscienza eseguito con molte varianti e molte figure brutte più che belle nell'ultimo scorcio dell'era Cossiga, per cui ogni giorno risuona qualche sospiro di nostalgia dei soliti bastian contrari? Non ci ho capito molto, come non ho capito molto nel mio servizio militare: presentatomi alle armi nell'estate del 1943 per l'Italia schierata da una data parte, già prima dell'inizio ufficiale dell'autunno 1943 mi son trovato abbandonato dai miei ammiragli e dai miei diretti superiori in fuga, in un'Italia schierata da una parte tutta diversa. Per fortuna che gli ex alleati mi fecero prigioniero e mi impedirono di dover scegliere costringendomi ad aspettare la liberazione da parte degli ex nemici di cui eravamo diventati alleati. Purtroppo, l'idea di patria, così, mi si è confusa un poco. E poi, ora, non dovremmo avere solo una patria comune chiamata Europa, anche se non riesco a immaginarla? [o.d.b.]

Luoghi citati: Europa, Firenze, Italia, Torino