Col suo indistruttibile banjo in concerto il 28 giugno di Gabriele Ferraris

TORNA PETE SEEGER MUSICA TORNA PETE SEEGER Col suo indistruttibile banjo in concerto il 28 giugno Lm ULTIMA volta, fu a Tom rino 15 anni fa. Al Palasport. Adesso Pete Seeger ritorna, per la serata conclusiva di «Giugno in cascina». Un concerto domenica 28 allo Stadio Comunale (ore 21,30, ingresso 15 mila lire, in caso di pioggia al Teatro Ambra) con Tao Rodriguez e tre «spalle», Alberto Balia, Peter Finger e Raphael Fais; e una performance al «Folk Club» di via Perrone 3 bis, sabato 27. E' inutile spiegare Pete Seeger a chi lo ha conosciuto e amato in tempi meno inclini al consenso diffuso; ma è anche difficile dire ai più giovani chi è, e che cosa ha rappresentato per la nostra musica, questo indomito eroe della canzone di protesta, simbolo dell'«altra America». Certo, potremmo ripetere che senza Seeger - e senza Woody Guthrie non ci sarebbero stati Dylan e Joan Baez, né il rock dei Grateful Dead e dei Byrds, e forse Springsteen non sarebbe mai diventato «The Boss». Potremmo indicare in Pete Seeger un esempio di artista e uomo coerente e coraggioso. E potremmo aggiungere che Seeger è un brillante performer: i suoi spettacoli non sono soltanto opere d'arte, ma anche piacevoli momenti d'intrattenimento. Ma il modo migliore per raccontare Pete Seeger è semplicemente rievocare la sua vita. Una vita che pare un romanzo, ed è storia. Nato nel 1919, Seeger scopre la musica popolare a 16 anni, quando suo padre lo porta ad un festival di balli folk. Il giovane Pete, folgorato, decide di dedicarsi allo studio del banjo, mentre s'avvicina alle idee radical-socialiste. Inizia a collaborare con il musicologo Alan Lomax, del quale condivi- de le idee artistiche e politiche. Seeger e Lomax cominciano un'indagine negli archivi della Libreary of Congress alla ricerca di antiche canzoni popolari. Poi, su consiglio di Woody Guthrie, il giovane Pete parte per un viaggio «iniziatico» attra- verso gli Stati del Sud e del Midwest, guadagnandosi da vivere come musicista di strada. E' l'eterno mito americano dell'hobo, del vagabondo, del ribelle. Un mito che Seeger, come Guthrie, incarna pienamente. Dopo la prima esperienza di gruppo con gli Almanac • Singers, Seeger fonda nel '48 i Weavers: una voce per il dissenso. Gli inizi sono promettenti, il primo disco del quartetto, «Goodnight Irene», resta in testa alle classifiche per 13 settimane. Ma incombe la caccia alle streghe del senatore Me Carthy, e la persecuzione contro tutti i sospetti di comunismo induce Seeger a sciogliere la band nel '52. Il che non lo salva dalla «lista nera» degli artisti di sinistra, e da un breve soggiorno in carcere per «oltraggio al Congresso americano». Da allora, a parte una breve ricostituzione dei Weavers fra il '56 e il '58, Seeger rimane solitario alfiere della canzone politica, pur sempre disponibile a collaborare con chi mostrasse di condividere i suoi ideali: dal figlio di Woody Guthrie, Ario, ai nuovi rocker che di recente si sono stretti intorno all'antico maestro nelle registrazioni di «A Vision Shared», album nato per raccogliere i danari necessari a salvare il prezioso catalogo Folkways. La Folkways, per chi non lo ricordasse, è stata la «casa madre» del folk revival, l'etichetta discografica alla quale Seeger ha dato il meglio di sé, contribuendo a salvare il patrimonio della musica popolare americana. Sempre in prima linea nelle battaglie civili e politiche, Seeger negli Anni 60 ha girato instancabilmente l'America esibendosi nei campus universitari, sostenendo il movimento pacifista contro la guerra nel Vietnam; e oggi, tutt'altro che stanco di lotte, ha trovato nell'impegno ecologista un ideale non meno importante. Gabriele Ferraris Pclc Seeger a Torino nel l')77.

Luoghi citati: America, Torino, Vietnam