L'orrore sotto Berlino di Emanuele Novazio

L'orrore sotto Berlino Cunicoli, celle, sale di tortura, il bunker di Hitler: un passato terribile da «restaurare» L'orrore sotto Berlino Si scava nella «città segreta delle SS» BERLINO DAL NOSTRO INVIATO Il passato «nascosto sottoterra», la topografìa del terrore che ha segnato la storia di Berlino, riaffiora fra polemiche e imbarazzi. Lungo la «striscia della morte» e la Potsdamerplatz - dove la città era divisa e si annunciano i cantieri che riempiranno lo spiazzo immenso, sinistro, desolato che per quarant'anni ha fatto da confine fra due Europe - i bunker di Hitler e Gobbels sono stati scoperti quasi per caso, ma nessuno ancorapuò vedere il «quartier generale sotterraneo del Terzo Reich». Da due anni le rovine della «città nascosta», che il Fùhrer abitò fino al suicidio, aspettano di essere restaurate e aperte al pubblico, ma restano celate da mucchi di terra smossa, uno steccato per intimare di «rimanere fuori», poche pietre intorno a un fossato riempito di sabbia e di detriti: sullo sfondo il Reichstag, la Porta di Brandeburgo, una linea lucente di case popolari ultimate nell'agonia del regime comunista perché «l'Ovest opulento si specchiasse». Pochi isolati verso Est, nel «quadrato del terrore» dove per un centinaio di metri corre ancora il Muro - una staccionata di metallo per proteggerlo dai «Mauerspechte», i «picchi» che armati di scalpello lo vendevano ai turisti - un prato gobbo nasconde i resti della più grande concentrazione di potere e di paura del nazismo. Qui, nella ex «Scuola di arti applicate» al numero 8 della Prinz-AlbrechtStrasse, oggi Niederkirchnerstrasse, nell'ex Hotel Prinz Albrecht al numero 9 della stessa strada e al Prinz-Albrecht-Palais, al 102 della Wilhelmstrasse, avevano sede la «Gestapo», il «ReichsFùhrer-SS», la «Sicherheitsdienst», i Servizi di sicurezza o «SD» che Himmler nel '34 trasferì da Monaco a Berlino e, dal 1939, il «Reichssichereitshauptamt», l'Ufficio principale della sicurezza del Reich o «RSHA». In questa «area male- detta» che negli anni del regime gli oppositori chiamavano anche «Stato delle SS», c'era l'ufficio di Heinrich Himmler, il capo delle «SS»; e, prima di trasferirsi nella Kurfurstenstrasse, Adolf Eichmanri dirigeva il «Judenreferat», l'Ufficio ebraico. Qui furono fondati gli «Einsatzgruppen», le squadre di stenriinio, e arrivavano i resoconti dei pogrom; qui fu deciso il genocidio degli ebrei, organizzata la loro deportazione, preparata la «Conferenza di Wannsee» che programmò la Soluzione finale. Anche la decisione di trasferire i prigionieri di guerra sovietici dai loro campi, prima di ucciderli, fu presa nelle stesse stanze in cui la «Gestapo» coordinava l'attività contro gli oppositori del nazismo e dove si raccoglievano le «Meldungen aus dem Reich», le Informazioni dal Reich che davano al regime il polso dell'opinione pubblica. Qui, infine, c'era la direzione delle «Hòhere SS-und PolizeiFùhrer», il «sistema del terrore» per i territori occupati. E poco lontano aveva sede il giornale Ber Anqriff, l'Attacco, strumento prediletto dalla propaganda del ministro Gobbels. L'intero complesso fu danneggiato gravemente durante la guerra e distrutto fra il 1950 e il 56, con una decisione che ancora suscita polemica: nel '62, quando sul versante orientale fu costruito il Muro, anche i detriti furono portati via, per cancellare le ultime tracce. Da allora e per 30 anni la zona - in territorio occidentale - è stata utilizzata come deposito di rottami d'auto e materiali da costruzione. Finché il Senato di Berlino ha deciso di avviare gli scavi che, poco prima della caduta del Muro, hanno portato alla luce i resti del carcere sotterraneo costruito nel 1933, quando la «Gestapo» appena nata aveva preso possesso della «Scuola di arti