Algeri, funerali con i mitra spianati di Enrico Benedetto

Algeri, funerali con i mitra spianati Accuse al vecchio leader deposto. Il killer del Presidente è un ufficiale dei servizi segreti Algeri, funerali con i mitra spianati Duecentomila in lacrime, «l'assassino è Chadli» ALGERI DAL NOSTRO INVIATO «Chadli assassino!». L'urlo parte da un nugolo di ragazzini. Pochi attimi dopo, l'hanno già ripreso le donne, che attendono il feretro sotto la Grande Moschea. Un militare, sempre più nervoso, brandisce in aria la mitragliatrice treppiede compreso, bandoliera dì cartucce al collo. Gli altri, appena dietro, innestano la baionetta sui fucili. La folla ondeggia. 11 caos è totale. Nessuno più conta gli svenimenti, le urla estatiche, gli accessi psicomotori che tarantolano giovani e vecchi. Muore Slimane Amirat, celebrato politico d'opposizione, commosso sino a una letale crisi cardiaca. Altri, una cinquantina, finiscono in ospedale. Niente sangue, anche se i lacrimogeni hanno lungamente crepitato: è solo l'afa di Algeri mista a un dolore che si fa rabbia. Per salutare Mohammed Boudiaf, uomo integro e Presidente da 161 giorni appena quando lunedì - il killer gli sparò nella vecchia Bona del colonialismo francese, ribattezzata Annaba, ieri la Città Bianca ha smesso di vivere. Negozi chiusi, un silenzio teso, migliaia di persone che affluiscono in lacrime lungo il percorso funerario. Quante? Certo non i due milioni che nel '78 accompagnarono alla tomba Boumedienne, ma neppure poche e insincere come presagiva il «Teheran Times»: almeno centomila, forse il doppio. La salma giace nella corte della Presidenza. Inscrutabile. Quelle raffiche scempiano troppo il viso. I visitatori trovano solo una bara avvolta dai colori nazionali. Ecco i vip come Spadolini e Dumas, ma - insieme - la gente semplice. Singhiozzi, preghiere, versi coranici. Attorno già preme una folla tumultuosa. Le forze dell'ordine non attendono altro. Martedì sera misteriosi commando hanno compiuto attacchi in almeno 5 quartieri. Obbiettivo, le sedi periferiche della gendarmeria. Islamisti? Forse, o solo provocatori. In ogni caso l'Haut Comité d'Etat (Hce), il governissimo che Boudiaf presiedeva, ora ridotto a quadrumvirato, teme il peggio. Quel cadavere da esibire nelle strade lascia figurare altre violenze omicide. Così la cerimonia dribbla il suo pubblico. Le autorità modificano l'itinerario per la Grande Moschea, il camion funebre (militare, con fiori in abbondanza e scorta d'onore) ingrana la terza seminando i pedoni. Per i giornalisti, lussuosi pullman, che a furor di popolo si fermano nei punti chiave. Pochi vedranno la tappa finale, il cimitero El-Alia, con Yasser Arafat che getta un pugno di terra, l'addio ufficiale. Ma il pubblico non si scoraggia. Foto, striscioni, ululati. Grida ostili contro gli integralisti di Abassi Madani, ma anche «Allah Akbar» e «Dawla Islamya», cioè il Corano al potere, e l'Inno della Jihad. Le forze antisommossa, bracciale e manganello, operano in prima linea. Dietro, l'esercito in versione da battaglia, Kalashnikov incluso: se qualcuno vuole la guerra troverà pallottole vere. Sulla Piazza dei Martiri lo scontro è quasi palpabile. Lo si evita per un soffio. Alle grida «Chadli assassino», la truppa sussulta. L'ex numero 1 algerino non le poteva udire. Da gennaio, quando si dimise nell'incapacità di far diga alla piena fondamentalista, vive defilato, in campagna. Per anni incarnò la nazione, figura patema e autorevole. Adesso lo si denuncia ormai come un Breznev maghrebino, immobilista pachidermico e corruttore. E una vox populi, ripresa negli slogan come sui media, vuole che i suoi uomini abbiano condannato a morte Boudiaf. Prove: nessuna. Ieri, però, il quotidiano francofono «La Nation» apriva con il titolo «L'assassinio era firmato Mafia». Cosa Nostra e le cosche siculo non c'entrano. Qui la parola significa: nomenklatura, apparatnik da socialismo populista, combine di vertice. Contro quest'idra, ben più tenace che quella islameggiante, l'ucciso lottava in grande solitudine. Qualche clan può non avere gradito che venissero messi in gioco equilibri e angherie antiche. Ormai la gente osa parlarne, qualcuno anche scriverlo. La stampa rivela persino che il premier Ghozali censurò personalmente il film-tv con l'omicidio. A qual fine? Nessuna risposta. Comunque la pista islamica rimane beninteso aperta. Aveva troppi nemici Mohamed Boudiaf nel Fis: qualcuno può ben avergliela fatta pagare. . . . E tuttavia ad Algeri l'atmosfera trasuda ambiguità. Sin dalle prime ore il mondo intero puntò l'indice contro il Fisf." Al contrario, l'Hce, che pure lo sciolse e potrebbe additare negli ultra islamici un facile capro espiatorio se ne guarda bene. Perché? Un'ipotesi è che nel post-Boudiaf si voglia gettare un fragile ponte verso i nemici di ieri. Il presidente impediva anche i più timidi approcci. Oggi quell'ostacolo non esiste più. Il nuovo leader, la cui nomina cadrà forse nelle prossime 24 ore, giocherebbe la carta riconciliatoria. Che sia il potente generale Khaled Nezzar, oggi ministro alla Difesa, il suo collega per gli Interni Lardi Belkheir o altri, poco importa: se non arriva una dittatura militare è facile che esordisca predicando il dialogo. Per ora, l'Algeria chiede invano dove sia finito il killer. Lo si diede per esanime all'inizio, poi fonti ufficiali dissero che era vivo e in arresto, mentre le guardie avrebbero freddato un complice (o sicario bis, non è chiaro). Però il governo ne tace nome, origini, eventuali confessioni, movente. E' di ieri sera la rivelazione che sarebbe un sottotenente del controspionaggio algerino. Probabile che qualcuno manipoli la vicenda. Il giallo sembrerebbe troppo macroscopico per venire nascosto. Invece accade. Forse le invettive contro Chadli Bendjedid nascono anche da questo furore, il sentire che la verità ufficiale è in fase di momtaggio a tavolino. Enrico Benedetto Due donne scosse dal dolore durante i funerali di Mohammed Boudiaf [foto ansa;

Luoghi citati: Algeri, Algeria