Gino & Michele rivoluzione e cabaret

Gino & Michele rivoluzione e cabaret le coppie. Dal '68 ai best seller: i due scrittori satirici raccontano le loro avventure Gino & Michele rivoluzione e cabaret MILANO DAL NOSTRO INVIATO Ancora non è risolta la controversia se il panino l'abbia inventato Enzo (Jannacci) o Domenico (Gattullo), se sia cioè una trovata poetico-letteraria o invece un'intuizione commercial-gastronomica. Di sicuro il modello «muratore» è spuntato direttamente dalla fantasia di Beppe Viola: bologna (nel senso di mortadella) e grana, o - in versione invernale - gorgonzola. Prezzo al banco lire tremila (di oggi), qui da Gattullo, barpasticceria di Porta Lodovica, dove all'ora di pranzo si incontrano più bocconiani che poeti e infatti - proprio per loro hanno inventato il panino «bocconi»: bresaola elaborata e incoia, prezzo al banco lire cinquemila. Per non litigare sulla controversia Gino & Michele prendono rispettivamente prosciutto & melone e un'insalata di riso, birra Corona (che va di moda, ma soprattutto è leggera) e tante grazie al Gattullo dietro al bancone di questo locale culto degli Anni Sessanta milanesi, dove si celebravano riti rintracciabili solo in una gigantografia che sta proprio accanto alla vetrina dei panini: ecco Jannacci, e Viola, Bruno Lauzi che sembra un bambino... E accanto la descrizione di un panino, firmata Beppe Viola che comincia così: «Il materiale impiegato per la confezione di uno "special" potrebbe risolvere i più gravi problemi di alcuni Paesi del Terzo Mondo...». Vendite record nel loro piccolo Viola è morto da dieci anni («Porca vita...», scrisse Gianni Brera nel coccodrillo), Jannacci passa di rado, Gino & Michele se la passano benissimo, seduti sulle cifre record di vendita delle «formiche nel loro piccolo...» (uno e due), anche perché adesso il campionato di «fantacalcio» è finito, Smemoranda va avanti quasi per conto suo, l'estate incombe e qui a Milano, al fondo di corso Italia, a due passi dalla darsena, c'è un'afa che toglie le voglie. Arrivano a distanza di minuti, perché Gino va in auto, Michele in vespa e già da questo si capisce che non sono uguali, ma molto diversi, complementari - si direbbe - proprio come nelle coppie ben riuscite. Gino faceva il terzino nella squadra del Preziosissimo Sangue, Michele l'ala (allora «pura») in quella della Madonna della medaglia miracolosa. Poi Gino è andato alla Bocconi a studiare economia; Michele alla Statale a imparare pedagogia. Gino si è sposato con una del giro (Giusi Trevisini) e ancora adesso vivono insieme; Michele si è sposato con una che non c'entrava niente e adesso si sono separati. Diversissimi, Gino basso, duro, freddo, scientifico; Michele alto, sorridente, caloroso, casuale. Guardali lì, in quella foto del millenovecentosettanta, piazza Duomo, sotto lo striscione «gli studenti contro la repressione e la scuola di classe»: Gino ha il giubbotto e somiglia molto a Toni Renis; Michele eschimo e anfibi d'ordinanza, assomiglia a Fabio Treves. Siccome sono educati - come dice Oreste del Buono - non parlano mai insieme, ma tutti e due usano sempre il «noi» e raccontano che il meccanismo di coppia felice ormai funziona così bene che ognuno scrive per conto suo, una cosa per l'altro, e poi la firmano tutti e due, e quasi non si riconosce chi l'ha scritta. Che partita sotto il vulcano Anche lo stile, oltre il sentire, si è fuso dalle due persone reali a quella virtuale di Gino & Michele: il primo pezzo per il Corriere, «Storia di una mazzetta», l'ha scritta uno solo. Chi? «Non te lo diremo mai». Davvero una coppia felice, mai un litigio, nemmeno una settimana di separazione, neanche una