Roma, Mele nuovo procuratore

Roma, Mele nuovo procuratore Roma, Mele nuovo procuratore E ilCsm trasferiswdlgiudiceCoci 9 OJR ROMA— <fr«h - DALLA REDAZIONE Vittorio Mele è il nuovo procuratore della Repubblica di Roma. Lo ha nominato il plenum del Consiglio superiore della magistratura con 24 voti favorevoli, tre contrari e tre astenuti. Al voto favorevole si è giunti dopo circa 4 ore di discussioni e la bocciatura di Michele Coirò, attuale procuratore aggiunto a Roma. Sessantatre anni, in magisratura dal '52, in Cassazione dal 1986, componente del Csm nel quadriennio 1981-1985, Vittorio Mele prenderà il posto di Ugo Giudiceandrea che lascerà l'incarico il 17 agosto per andare a far parte di un collegio giudicante. Il nuovo procuratore resterà al vertice del più importante ufficio giudiziario italiano fino alla primavera del '99. Il plenum ha deciso anche che il procuratore della Repubblica di Trapani, Antonino Coci, non ha più il prestigio necessario per svolgere funzioni giudiziarie in Sicilia. Deve andarsene in un'altra sede, fuori dall'isola. E nella nuova sede non potrà stare in uffici con funzioni penali mono- cratiche e direttive. In sostanza, il procuratore Antonino Coci potrà occuparsi solo di cause civili, e non in Sicilia. Questa la decisione presa dall'assemblea plenaria del Csm, chiamata a pronunciarsi sul cosiddetto «caso Trapani», innescato da un esposto al Consiglio superiore della magistratura del giudice Francesco Taurisano. Una «sentenza» dura, quella dell'organo di autogoverno della magistratura, che non lascia spazio al dubbio: il procuratore Antonino Coci non è adeguato per una sede ritenuta «calda» come quella trapanese, esposta allo strapotere della mafia. Per il trasferimento d'ufficio, proposto dalla prima commissione (disciplinare) con una relazione di Alessandro Pizzorusso, hanno votato 18 membri del Consiglio superiore. La votazione ha fatto registrare 7 astenuti e nessun contrario. Il vicepresidente Giovanni Galloni si è espresso per il trasferimento; tra gli astenuti il pg della Cassazione Vittorio Sgroi. Durante il dibattito - voluto dalla maggioranza che ha negato una proroga chiesta da Coci per } 32 i&^izì&i-'fy ? !'*fi?35b» ••'„ motivi di salute - non sono mancati giudizi severissimi sul procuratore di Trapani. Secondo Luciano Santoro, presidente della prima commissione, il comportamento di Coci si è rivelato, alla luce degli accertamenti e delle stesse audizioni dei protagonisti del «caso Trapani», inadatto «anche all'ultimo burocrate che svolge la più infima funzione dell'amministrazione dello Stato». E sulla presenza del magistrato alla guida della procura di Trapani è stato detto: «E' un fenomeno deprecabile, anche dopo la morte di Falcone, che personaggi di questo genere siano ancora magistrati». Cosa viene rimproverato al procuratore di Trapani? In una sola parola di aver adottato una linea molto particolare, che la prima commissione definisce ironicamente «dottrina Coci», incompatibile con l'esercizio di funzioni giudiziarie. Un altro addebito riguarda comportamenti «sintomi di un certo modo di concepire il proprio ruolo», inaccettabili per il Csm. In sostanza, Coci avrebbe pronunciato una serie di frasi, alcune ri- volte al giudice Francesco Taurisano, «il cui significato complessivo si risolveva, da un lato, nel consiglio (dato appunto al suo sostituto Taurisano, ndr) a non esporsi troppo, e, dall'altro, in una valutazione rassegnata del fenomeno della mafia e delle sue conseguenze sociali». Ma cosa ha detto Coci, capufficio, al suo collaboratore? Secondo quanto ha potuto accertare la prima commissione del Csm, in un'occasione il procuratore rimproverò un impegno eccessivo al giovane Taurisano, ammonendolo: «Non andare troppo avanti su questo terreno, perché così morì Ciaccio Montalto». II procuratore Antonino Coci

Luoghi citati: Falcone, Roma, Sicilia