Gettata viva nel burrone

Gettata viva nel burrone Dopo la scoperta delle chiavi dell'auto che provano il delitto, l'autopsia svela la fine atroce dell'impiegata Gettata viva nel burrone L'assassino l'ha sequestrata e stordita E' stata stordita e spinta in quel burrone sopra Bobbio Pellice quando era ancora viva. Trecento metri nel vuoto, tra alberi, rocce e pietraie, fino al torrente Garavandan. Ma prima, per alcune ore, Silvana Biagetti è rimasta in balìa del suo assassino. Minacce, un diverbio durante il quale il folle ha strappato le chiavi dal cruscotto della sua auto, gettandole sotto un blocco di cemento nascosto dagli arbusti, dove sono state trovate dai cronisti de La Stampa. Poi l'assassino ha spinto la vettura giù per quel dirupo, con la ragazza prigioniera all'interno. E' questa la drammatica ricostruzione ipotizzata dagli inquirenti dopo l'esame necroscopico effettuato ieri nel piccolo cimitero di Bobbio Pellice, dal professor Carlo Torre. Mentre il perito cercava risposte alle molte domande sul corpo di quella povera ragazza, il papà di Silvana, Antonio Biagetti, 58 anni, ripeteva: «Mia figlia non è venuta da sola, qualcuno l'ha portata e poi l'ha uccisa». La perizia ha dato alcune certezze. La ragazza ha gravi fratture, al bacino, al femore, al costato, alla colonna vertebrale. Ma sono conseguenti alla caduta nel burrone. E' morta per quelle lesioni e per emorragia interna. Il perito ha escluso il soffocamento e l'annegamento; non ci sono colpi di arma da fuoco o di coltello. Una contu- sione al capo, superficiale; non grave, ma sufficiente per far perdere per qualche minuto conoscenza. Un pugno, un colpo di bastone. Forse Silvana Biagetti è stata tramortita. E ieri sera, alla luce di quanto è emerso dalla perizia e dalle indagini, i funzionari della squadra Mobile hanno tentato di ricostruire quel giorno, il .9 giugno, un martedì. L'ultimo giorno di vita di Silvana, 27 anni appena compiuti, capelli ne- ri, occhi scuri, il sorriso dolce. Le 12,30, c'era la pausa di pranzo. Lei è uscita dal suo ufficio, in cima alla scala d'ingresso della Orna, l'azienda di Rivalta, in via Papini. Una stanzetta di due metri quadrati, una finestra sulla strada. E' il centralino della ditta. Sulla parete c'è un calendario e la foto del suo cane, Whisky, un setter. Era già sulla porta, si è voltata verso una amica, Franca Bortolan: «Vado a casa, ti serve qualcosa?». Lei: «Sì, un pacchetto di sigarette quando torni». Un sorriso, e Silvana è salita sulla sua Ibiza bianca, il tubo di scappamento sfondato. Tutti dicono: «Era precisa e pignola, non avrebbe mai fatto tardi al lavoro». La pausa si pranzo è di due ore, fino alle 14,30. Tutti: «Silvana mai sarebbe andata da sola in quella lontana frazione». Martedì 9 giugno a casa non è andata. Marco Vai, 23 anni, da tre fidanzato di Silvana, l'aspettava in via Buenos Aires, nell'alloggetto dove vivevano: «Non è mai arrivata». Qualcuno l'ha fermata per strada. Ed era persona che Silvana conosceva bene. Alcuni parenti dicono che da qualche tempo un uomo cercava Silvana con insistenza. Uno zio è più preciso: «Fino a tre anni fa lei aveva avuto una storia con un uomo sposato. Non ne ha mai parlato, non lo conosco. Ha ripreso a telefo¬ narle. La voleva rivedere. Era geloso. E' andato anche alcune volte in casa dei genitori». Martedì ad attenderla c'era quell'uomo, oppure un altro amico? E' salito con lei sull'auto. E poi quella strada, verso Pinerolo. Forse solo per chiacchierare. Per chiarire una relazione, vecchia o nuova che fosse. Nell'agenda di Silvana, ora sul tavolo del capo della Mobile Aldo Faraoni, ci sono molti nomi e numeri di telefono. Anche alcune annotazioni. Sono piste che si stanno seguendo. Occorre un'ora per raggiungere la Val Pellice. Davvero l'auto è salita subito a Villanova, su quello spiazzo che è un «belvedere» sull'intera vallata? Forse i due hanno girato per alcune ore, con Silvana che insisteva per essere riportata a Rivalta, e lui che la minacciava. Poi la Ibiza si è fermata su quello spiazzo. Forse ancora parole grosse. Lui che strappa le chiavi dal cruscotto, piegandole, e le getta fuori dalla macchina, tra gli arbusti. C'è lotta tra i due. Silvana rimane stordita. Forse l'amico crede che sia morta. Allora spinge giù l'auto, ferma sul ciglio del burrone. L'Ibiza bianca scivola e rotola per trecento metri. L'orologio al polso della Biagetti ha le lancette sulle 22,30. E' al quarzo, si è fermato alcune ore dopo il delitto, bloccato dall'acqua del torrente. Dieci ore da quando Silvana era uscita sorridendo dall'ufficio. Chi l'ha uccisa? Si interrogano amici e compagni di lavoro. Il vicequestore Roberto Di Guida dice: «Stringiamo il cerchio». Si cerca anche un amico, Vittorio R., scomparso in quei primi giorni di giugno. Aveva detto: «Sono deluso, abbandono tutti, me ne vado in America». Ezio Mascarino Antonio Giaimo II perito ha escluso il soffocamento e l'annegamento Una contusione al capo fa ipotizzare che sia stata colpita, messa nella vettura e spinta in fondo al dirupo Per alcune ore Silvana Biagetti (a sinistra) è rimasta in balia dell'uomo che l'ha picchiata e uccisa lanciandola nel vuoto. L'Impiegata era scomparsa alle 12,30 del 9 giugno, uscendo dall'Óma di Rivalla C'è stato un diverbio durante il quale il folle ha strappato le chiavi dal cruscotto della sua auto, gettandole sotto un blocco di cemento dove sono state trovate dai cronisti de La Stampa Marco Val, da tre anni fidanzato di Silvana, ieri davanti all'obitorio di Bobbio Pellice dove si è svolta l'autopsia. Con lui il padre della ragazza, Antonio Biagetti, che continua a ripetere: «Mia figlia non è venuta quassù da sola: qualcuno l'ha portata e poi uccisa»

Luoghi citati: Bobbio Pellice, Ibiza, Pinerolo, Rivalta