L'Italia ha perso la faccia

L'Italia ha perso la faccia BASKET Clamoroso tonfo a Saragozza: con la Croazia 46 punti di scarto L'Italia ha perso la faccia Gli azzurri danno l'addio all'Olimpiade dopo un altro match disastroso Gamba decide di non dimettersi: «Ora siamo nel fango, ma ne usciremo» SARAGOZZA DAL NOSTRO INVIATO Ci sarebbe voluto un record perché l'Italia potesse lasciare un segno a Saragozza, ma non è arrivato nemmeno quello, soltanto sfiorato: 62-108 contro la Croazia, 46 punti di scarto, il massimo subito dalla Nazionale dopo il 48-96 del 17 giugno '55, contro la Cecoslovacchia agli Europei di Budapest, quando Gamba era azzurro. Così anche la matematica ha finito di illuderci: siamo definitivamente fuori dall'Olimpiade. Non può più nemmeno aiutarci la Spagna, i cui nazionali hanno protestato, in tribuna, contro il terzo straniero: a Barcellona vanno Lituania, Croazia e Csi; Germania e Slovenia si giocano l'ultimo posto disponibile. Noi, sesti. Un'Italia inguardabile ha rinunciato a combattere dal primo minuto, rassegnata più che ipnotizzata da una Croazia che mescolava i quintetti (Kukoc fuori nel 10 tempo, tanto riposo anche per Petrovic e Radja). Per dare un'idea dell'ignobile prestazione degli azzurri basterà ricordare alcune cifre: 2/27 al tiro in 13' (8-28 il punteggio), nove canestri in tutto il primo tempo, 28 punti segnati (con un cesto pesante da metà campo a fil di sirena). Distrutti in attacco, dove Vrankovic distribuiva equamente stoppate a lunghi e piccoli, sbeffeggiati in difesa, nella ripresa c'era la resa incondizionata. Tra gli azzurri si vedeva anche il turista Cantarello mentre restava misteriosamente in panchina Costa (ma non sarebbe cambiato nulla, per carità) con l'infortunato Bosa; per noi il pallone sembrava una scivolosa e sconosciuta saponetta, per i croati un oggetto da giocolieri. Inutile dedicare altro spazio agli azzurri, muti e immusoniti più per le critiche che per i risultati. E fa quasi compassione vedere un Gamba distrutto che tenta di spiegare l'ennesimo, terribile ko. Il citi che, due giorni fa, giurava di sentire la squadra ancora reattiva, parla ora di senso di impotenza, ma non è disposto ad arrendersi quando si ipo¬ tizza che non riesca più a trasmettere grinta alla squadra, che debba passare la mano: «Certo, anch'io perdo con la squadra, mi fa male vedere che non si riesce a giocare con energia, ma non penso ad andarmene: voglio la rivincita. Allenare la Nazionale è stata la favola della mia vita: non mollo quello per cui ho lottato. Non getto la spugna. Adesso siamo nel fango, ma ne usciremo». Purtroppo però si tratta dello stesso fango di quattro anni fa, quando a Rotterdam perdemmo l'autobus per i Giochi di Seul. E adesso questo risultato negativo, il peggiore per una federazione, si è ripetuto. «Nell'88 in Olanda fu diverso ricorda Gamba -: restammo fuori per la differenza canestri, ma non c'erano rivali così forti e numerosi. Qui abbiamo compromesso tutto contro la Slovenia, poi la Germania ci ha affossati. Una lezione che comunque servirà ai giovani di questa Italia in rinnovamento». Ma qui il citi, che ha ragione quando lamenta il poco lavoro che viene dedicato da certi allenatori di club ai loro giocatori o che sottolinea la differenza atletica (anche qui, poco lavoro) tra noi e tanti avversari, ci convince assai meno: difficile parlare di Nazionale rinnovata quando le uniche due vere novità si chiamano Fucka e Cantarello. Il problema, semmai, è trarre il massimo da quanto si ha a disposizione. Come fa Skansi con i croati, che non son certo tutti campioni; quello Skansi che ha portato lo scudetto a Treviso con Rusconi e Vianini titolari. E forse per questo, in Italia, non è simpatico a tanti. Ma vince. Guido Ercole Anche Gamba (foto) è sotto accusa assieme a tutti gli azzurri: non riesce più a trasmettere la voglia di lottare alla squadra, ria il et dice: «La Nazionale è stata la favola della mia vita e non ho alcuna intenzione di gettare, la spugna proprio ora. Voglio prendermi delle rivincite»