Francia ostaggio dei camionisti
Francia ostaggio dei camionisti I leader della protesta: «Nuove barricate», il 60% della gente li appoggia Francia ostaggio dei camionisti Città sotto assedio, chiudono le fàbbriche Tir selvaggio, giorno quarto. Poche migliaia di camionisti hanno preso in ostaggio la Francia, fatto chiudere benzinai, fatto abbassare le saracinesche a rivendite di frutta e verdura, fatto sbarrare i cancelli di stabilimenti. A Grenoble, l'impianto chimico Rhóne-Poulenc e la fabbrica di trattori Caterpillar hanno messo in libertà gli operai. Prima era stata la volta della Peugeot di Sochaux-Montbeliard, che ha mandato a casa oltre 11 mila lavoratori. Anche Renault e Citroen sono in difficoltà. Simbolo di «città-martire» è diventata Lione, da cui non si entra e non si esce. Il sindaco Michel Noir è disperato, perché scarseggiano le medicine. Il bollettino del blocco è drammatico. Caen è irraggiungibile. Lilla paralizzata. Così le due strade d'accesso a Le Havre. Per Bordeaux è semiparalisi. A Tolosa si passa col contagocce. Marsiglia conserva qualche spiraglio. Parigi mantiene un canale con il mondo esterno grazie alla tangenziale Sud. Le scene si ripetono: code, ingorghi, automobilisti intontiti, turisti spaventati, merci che marciscono nei camion (a Carpentras, si sono dovuti liberare nello stadio 300 maiali che, dopo una prigionia di tre giorni, agonizzavano). Mentre la camera di commercio di Marsiglia prevede l'imminente «asfissia economica del Sud-Est», a Parigi, ieri pome- riggio, è cominciata la trattativa tra camionisti e governo. Ma prima di sedersi al tavolo del negoziato, il premier Pierre Bérégovoy ha fatto sapere che, comunque, la patente a punti tanto invisa agli autotrasportatori non si tocca. Sulle strade si è replicato a muso duro: «Rafforzeremo le barricate». Il quartier generale di Tir selvaggio è Senlis, sulla «A-l», a Nord dell'aeroporto Charles De Gaulle. Uno dei capi è un certo Nanard. Faccia larga, occhi azzurri e un gran paio di baffi. Non si fa pregare due volte a dire la sua. Si slaccia la cintura dei pantaloni e li abbassa con gesto plateale. «Il governo è proprio questo che vuole, ma non cederemo», dice a «Liberation». I compagni gridano cori di «sììì». Adesso, dopo 96 ore, sono a corto d'acqua e di soldi. I loro camion sono ammassati l'uno contro l'altro, un serpentone multicolore da migliaia di tonnellate immobile sotto un sole da 30 gradi. «Non avevamo organizzato nulla», giurano a «Le Monde». E' stato nella mattina del 29 che un gruppo di camionisti si è incontrato sull'autostrada Parigi-Lilla e ha deciso di realizzare quel blocco del traffico di cui si mormorava da un paio di settimane. Il mugugno è diventato parola d'ordine. Sono arrivati sotto un viadotto e hanno spento i motori a sei e otto cilindri. «Adesso ci siamo rotti». La Francia, da quel momento, ha cominciato a fermarsi. Eppure, un sondaggio di «Le Parisien» ha rivelato ieri che il 60% dei francesi è dalla parte dei camionisti. Anche loro temono quella patente, che può essere ritirata dopo poche infrazioni. La prima vittima illustre è stata la cantante Veronique Sanson, condannata a un mese di prigione per guida in stato di ubriachezza (e dire che il suo ultimo disco si intitola «Solo Acqua»). Giustifico le paure degli automobilisti francesi - si è schierato, a sorpresa, il presidente dell'Aci Rosario Alessi - «perché il sistema adottato, con soli sei punti, è di tipo terroristico». Gabriele Beccaria Coda di autobotti all'ingresso di una raffineria a Gennevilliers. In alto, un blocco stradale a Pont St. Esprit, nel Sud [foto ap-epa]
Persone citate: Charles De Gaulle, Gabriele Beccaria Coda, Michel Noir, Pont, Poulenc, Rosario Alessi
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