Laudrup 2: nasce il nuovo Bayern

Laudrup 2: nasce il nuovo Bayern Dunga, accantonato, guasta la festa con roventi dichiarazioni dal Brasile Laudrup 2: nasce il nuovo Bayern «Non farò come mio fratello, vincerò anche qui» FIRENZE. E' il giorno del «principe nordico», di Laudrup 2 «la vendetta». E di Firenze, che annuncia di voler entrare in Europa e che si aggrappa al suo campioncino continentale; che fa volare palloncini colorati nel cielo e organizza una megapresentazione della squadra di Radice nella piazza simbolo della città: Santa Croce. Ma è anche il giorno in cui, oltre al miele estivo del calcio, resta in bocca l'amaro della polemica. Vittorio Cecchi Gori annuncia ufficialmente il taglio di Dunga, inutile ai nuovi schemi della Fiorentina. Il brasiliano, in vacanza, replica di essere stato fatto fuori perché non aveva accettato il ruolo di spia all'interno della squadra. Una querelle triste e pericolosa. Ma iniziamo dai festeggiamenti, da Brian Laudrup che arriva in Italia per vendicare il fratello maggiore, prima sedotto da Lazio e Juve e poi abban¬ donato. Un ragazzo pallido e celestiale quanto il fratello, carino tanto da suggerire a Vittorio Cecchi Gori l'ipotesi di fargli girare un film. Laudrup ha affrontato la nuova realtà con insospettata grinta. Che abbia veramente maggior cattiveria del fratello? I fiorentini lo sperano. Brian ha stretto la mascella per rendere grintoso quel suo volto da eterno ragazzino: «Mio fratello non ha sfondato perché è arrivato troppo giovane in Italia. Io da tre anni gioco all'estero, sono pronto e più forte. Vincerò anche in Italia». Non teme i nostri difensori: «Picchiano? Io picchio quanto loro». Si appoggia a Effenberg, amico e gemello: «Con lui ricostruiremo l'asse del Bayern. Stefan più indietro, io in attacco. In Svezia ha giocato bene, mi è piaciuto anche perché ha perso la finale». Ha rivelato passione calcistica per l'idolo locale: «Antogno- ni è il mio mito del passato». E poi ha scherzato su Van Basten: «E' il campione di oggi. E grazie per quel rigore sbagliato». Ha mostrato di non aver capito gli antichi contrasti tra fiorentini e juventini: «Michele mi ha spiegato, ma non ho afferrato il problema». Infine ha sponsorizzato Batistuta: «E' diverso da me, faremo una coppia eccezionale». Invece ha capito tutto del calcio italiano. Al punto di non scandalizzarsi del caso Lentini e degli agguati fiorentini di cronisti e fotografi: «In Italia il calcio è tutto, accetto questa logica». Il tutto condito dai siparietti dei Cecchi Gori pronti ad interloquire a ogni domanda, fino all'ultima, quasi irriverente. Dopo che a Brian Laudrup era stato chiesto perché amasse tanto i vini italiani, Vittorio Cecchi Gori, scherzando sui cori dei tifosi avversi al proprio tecnico («Gigi beve e non lo di¬ ce»), ha anticipato: «E' stato consigliato da Radice». Fin qui i festeggiamenti del nuovo protagonista dei sogni viola. Subito dopo il violento scontro tra il vice presidente e Dunga. Vittorio Cecchi Gori ufficializzava: «Dunga è un campione ma non rientra più nei nostri schemi. Mandarlo in tribuna sarebbe mortificarlo, maglio cederlo, può dare tanto a club che fanno della lotta la loro ragione calcistica. Con i "passaggetti" (riferito al gioco di Dunga e Iachini, n.d.r.) si fanno al massimo 30 punti». Dunga ha replicato sdegnato dal Brasile: «Avevo e avevano ricevuto offerte da club importanti in Italia, Francia e Spagna, invece mi mettono sul mercato solo adesso, quando i giochi sono fatti. Se accetterei l'Udinese? Io non ho problemi, mi basta giocare, e poi in Italia tutte le squadre sono importanti. Si vede che non piaccio ai Cecchi Gori. C'è gente che vuol sentirsi dire cose che ha in testa e Dunga, invece, dice solo quello che pensa. Forse ho pagato il fatto di non essermi fatto manipolare, non ho fatto il confidente, la spia. Ma preferisce cambiare la squadra piuttosto che tradire i miei compagni». Scontro durissimo, che continuerà. Il problema saranno i miliardi della buonuscita. Alessandro Rialti Brian Laudrup (a fianco) è stato presentato ieri a Firenze da Cecchi Gori: il danese non teme i difensori italiani «So picchiare come loro»