Lo Stato padrone non molla

Lo Stato padrone non molla Lo Stato padrone non molla : CI ROMA. Riuscire a privatizzare grandi industrie o banche di Stato sarebbe il test più significativo che un vero risanamento economico è cominciato. Cosi dice il direttore generale del Tesoro, Mario Draghi, e la svolta del governo Amato sulle privatizzazioni prende forma. Sulle grandi cifre sbandierate dal governo Andreotti (e non realizzate) si stende un velo. Le cessioni di aziende pubbliche a privati è invece importante farle bene e in fretta, come scelta di politica economica. Per sbloccarle, sarebbe bene affidarle a un organismo unico, con poteri che scavalchino le resistenze: come si è fatto in Gran Bretagna e in Francia. Le resistenze a privatizzare ci sono e sono forti, si è constatato ieri al convegno romano dove Business International ha invitato molti dei potenziali acquirenti delle azioni, i grandi investitori esteri. Una grossa fetta del mondo politico non vuole cedere le quote di maggioranza: è la posizione espressa da Luigi Cappugi, l'economista amico di Giulio Andreotti che presiede la commissione per la privatizzazioni. «Un atteggiamento sbagliato e antiquato, un attaccamento, alla "roba" da Mastro don Gesualdo» ribatte Nino Andreatta. fianco di prova le privatizzazioni rischiano di esserlo davvero, in senso negativo: Sabino Cassese, uno dei maggiori esperti di pubblica amministrazione, giudica l'attuale normativa «una commedia degli errori, dall'insuccesso scontato». A non voler trasformarsi in società per azioni aperte al capitale privato sarebbero i dirigenti dei grandi enti pubblici economici, perché detentori di un «sovrappiù di poteri». Draghi è consapevole dell'ostacolo, e proprio per questo propone l'«autorità» unica: «In nessun'altra area come in quella delle imprese e delle banche di proprietà pubblica si concentra un nesso tanto potente di interessi economici o politici. Romperlo, dotando il governo degli strumenti necessari perché il programma di privatizzazione possa procedere "in pilota automatico" senza la possibilità di ripensamenti, rallentamenti o altri impacci, darebbe il segnale più chiaro che la strada della stabilizzazione economica è diventata irreversibile». Più che a cercare affannosamente incassi, che darebbero dice Draghi - un contributo «trascurabile» alla riduzione del debito pubblico accumulato, la vendita di aziende pubbliche deve dichiarare ai mercati finanziari internazionali che l'Italia ha finalmente cambiato strada: «il varo di un programma di privatizzazioni ambizioso e concreto può dare il segnale che questa guerra d'attrito che finora ha impedito l'avvio di un serio piano di stabilizzazione è vinta». I vantaggi sui conti dello Stato verrebbero allora dal «ridur- si del differenziale di interesse tra l'Italia e gli altri Paesi europei, soprattutto la Germania». Però, anche una volta fatte le Spa ed emesse le azioni, non sarà facilissimo trovare compratori. Nel programma Amato c'è un accenno a «disposizioni per incentivare le nuove quotazioni» favorendo l'acquisto da parte delle famiglie; anche perché si preferisce un azionariato diffuso alla «mera distribuzione guidata a beneficio di pochi acquirenti». Draghi concorda. Andreatta invece non è sicuro che la proprietà diffusa sia sufficiente a indurre gli attuali dirigenti delle aziende ora pubbliche a gestirle meglio; per rendere appetibili ai privati quelle azioni, è urgente mvece cambiare i dirigenti, [s. 1.) Mario Draghi direttore generale del ministero del Tesoro Ha avanzato la proposta di un'autorithy per le privatizzazioni

Persone citate: Andreatta, Andreotti, Gesualdo, Giulio Andreotti, Luigi Cappugi, Mario Draghi, Nino Andreatta, Sabino Cassese

Luoghi citati: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Roma