Addio alla Bomboniera
Addio alla Bomboniera Addio alla Bomboniera Il «Macario» ha i conti in rosso «Gli enti locali non ci aiutano» Giorni bui per la «Bomboniera», nome con cui Giovanni Arpino ribattezzò il teatro Macario di via Santa Teresa. Riaperto l'anno scorso, adesso rischia una nuova chiusura. Motivo? I conti economici non tornano: «Soprattutto perché gli enti pubblici non ci danno una mano» dice Giorgio Molino, il capocomico torinese cui si deve il tentativo di restituire il teatro ai vecchi splendori. Escluso dal fondo cittadino per il teatro («per mancanza di requisiti» precisa l'assessore Marzano), il teatro vive con i soldi del botteghino, il contributo statale e modesti aiuti degli enti locali: 25 milioni a fondo perduto più altrettanti di affitto dei locali, sostiene il Comune. Ma Molino replica che a conti fatti sono anche meno: «E da Regione e Provincia non ho visto una lira». Per lunedì mattina Molino ha convocato una conferenza stampa: «Spero ancora che in questi giorni qualcosa cambi. Sarebbe un peccato lasciar perdere, perché la stagione è andata bene: su un bilancio di un miliardo e 400 milioni abbiamo passività soltanto per il 30 per cento, nessun altro teatro arriva a questi risultati». Il «Macario» è specializzato in cultura regionale. Nella stagione ha ospitato compagnie liguri, siciliane, venete. E, naturalmente, la compagnia stabile di Molino. I risultati? «Eccoli: 166 rappresentazioni, per 3000 giornate lavorative, e ventiduemila spettatori». Cioè oltre 130 a spettacolo, su una capienza massima di 250 posti. Opera di maggior successo: «Che Quarantotto in casa Ciabotto» di Amendola e Corbucci, replicata per 65 volte.
Persone citate: Amendola, Corbucci, Giorgio Molino, Giovanni Arpino, Macario, Marzano, Molino
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