La stagione della Scala Muti dirige Don Carlo

La stagione della Scala Muti dirige Don Carlo Quattro nuove produzioni e il balletto La stagione della Scala Muti dirige Don Carlo E l'ente lirico presenta i conti: in pareggio, aspettando la legge MILANO. Valutazione realistica dei limiti economici imposti dalla situazione generale, soddisfazione per la stagione appena conclusa, saluto al direttore artistico Cesare Mazzonis che da oggi passa al Maggio Fiorentino: questa, in sintesi, la conferenza stampa di presentazione del cartellone. Alla Scala subentrerà Piero Zedda, che se n'è stato per tutto il tempo zitto e molto attento. Senza questo cambio, spiega il sindaco Giampiero Borghini, anch'egli sul piede di partenza da Palazzo Marino, le stagioni presentate sarebbero state due, «l'una complementare all'altra, nel senso che nel 92/93 la Scala avrebbe tirato il fiato, risparmiando e lavorando in vista del 93/94; così invece, si è preferito delimitare nel tempo le scelte, soprattutto per riguardo alla libertà del nuovo direttore artistico, e mettere a punto in modo più collegiale il programma dell'anno prossimo». Emozionato e salutato da lunghi applausi, Mazzonis legge un intervento molto asciutto, denso di dati; per la prima volta in 12 anni di Scala, rinuncia al riserbo rispondendo sia agli insulti rivoltigli da un giornale sia alle critiche negative formulate da un critico. Il sovrintendente Fontana ricorda che il pareggio del bilancio '91 è stato possibile grazie a un aumento di 3900 milioni delle entrate di botteghini; il numero medio di spettatori per serata è passato da 1409 a 1669, ma rimangono alcuni problemi seri, primo fra i quali la mancanza di una normativa apposita per La Scala. Ulteriori spese comporterà il rinnovo del contratto integrativo: «Le trattative sono in corso, ed è prevedibile che saranno dure. Quando le distanze fra le parti si riveleranno enormi, chiederò un confronto pubblico». Per la lirica, in cartellone quattro nuove produzioni e una coproduzione: a Sant'Ambrogio «Don Carlo» di Verdi, diretto da Muti, regia di Zeffìrelli e Pavarotti protagonista; il 29 gennaio '93, «Beatrice di Tenda» di Bellini, sul podio Viotti, regia, scene e costumi di Pier'Alli, con Ceci¬ lia Gasdia; il 27 aprile «Federa» di Giordano, direttore Gavazzerà, regia di Puggelli, con Domingo e Carreras; il 6 maggio, al Lirico, «Carillon» di Aldo Clementi, direttore Pesko, regia e scene di Barberio Corsetti; in coproduzione con il festival di Schwetzingen, il 13 luglio «Tancredi» di Rossini, direttore Daniele Gatti, regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi. Le riprese consistono in «Don Giovanni» di Mozart (6 marzo), «Pagliacci» di Leoncavallo (1 aprile), «Oberon» di von Weber (14 maggio), «La strada» di Nino Rota (19 maggio), «Falstaff» di Verdi (21 luglio). L'annunciata valorizzazione del balletto vedrà da un lato Muti dirigere «Le baiser de la fée» di Strawinsky, coreografia di Balanchine, interpreti Alessandra. Ferri e Oriella Dorella, dall'altro salire a 54 il numero di recite alla Scala. Oltre a «Le baiser de la fée», proposto in singolare abbinamento con «Pagliacci», i nuovi allestimenti saranno «Onegin» di Ciaikovskij (11 febbraio, con Carla Fracci e Oriella Dorella) e una carrellata di coreografie italiane contemporanee, presentata con La strada. Nel corso della stagione saranno pure ripresi la novità «Cristoforo Colombo», su musiche di Donizetti elaborate da Francesco Sodini, «Lo schiaccianoci» e «Il lago dei cigni» di Ciaikovskij. Dall'autunno all'estate si alterneranno poi i concerti diretti da grandi nomi, fra cui Claudio Abbado con i «Berliner Philharmoniker» (15 febbraio). «E così forse si smetterà di dire che sono io a porre veti ad Abbado», interviene Muti con l'abituale franchezza venata di ironia, «così come, del resto, quando Abbado era a Milano si sosteneva l'inverso. Chi si inventa sempre trame e retroscena, dispetti e ritorsioni dovrebbe sforzarsi di allargare un poco la sua visuale, di non giudicare soltanto con il proprio metro. Oggi il mondo è vasto, tutti noi dirigiamo dovunque, prima o poi ciascuno è ospite dell'altro». Ornella Rota

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