Guerra sul gioco del pizzo di C. Mal.
Guerra sul gioco del pizzo Guerra sul gioco del pizzo Conteso fra due gruppi d'inventori MILANO. C'era una volta Monopoli. Molte buone «probabilità» e rari «imprevisti» sullo sfondo di una Milano percorsa tutta, da vicolo Corto a parco delle Vittorie, dalle Ferrovie Nord alla Società elettrica, da una sana, onesta laboriosità. Certo, ogni tanto, capitava di finire «in prigione». Ma si usciva con un lancio di dadi doppi. Cambiate le regole, il gioco prima o poi doveva essere riveduto e «corrotto». Nasce così «Tangentopoli». Ad avere la stessa idea sono stati due giovani napoletani, Maurizio Landi e Mimmo Cardopatri, 26 e 23 anni, e uno studio editoriale milanese, la Aidia di Alberto Valeri. I giochi, per la verità, sono assai diversi. Landi e Cardopatri, che lavorano come giornalisti in piccole tv locali campane, hanno elaborato con l'aiuto del computer una macchina sofisticata e complessa: «Tangentopoli, la lunga corsa della corruzione». Con 160 caselle, due categorie di giocatori (Imprenditori e Politici), l'ombra minacciosa della magi¬ stratura e un beffardo ma rigoroso codice d'alleanze truffaldine per raggiungere lo scopo. Ovvero, essere rieletti nel Consiglio comunale (per i Politici), oppure aggiudicarsi l'appalto della Metropolitana (per gli Imprenditori). Il tutto destinato a un torneo pubblico, in programma la settimana prossima a Napoli, aperto ai veri protagonisti. «Abbiamo invitato onorevoli e costruttori, assessori e industriali. Qualche politico ha accettato. Gli imprenditori per ora no» dice Landi. «Il nostro fine era una ironica provocazione politica, non la commercializzazione del gioco» aggiunge». Ma alla notizia, apparsa sui giornali di domenica, è arrivata una orgogliosa replica dal Nord. «Se Tangentopoli è Milano, solo a Milano poteva nascere l'idea di farne un gioco» dice il comunicato dell'Aidia. Che è pronta a lanciare la sua Tangentopoli, più semplice e divertita. «Un gioco da spiaggia» spiega il titolare, Alberto Valeri, che dice d'essere in trattativa con vari periodici. Si tratta di un perverso gioco dell'oca. I giocatori (da due a sei) sono tutti imprenditori a caccia di appalti facili. Si parte con 8 miliardi a testa e si deve completare il percorso con almeno uno in tasca, dopo aver affrontato un dispendioso e poco edificante labirinto di funzionari corrotti, famelici e improbabili partiti (lo Scudo Bucato, l'Edera Rampicante, ecc), personaggi di rispetto (l'amministratore del Pio Albergo Sesterzio, il piccolo Bubu). In agguato, nella più sfigata delle caselle, il giudice Di Sasso e le sue maledette inchieste sui lavori dello stadio Mazzetta e dell'ospedale Fatevimalef rateili. Entrambi i marchi Tangentopoli sono depositati alla Siae. Incombe il rischio di una battaglia legale. Al buio, perché, come spiega l'avvocato D'Andrea ingaggiato dalla Aidia: «I registri dei brevetti in Italia versano in un tale stato di confusione che non è facile risalire a chi è stato il primo». La vendetta del sistema. [ l [c. mal.]
Persone citate: Alberto Valeri, D'andrea, Di Sasso, Landi, Maurizio Landi, Mazzetta, Mimmo Cardopatri
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