applicate». Oggi, protette da una tettoia bassa sul terreno, sono visibili le stanze soffocanti, quadrate, i resti sbrecciati dei muri: qui gli uomini di Himmler torturarono centinaia di oppositori del regime, militari coinvolti nel putsch contro Hitler, comunisti, socialdemocratici che restarono settimane o mesi, a volte anni, nei sotterranei deU'mdirizzo più temuto di Berlino. Accanto, affiorano i locali angusti che servivano alle guardie della sorveglianza. Oggi ospitano un'esposizione sui massacri compiuti in Europa dal nazismo, in attesa che «l'intero spiazzo diventi monumento», come da tempo molti chiedono invano. Dopo l'entusiasmo seguito ai primi scavi, il programma sembra essersi arenato, mentre nuove testimonianze sotterranee affiorano altrove, in una città segnata dalla storia. Nell'estate del '90, quando si cominciarono a preparare i primi concerti rock lungo l'ex «striscia della morte» e la Potsdamerplatz, gli agenti della sicurezza trovarono le tracce dei quattordici bunker di Hitler, Gobbels e altri gerarchi: qualcuno, si accertò poi, era stato distrutto dalle truppe sovietiche nel '45. Altri sono rimasti intatti, e da allora un gruppo di storici e architetti si batte invano perché siano restaurati e integrati, magari, nel futuro complesso che ospiterà il governo quando si trasferirà da Bonn a Berlino, a fine secolo. In entrambi i «luoghi maledetti» la città ha i segni vi¬ sibili di un dopoguerra che non è mai finito: sopra «il quartier generale del Terzo Reich» restano terra e sabbia, interrotte soltanto da due corsie di cemento, i camminamenti delle Guardie di confine comuniste negli anni della divisione. Lungo la Wilhelmstrasse l'ex ministero della Marina del Reich - passato, dopo l'unità, all'Ente per la privatizzazione dell'ex Deb', la «Treuhand» - ha i muri ancora forati dai proiettili, il selciato qua e là è divelto e ci sono intervalli enormi fra le case, i buchi aperti dalle bombe mai più connati perché erano la trincea davanti all'Occidente. Ma i resti della «città nascosta» dalla quale Hitler diresse le ultime fasi della guerra - una mappa sotterranea del potere che aspetta di essere svelata sono minacciati dall'indifferenza, dal fastidio, dall'imbarazzo verso «un passato scomodo col quale abbiamo ancora riluttanza a confrontarci» e che «la gente non vuole ricordare», come riassume l'archeologo capo di Berlino Alfred Kerndl. I suoi sforzi hanno reso possibile l'apertura di un piccolo Centro di documentazione accanto agli scavi della Wilhelmstrasse e della Niederkirchnerstrasse, ma tutti i tentativi di recuperare i bunker sono falliti: per «problemi di denaro» e per «qualcosa d'altro», la «difficoltà psicologica a scavare nel passato». Il desiderio di dimenticare è cominciato subito dopo la guerra: all'Ovest, i pianificatori della nuova Berlino hanno raso al suolo la sedi della «Gestapo» e delle «SS», e tutto quanto restava del regime nel quadrato intorno alla Wilhelmstrasse e alla Prinz-Albrecht-Strasse. All'Est, i comunisti hanno abbattuto il quartier generale del Fùhrer: molte pietre sono state utilizzate per ricoslruire la metropolitana. Come per un tacito impegno, una decisione parallela: «Non è stata soltanto la Germania occidentale a voler dimenticare l'esistenza dei nazisti, i tedeschi dell'Est hanno avuto lo stesso impulso», dice Kerndl. «Da una parte e dall'altra si è finto di credere che Hitler era caduto dal cielo, ebe non èra stato parte della storia tedesca. Pensavano che la verità sul regime nazista potesse in qualche modo essere dimenticata, se le sue tracce fisiche venivano cancellate». Emanuele Novazio Rovine scomode: nessuno può ancora vedere il quartier generale sotterraneo del Terzo Reich L'ingresso del bunker di Hitler prima che i sovietici lo radessero al suolo. Sopra, il dittatore nazista