Riina in Sicilia, l'avvocato nei guai

Riina in Sicilia, l'avvocato nei guai Avviso di garanzia per favoreggiamento. Il Vaticano: nelle case è entrata la tracotanza mafiosa Riina in Sicilia, l'avvocato nei guai «Ha protetto il superboss» PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' bufera sul caso Rìina, dopo le dichiarazioni dell'avvocato Fileccia, che ha ammesso di aver incontrato più volte in Sicilia il capo di Cosa Nostra latitante da 23 anni. Il procuratore della Repubblica Pietro Giammanco ha affidato al sostituto Ignazio De Francisci della Direzione distrettuale antimafia un'inchiesta. E all'avvocato Fileccia è stata inviata un'informazione di garanzia: l'ipotesi, è di favoreggiamento. De Francisci ha acquisito ritagli di giornali, cassette televisive e dispacci delle agenzie che mercoledì si sono occupate del caso. E Fileccia? Tenta di ribaltare sui giornalisti la responsabilità del gran clamore. Nel replicare a un severo commento dell'«Osservatore Romano» sotto il titolo «Una provocazione per l'intero Paese», il difensore di Riina sostiene di essersi limitato a rispondere «per educazione» a una giornalista della Rai che gli poneva alcune domande, nega di aver cercato di essere intervistato, aggiunge che la presenza di Riina in Sicilia è nota da tempo un po' a tutti. «Ammesso che vi sia stata provocazione non è a me imputabile», prosegue Fileccia. L'Osservatore Romano è stato duro: «Le parole del legale - è scritto nell'articolo - suonano come una sorta di atroce sberleffo. Ma c'è chi sostiene che attraverso le dichiarazioni dell'uomo di legge vi sia qualche sinistro segnale lanciato dalla mafia. Nelle case è entrata così la tracotanza della mafia. Un sinistro atteggiamento di sfida». Imbarazzato, preoccupato per la piega che la situazione potrebbe prendere, Orazio Campo presidente della Camera penale e docènte di Procedura penale all'Università, ha annunciato la convocazione deE'awocato Fileccia. Una versione abbastanza realistica l'ha data a Palazzo di giustizia il sostituto procuratore Roberto Scarpinato segretario di Magistratura democratica a Palermo: «I boss - ha ricordato non possono lasciare il territorio pena la perdita del loro potere, come dimostra, solo per fare un esempio, la vicenda di Antonio Salamene che fuggito in Sud America fu subito sostituito al vertice da Bernardo Brusca». Ma questo è proprio quanto accadde, molti anni fa, allo stesso Riina che rimasto in Sicilia, pur già latitante, rimpiazzò Luciano Liggio che si nascose prima in Puglia, poi in Lombardia dove organizzò l'«Anonima sequestri». E a Corleone cominciò a dettar legge Riina che dunque, ora, può aver voluto far sapere in giro «a nemici e amici» come ha detto il sostituto procuratore Gioacchino Scaduto: «Io sono qui, non riuscite a prendermi», sicuro così di rafforzare il suo potere. Per questo motivo, Sca-, duto ha parlato di un «duplice messaggio» che Riina ha lanciato come «una provocazione ver- so l'esterno». «Messaggi più o meno oscuri, di difficile lettura», è la riflessione dell'avvocato Pietro Milio che ha scelto da tempo da quale parte stare, diventando patrono di parte civile del Comune di Palermo nei maxi-processi a Cosa Nostra e assumendo analogo ruolo nel processo in tribunale a Patti alla mafia di Tortorici. «La sfida continua ha sottolineato Milio - e ce ne accorgiamo tutti i giorni. Il risultato è l'incertezza, le stragi». Autorevole conferma che Salvatore Riina è vivo, anzi diventato robusto a 63 anni, in perfetta salute, era stata data dai «pentiti» Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno e Francesco Marino Mannoia. Gli ultimi due, che erano stati più recentemente a Palermo mentre «don Masino» era già da anni fra Stati Uniti e Brasile, avevano riferito a Giovanni Falcone e agli altri investigatori antimafia che Riina girava nelle strade di Palermo su un'automobile blindata scortato da uomini «armati fino ai denti», precisazione questa fatta da Contorno. E Mannoia aveva detto di avere incontrato il boss dei boss ripetutamente a Palermo «fino alla fine degli Anni 80». Una prima volta Riina fu latitante per oltre sei anni dopo che nel 1958 fu accusato con Liggio di aver assassinato in un agguato il capomafia di Corleone Mi¬ chele Navarra, medico, direttore dell'ospedale «dei Bianchi» del paese a 70 chilometri da Palermo, insieme con il medico Giovanni Russo estraneo alle cosche, che aveva ottenuto un passaggio da Navarra sulla sua Fiat 1100 e morì crivellato con lui da oltre 100 colpi di mitra e lupara. Riina fu assolto, Liggio invece ebbe l'ergastolo che sta ancora scontando. Poi Riina scomparve e nel 1969 sparì definitivamente dopo essere stato assolto dall'accusa di un triplice omicidio. Fu scarcerato e partì diretto al confino nel Nord Italia il 7 luglio del 1969. Da allora è introvabile. Antonio Ravidà L'avvocato Fileccia (di fianco), difensore di Totò Riina (a destra) il Padrino di Cosa Nostra latitante da 23 anni. Il legale ha dichiarato che il boss è in Sicilia e che l'ha incontrato più volte