Su quelle Caravelle le colpe dell'Europa di Furio Colombo
Su quelle Caravelle le colpe dell'Europa IN AMERICA Su quelle Caravelle le colpe dell'Europa CNEW YORK IELO grigio e nebbia fitta, la mattina del 4 di luglio, quando New York celebra i 500 anni della scoperta dell'America con una grande parata di velieri di fronte alla Statua della Libertà. Le navi sono splendide e farà piacere agli italiani sapere che la Amerigo Vespucci, la nave scuola italiana, è stata giudicata «la più bella» dai giornali popolari, dal «New York Times» e dai commentatori delle tv. La nebbia e la mancanza di vento, che hanno dato alla mattina una strana atmosfera alla Conrad, avranno indotto molti a fare quello che ho fatto io, restare a casa e, quando sullo schermo non passavano navi della maestosa bellezza della Vespucci (ma le navi argentine, cilene, spagnole offrivano confronti superbi), a cambiare canale. A quell'ora di un giorno di festa, infuria la democrazia della comunicazione via cavo: decine di stazioni locali, di università, di quartiere, di gruppo etnico, di minoranze, di lingue, di culture diverse. Quella mattina imperversava il processo a Cristoforo Coloni- bo, nemico della civiltà, invasore di un Continente che prima di lui era un paradiso, autore di genocidio, repressore della fede degli altri, dittatore crudele, portatore di malattia, di schiavitù, di dolore. Nelle dirette delle grandi reti tv vedevo i velieri splendidi, con musica di grande orchestra in sottofondo, bandiere di tutti i Paesi, le cannonate a salve della Marina americana. E avrei potuto pensare che c'è una grande America e una piccola America. Quella grande era intenta alla celebrazione. Quella piccola era immersa nel brusio di una contestazione marginale e folkloristica. Ma non è'vero. Nelle stazioni locali via cavo erano presenti studiosi e storici delle migliori università americane che già da mesi, con i loro libri e pamphlets, hanno aperto le ostilità a Colombo. Tutto ciò non ha toccato la grande celebrazione. Ma sarà stata soltanto la nebbia a tenere lontana la folla che si era riversata sui moli di New York in altre occasioni, come i 200 anni della Statua della Libertà? In una,delle piccole stazioni tv c'era un frate cappuccino, che continuava a offrire nuove «prove» della crudeltà di Colombo contro gli indiani. Anche in altre stazioni c'erano preti cattolici, quasi sempre, come il frate, di origine «ispanica», caraibici, portoricani, centroamericani, latino-americani, tutti rappresentanti di culture che - con disprezzo - chiamano «europei» i bianchi degli Stati Uniti. Accanto ai professori, accanto ai reverendi, che stanno portando la croce dall'altra parte dello sbarco di Colombo, ho visto nelle ministazioni via cavo leaders di quartiere e protagonisti della politica locale, specialmente neri e asiatici. Ma non riesco a liberarmi dall'impressione che quel brusio che scorre sotto la sfilata delle magnifiche navi non sia secondario, non sia un'America minore. Le voci ufficiali si tengono alla larga, ma lo spirito è questo. L'America comincia a restituire freddezza all'Europa. Colombo è un simbolo, processato per convenienza. Il vero imputato è il legame, culturale e politico, con «il vecchio mondo», che viene sentito sempre di più come un impedimento per il futuro. Non c'era vento, il 4 di luglio. Ma nel porto di New York stava cambiando la storia. Furio Colombo
Persone citate: Amerigo Vespucci, Cristoforo Coloni, Vespucci
Luoghi citati: America, Europa, New York, Stati Uniti
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