fidanzata rubata (a meno che qualcuno non se ne sia accorto). Soltanto adesso capita che facciano qualche vacanza divisa. Ma guarda quell'altra foto, anno 1980, isola di Stromboli, campo di calcio in sabbia vulcanica, facce nere come quelle dei carbonai: c'è Paolo Rossi (anche lui di Smemoranda), Gabriele Salvatores e naturalmente Gino & Michele. Da quando? Chi lo sa. Sulla testa di tutti e due è passata la mano del cardinal Montini, allora arcivescovo di Milano, all'inizio degli Anni Sessanta, negli oratori, centri pulsanti del grande cuore cattolico ambrosiano. Gino ricorda che dopo la benedizione ci fu la partita, aveva la maglietta nuova e invece di correre gli sembrava di volare. Poi si sono incontrati alla Statale, matricole di Università, perché lì affluivano tutti i fiumi del Movimento, Bocconi compresa: era l'anno 1969, inizio del 1968 italiano. E fu subito cabaret. «Cercavamo di essere divertenti, di far ridere». A imitazione dei Gufi, in concorrenza con i Gatti di vicolo dei Miracoli: Gino & Michele, Andrea Bolla (che adesso è un consulente finanziario «notevole»), Ignazio Sigurelli (ora un direttore della Zignago), Giorgio Landi (dirigente industriale). Anche per questa loro predisposizione li avevano messi nella Commissione artistica del Movimento e la sera andavano nelle fabbriche occupate a can^tare, ma con l'obbligo di diffondere le «canzoni di lotta» (palestinesi, vecchia resistenza, etc) e di mettere nel coro non i più intonati, ma i compagni di più generosa militanza. E gli operai? «Ci tiravano dietro i panini. Era la contraddizione del Movimento...». Una sera al 77 il padrone del locale gli ha raccontato che era venuto Nanni Svampa a vederli e alla fine aveva detto: «Complimenti». Quando sono arrivati al successo e lo hanno conosciuto davvero, lo Svampa, glielo hanno chiesto; lui ha detto che non era vero niente. E pensare che Gino &• Michele ci avevano campato raccontandolo agli amici. E' capitato poi che Michele si è laureato in Lettere e pedagogia con una tesi su don Milani e le scuole popolari, trovando un posto di lavoro alla Emme edizioni di Rosellina Archinto; mentre Gino si è fermato a un certo punto della Bocconi, ma ha trovato anche lui quasi subito lavoro, in una fabbrica dell'hinterland: controllava la gestione e si definiva un ragioniere politico. «La nostra vita era ormai quella, poteva anche diventare definitiva». Ridevamo come pazzi Però il boom delle radio private non li coglie impreparati, d'altra parte Michele ha continuato a raccogliere dischi e ormai la sua collezione è ragguardevole: tutto quello che la musica leggera ha prodotto negli ultimi 10-15 anni e così i due si presentano a Radio Milano Centrale che sarebbe poi diventata Radio Popolare a proporre una trasmissione di musica, lì dove prevaleva la militanza e l'ideologia dura e pura, unica musica concessa Inti Mimarli e Ivan della Mea. La proposta lascia perplessi, l'ironia sulla sinistra non l'aveva ancora mai osata nessuno. Il direttore Piero Scaramucci («Bravissimo, ma tristissimo») li sottopone ad un esame politico: ascolta silenzioso una prova di trasmissione, poi dà il via ma si raccomanda: «Non esagerate». La trasmissione si chiama Passati col rosso, ha successo, è un culto nei piccoli numeri, nascono gruppi di ascolto nonostante sia collocata il lunedì sera, quando tutta l'Italia domestica si siede davanti a Rai 1 per il film: ma lì, per la prima volta, la generazione del '68 rideva su se stessa, «i nostri vezzi, le nostre manie». E così l'idea si perfeziona nel quiz «Do you remember sixty eight?», ti ricordi il '68? Domande sul tipo: Il 25 aprile del 1969 ci fu una manifestazione! per