Rischia la condanna per falso in bilancio di Ugo Bertone

Rischia la condanna per falso in bilancio Rischia la condanna per falso in bilancio MILANO. La conferma arriva all'una, poco dopo il nuovo rinvio del processo agli amministratori della Cassa di Asti. Saverio Borrelli, procuratore della Repubblica di Milano, ha rimandato alla giunta della Camera dei deputati la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Giovanni Goria, neoministro delle Finanze nel governo Amato. La richiesta, a dire il vero, non è di ieri: il fascicolo è partito per Montecitorio alcuni giorni fa, probabilmente uno, massimo due giorni dopo l'incarico a Goria come ministro delle.Finanze e prima dell'arresto del segretario particolare di un tempo, Patrizio Sguazzi, presidente delle Ferrovie Nord. Stavolta il giudice non è Di Pietro. Né l'accusa riguarda fatti inediti più o meno collegati alle storie di Tangentopoli. Consolazione magra anche perché l'accusa è tra le più imbarazzanti per un ministro delle Finanze: falso in bilancio in merito ad una vicenda che ha portato al fallimento (e all'accusa per bancarotta fraudolenta) della società edilizia Bresciano. Né può consolare il neo ministro il fatto che le accuse riguardano una storia di sedici anni fa, quando il giovane Goria muoveva i primi passi in politica e faceva il sindaco alla Cassa di Asti. O il fatto che già due volte dal tribunale di Milano erano partite iniziative nei confronti di Goria. La prima bordata, infatti, risale al 16 dicembre dell'87, quando il giudice istruttore Giorgio Della Lucia inviò una comunicazione giudiziaria al parlamentare de; tutto sembrava chiarito, dopo la presentazione spontanea di Goria, ma contro la richiesta di archiviazione, sostenuta dall'allora pubblico ministero Guido Viola (ora fa l'avvocato) insorse lo stesso giudice istruttore. Di qui la richiesta di autorizzazione a procedere nell'89. Allora ci fu un forte dissidio tra giudice istruttore e procura, al punto tale che Viola non presentò nemmeno la requisitoria scritta d'accompagnamento. E l'autorizzazione a procedere, è stata restituita al mittente, la procura milanese. Saverio Borrelli, a questo punto, non ha perso tempo e ha già rispedito il plico a Roma. Particolare non da poco. L'iniziativa parte dallo stesso capo della procura mentre, in occasione della precedente richiesta, solo il giudice istruttore era per la chiamata in giudizio del ministro. Ma quali accuse pesano sul capo di Goria? La storia, che ha portato finora sul banco degli imputati quarantasei amministratori, funzionari e ispettori di Banca d'Italia risale alla metà degli Anni Settanta. Allora, per l'esattezza tra l'aprile del '75 e l'ottobre del '76, Goria assieme a Michele Rubano ed Elio Viarengo, ricopriva la carica di sindaco della cassa astigiana. Proprio in quegli anni prende il via una storia intricatissima: una società di costruzioni, la Bresciano, aveva ricevuto vari finanziamenti dalla Cassa salvo poi dimostrarsi incapace a rientrare, su richiesta dell'istituto, di un debito di 13 miliardi. E un'ispezione di Bankitalia, oltre a una relazione dei sindaci (tra cui Goria) avevano rilevato il buco nel bilancio della Cassa. A questo punto entra in scena Filippo Alberto Rapisarda, finanziere con un lungo curriculum penale, a suo tempo impegnato nel tentativo di acquisire la Venchi Unica. Secondo Rapisarda, alla Cassa qualcuno lo convinse ad utilizzare parte dei fidi per rilevare la Bresciano, tacendo le condizioni dell'impresa. E' l'inizio di una lite infinita, con alcuni sviluppi clamorosi, tipo l'arresto di dieci amministratori della Cassa, ordinato dal giudice istruttore per «impedire nuovi falsi in bilancio» perché, secondo il giudice, «da tempo vengono inserite nel bilancio a credito somme dovute al Rapisarda». E, secondo il giudice, quella relazione dei sindaci (tra cui Goria) è una delle cause di quel presunto falso continuato. Ugo Bertone ruio B'iCJF.H. (ììvifrrA

Luoghi citati: Asti, Milano, Roma