Per l'esercito scatta la missione Farouk

Per l'esercito scatta la missione Farouk Il ministro Andò progetta spedizione di contingenti nelle regioni a rischio criminalità Per l'esercito scatta la missione Farouk Truppe inviate in Sardegna alla ricerca dell'ostaggio COSTA SMERALDA DAL NOSTRO INVIATO Forse arriverà anche l'esercito. Sarà sempre come cercare un ago in un pagliaio, ma si sa, mille occhi vedono più di due. O almeno dovrebbero. E per trovare quell'ago, che è poi Farouk Kassam, un bimbetto di otto anni prigioniero dei briganti da 172 giorni, non sarebbe disdicevole impiegare anche i ragazzi in grigioverde. Per questo Salvo Andò, neo-ministro della Difesa, socialista, ha valutato non peregrina l'idea di mandare truppe in Sardegna e ha chiesto allo stato maggiore un piano per «continue attività addestrative». Nell'isola come in altre zone a più alto indice di criminalità, che significa, soprattutto, l'area vesuviana e gli emergenti «poli» criminali pugliesi in mano alla «Sacra corona unita». Esperimento non nuovo, questo dei soldati di leva e dei carabinieri inviati nelle plaghe dove meno si avverte la presnza dello Stato, già tentato in Aspromonte con risultati giudicati non negativamente. Del resto, l'iniziativa, avvertono al ministero della Difesa, «si prefigge di esprimere concretamente la solidarietà dello Stato nei confronti delle popolazioni locali (anch'esse vittime di un fenomeno di minoranza), di vitalizzare il territorio caratterizzato da bassa densità di insediamento, di fornire anche un concorso "indiretto" alle forze di polizia attraverso un accentuato controllo del territorio e un'implicita limitazione dello spazio di manovra della malavita organizzata». Ma quanti soldati andranno ad aggiungersi agli 8 mila uomini delle forze dell'ordine attualmente nell'isola, dei quali 3200 della poiizia di Stato? Naturalmente, il numero è segreto militare, ma il ministero fa sapere che si tratterà di «un forte afflusso di reparti dell'esercito dal continente e prevedrà attività di campagna che saranno comunque intese a non causare particolare disagio alle popolazioni, nei confronti delle quali sarà invece stimolato un processo di reciproca, intensa socializzazione con i reparti militari». Ma nelle terre del silenzio, in Barbagia e nell'Ogliastra, come reagirà la gente all'arrivo delle truppe? Davvero a Orgosolo, che chiamano la capitale del silenzio, qualcuno soffierà nelle orecchie di un ufficiale in grigioverde l'informazione giusta? O accadrà a Lula, a Bitti, ad Arzana? Davvero cederà a una richiesta del genere, chi finora ha resistito alle lusinghe del denaro che, a quanto pare, è stato promesso agli informatori? «Tutto quello che si fa, è positivo», osserva l'avvocato Giannino Guiso, di Nuoro, che è stato difensore oltreché di Renato Curcio anche di Graziano Mesina ed ha un'enorme esperienza. Ma subito dopo aggiunge: «Certo, è una cosa ben fatta perché il territorio va governato». E le eventuali battute? «Utili, purché i soldati vengano condotti da gente che conosce bene i luoghi. Anche se rimane il rischio che si passi vicino alla grotta o al rifugio senza vederlo. Per esser chiari: non esistono speranze che riescano a trovare il bimbo, a meno di un colpo di fortuna. Soprattutto ora che la situazione appare incancrenita. E più c'è movimento tantopiù si ritarda la scarcerazióne perché quelli si chiudono a nido d'aquila. Dunque, non è che esistano grosse possibilità: queste sono operazioni che non s'improvvisano. Eppoi, qui in Sardegna, tutti quei soldati rischiano di creare una presenza fastidiosa». Si trepida per Farouk e forse si tratta nella massima discrezione: troppi canali sono sfumati per improvvisi colpi di testa e i banditi, già sospettosi per costume, anzi, in questo caso, malcostume, paiono diventati ancora più cauti. E i tempi si allungano, crudelmente. E Vittorio Ierinò, calabrese, considerato il capo della banda che rapì Roberta Ghidini, e suo cognato Franco Cosimo dal carcere di Brescia ha inviato una lettera aperta al «Giornale di Brescia» nella quale, fra l'altro scrivono, rivolti ai briganti di Sardegna: «Voghamo farvi presente che siamo stati anche noi rapitori ma, come tutti sanno, abbiamo liberato l'ostaggio perché anche noi abbiamo bambini e di questo gesto siamo orgogliosi e per questo vi preghiamo vivamente di fare lo stesso. Pensiamo che anche voi che tenete in ostaggio il piccolo Farouk avete bambini: guardate i vostri figli negli occhi e vi renderete conto della sofferenza che prova un bimbo segregato. Vi preghiamo vivamente di liberarlo, così tornerà il sorriso sulle sue labbra e su quelle dei suoi cari. Solo così vi accorgerete che l'orgoglio è più forte di ogni altra cosa, denaro compreso». Chi non dimentica è il piccolo Marco Fiora, di Torino, che, rapito nel 1988 rimase più di un'eternità in mano ai sequestratori: 540 giorni. Dopo aver offerto i propri risparmi per contribuire alla cifra del riscatto, oggi ad «Ambiente Italia», Rai3, leggerà una lettera nella quale ricorderà quando «uomini cattivi hanno trasformato un dono della natura in una prigione, privandomi della libertà, nascondendomi nella folta vegetazione, facendosi scudo con l'ambiente per raggiungere i loro scopi criminali. Il contatto con questa natura aspromontana, che sui banchi di scuola ho sempre ammirato è stato per me molto triste, il cinguettio degli uccelli, il belato delle pecore, il ronzio delle zanzare erano dei rumori lugubri che mi facevano rabbrividire. E oggi il pensiero che un altro bambino viva le mie stesse paure di allora mi fa star male». E altri bambini trepidano. «Farouk tieni duro», diceva ieri uno striscione in testa a un corteo di 800 bimbi per le strade di Bolzano. «Farouk, gridavano, vorremmo che tu fossi qui, insieme a noi». Vincenzo Tessandori E il rapitore di Roberta Ghidini scrive ai banditi «Guardate i vostri figli negli occhi e liberatelo» Il piccolo Farouk Kassam è da gennaio nelle mani dei rapitori che gli hanno anche tagliato il lobo di un orecchio. Sopra il ministro della Difesa, Salvo Andò, che vuole portare i soldati in Sardegna