Ferfin, alleanze contro i debiti di Valeria Sacchi

Ferfin, alleanze contro i debitiRavenna cerca intese con gruppi esteri per la chimica e la farmaceutica Ferfin, alleanze contro i debiti Ma l'utile operativo sta crescendo RAVENNA. Taglio a metà dei debiti (oggi a quota 8200 miliardi) entro l'anno, attraverso joint-venture con gruppi esteri nei settori chimico e farmaceutico; rinnovo del consiglio (portato da 16 a 18 membri), dal quale escono Enrico Randone e Alfonso Scarpa ed entrano Eugenio Coppola di Canzano, Gianmarco Moratti, Vittorio Merloni e Andrea Riffeser; la conferma di un 1992 migliore, con un primo trimestre in crescita del 7,1% nell'utile operativo netto. Sono queste le novità salienti emerse alla assemblea di Ferini, la cassaforte attraverso la quale la famiglia Ferruzzi controlla il suo impero, con una quota complessiva che, nell'anno, è salita appena sopra il 50%, di cui un 5,259 posseduto direttamente dal capofamiglia Arturo. Altra curiosità: nei primi azionisti del libro soci, un 3% circa fa capo alla Iccri, finanziaria di Bruxelles-Lambert. Il dato è emerso quando, lo scorso anno, Iccri ha ritirato i dividendi 1990. Si apre l'assemblea e Arturo Ferruzzi illustra le linee strategiche del gruppo. E' alla sua prima presidenza di capofamiglia, dopo il ribaltone e l'uscita di Raul Gardini, e legge con grande serietà: «Noi siamo un'impresa multinazionale con il cervello e il cuore in Italia; ci dobbiamo ulteriormente rafforzare come impresa internazionale, acquisendo le dimensioni ottimali, facendo delle scelte». Prosegue: «E' trascorso un anno da quando ho assunto la presidenza di Ferruzzi. Ci siamo trovati ad affrontare grandi cambiamenti, per me, per noi tutti Ferruzzi, rilevanti sul piano personale. Siamo impegnati a fare la nostra parte di imprenditori aperti al rischio di impresa ma non all'avventura». E conclude: «La nostra vocazione è industriale, ma non vogliamo e non possiamo fare tutto. Dobbiamo fare delle scelte associandoci con altri per valorizzare il nostro patrimonio». E' la conferma, poi di nuovo ribadita, che le società del set¬ tore chimico e farmaceutico che fanno capo a Montecatini (Erbamont, Himont e Ausimont) stanno per concludere accordi di joint-venture con gruppi esteri (((Alleanze che servono non a perdere quote di mercato ma ad accrescerle» afferma Sama). Intese che dovrebbero essere in dirittura d'arrivo, dal momento che, proprio conferendo attività con relativi debiti a società miste (che usciranno quindi dal consolidato) sarà possibile «dimezzare i debiti di gruppo, che oggi ammontano a 8200 miliardi, entro la fine dell'anno» come promette Garofano. Tocca infatti a Garofano, vicepresidente e amministratore delegato di Ferfin, illustrare i dati del bilancio consolidato 1991, volgendo in chiave positiva cifre che, da sole, indicano un peggioramento. L'utile netto di gruppo è sceso da 248 a 115 miliardi, ma Garofano ricorda che, nel 1990, «avevano giocato le componenti della cessione di Enimont». Per capire che il trend è positivo, si deve quindi guardare all'utile operativo netto che, viceversa, è salito da 630 a 742 miliardi. Meglio ancora gettare uno sguardo alla tabella del margine operativo lordo sui ricavi, che è passato dal 10,5% del 1990 all'I 1% del 1991. Scomponendolo in settori, la percentuale vede in testa l'energia con il 53% contro il 46,5% dell'anno prima, lo zucchero (16,3% contro il 15,7% del 1990), la farmaceutica (14,5% contro 11%). Se poi togliamo dagli investimenti il mol, abbiamo per il gruppo una eccedenza della gestione finanziaria che è salita dai 368 miliardi del 1990 agli 801 miliardi del 1991 (settori di perdita: chimica ed editoria). I primi tre mesi 1992 vedono una crescita del 7,5% del mol, del 7,1% dell'utile operativo. Quanto ai debiti, che sono lo 0,88% del patrimonio netto, «saranno a fine anno lo 0,5%», parola di Pippo Garofano. Valeria Sacchi Arturo Ferruzzi

Luoghi citati: Bruxelles, Canzano, Italia, Montecatini, Ravenna