il diritto allo studio; si do-! manda: qual era la composizione della terza fila da sinistra? Le risposte, inframmezzate da! qualche «ehm» di meditazione:' Landini, Landucci, Landoni... Concorrenti finti, naturalmente: Michele Cucuzza, adesso conduttore del Tg2, Vera Montanari detta la «perla di Labuan», ora direttrice di Marie Claire, Nini Briglia, ora direttore di Epoca, Raimondo Boggia, adesso alle relazioni esterne Fiat, Biagio Longo, ora in Fininvest. «Ci divertivamo come pazzi». Gino & Michele sono ormai «adulti». Oreste del Buono li porta a Linus, Maurizio Chierici (senza conoscerli) acquista a sue spese per tutti i giurati del Viareggio-satira il loro primo libro Rosso un cuore in petto mi è fiorito (ed. Savelli) che vince così il premio. Pier Augusto Macchi li fa scrivere sul Corriere d'informazione, intanto fanno testi per la televisione, poi arriva Tango e infine Cuore, continua la televisione, Antonio Ricci, Drive In, Matrioska, l'Araba Fenice (che si può considerare un antenato di Avanzi), ma continua soprattutto la perpetuazione del gruppo, della catena, degli amici dispersi e recuperati. Quando Gabriele Salvatores chiama Paolo Rossi, Rossi cerca Gino & Michele. Per lui, ancora adesso, scrivono quasi tutti i testi degli spettacoli; quando Rossi non è in giro per serate, li si può trovare tutti e tre nella stanza giochi della Smemoranda intorno al biliardino da tavolo. Il loro marchio, dice Michele, è una specie di autobiografia di una generazione: «Il nostro zoccolo duro sono quelli nati tra il '48 e il '52, passati attraverso a tutte le riforme incompiute della società italiana: la scuola media, gli esami di maturità, il servizio militare. Abbiamo gli stessi gusti: noi scriviamo per divertirci e si divertono anche loro». Però, dice Gino, a un certo punto, tre o quattro anni fa, si sono accorti che veniva loro dietro anche un pubblico ben più giovane: «Una sera sono andato al cinema a vedere Mediterraneo di Salvatores e mi sono accorto di essere il più vecchio nella sala strapiena del Colosseo». Pensiamo, dice Michele, che siano gli stessi ex quattordicenni di Smemoranda che in pochi anni è passata da 300 copie a 600 mila: «L'ultima generazione ha un gusto per la satira più spiccata rispetto al passato, pur essendo anche attenti ai contenuti di impegno civile, anche se poi votano lontanissimi da noi e tra loro. Ma lì si sa che ormai è imprevedibile». Tutte le domeniche dell'Inter a San Siro; alla sera quando si può allo Zelig di viale Monza dove sono direttori artistici; tra qualche anno tutti in Liguria, dove in dodici (sempre il gruppo) hanno comperato un borgo da ristrutturare, Fossa Lupara. Per prima cosa, dicono, si faranno i campi da tennis e le sale gioco. Lo zio Jannacci Adesso gli ex miti sono diventati vicini, accessibili, perché non sembra, ma quella Milano lì è piccola. Jannacci, che per Gino & Michele è stato l'ispiratore, non proprio un papà, ma certamente «uno zio», adesso lo vedono tutti i martedì sera dalle 8 alle 10 nella palestra di via Pasteur dove lui con la sua cintura nera insegna karaté e «non quello eia gasati». Subito dopo, tutti al Calafuria di viale Padova per la pizza: chi li vuole vedere e provare a risolvere la controversia sul panino (Gattullo o Jannacci?) può andare lì. Cesare Martinetti Il nostro pubblico è nato tra '48 e '52, deluso da troppe riforme incompiute, Abbiamo gli stessi gusti: noi scriviamo per divertirci E si diverte anche lui A fianco Bruno Lauzi in una foto giovanile. Sotto Nanni Svampa dei «Gufi», il gruppo di cabaret a cui Gino e Michele si ispiravano m m w

Luoghi citati: Fossa, Italia, Liguria, Milano, Milano Centrale, Zignago