Un gioiello di nickel

Lo spazio «sprecato» MICROGRAVITA' Lo spazio «sprecato» In Europa i progetti di ricerca in condizioni di assenza dipeso segnano il passo Gli Stati Uniti, e soprattutto il Giappone, vi stanno invece investendo grandi risorse L B AGENZIA spaziale europea lancia in queste settimane una campagna promozionale per lo sviluppo e l'utilizzazione della microgravità come conseguenza di una stretta collaborazione tra industriali e scienziati. L'Europa, pur con grandi potenzialità, si trova largamente scavalcata in questo settore da Stati Uniti e Giappone. Il programma della campagna promozionale è contenuto nel rapporto Radius Esa Br76. Sono passati i tempi dei grandi entusiasmi suscitati dai primi lanci spaziali mentre sono emerse con cliiarezza le difficoltà anche politiche, soprattutto per l'Europa, inerenti a queste imprese; ed è maturata una coscienza più critica sulle possibili applicazioni. Il rapporto Esa, con molta franchezza, scrive che la comunità scientifica internazionale, alla prova dei fatti, non si è commossa più di tanto di fronte alla prospettiva di una utilizzazione della microgravità offerta dai sistemi spaziali. Conside- rando bene la cosa non c'è molto da stupirsi. La filosofia che sta dietro Spacelab o la stazione Columbus è ben diversa da quella che ha portato, per esempio, ai grandi acceleratori di particelle del Cern di Ginevra. Questi sono stati costruiti sotto la spinta di potenti comunità scientifiche per risolvere problemi fondamentali come la scoperta di nuove particelle subatomiche e delle origini dell'universo (problemi direttamente collegati). Nel caso delle strutture spaziali è successo invece esattamente l'inverso. Si sono costruite le strutture per molte ragioni, anche di prestigio nazionale, non ultima una motivazione di ordine militare (Stati Uniti e Unione Sovietica), in un secondo tempo si è chiesto a scienziati piuttosto tiepidi di trovare le applicazioni scientifiche della microgravità ottenuta durante i voli. Riporto testualmente dal documento dell'Esa: «La motivazione di gruppi scientifici di alto livello a considerare le attività microgravitazionali e a dedicare parte del loro lavoro all'uso delle tecniche relative riceverebbe un forte impulso se si potessero aspettare sufficienti ritorni scientifici. Nel contesto presente le ricadute scientifiche della ricerca in microgravità sono ben lontane dall'essere ottimali». Affermazione, come si vede, tutt'altro che ottimista, legata a ragioni contingenti come la scarsa frequenza dei voli, le difficoltà dei finanziamenti che vengono dati soltanto per i voli e non per le indispensabili ricerche preparatorie a terra, il problema della strumentazione che dovrebbe essere studiata specificamente per lo spazio, e altre ancora. Ma se i risultati fino a oggi non sono stati «ottimali» bisogna dire che in molti settori non della «Grande Scienza», ma della scienza applicata, si sono ottenuti risultati concreti e questi hanno permesso di individuare alcuni campi di ricerca dove la collaborazione tra scienza e industria potrà dare frutti di grande utilità in tempi ragionevoli soprattutto quando si avrà a disposizione una stazione spaziale. Si possono citare alcuni esempi di campi di applicazione della microgravità come i processi senza contenitore per ottenere materiali purissimi, gli studi sulla combustione e sulla fluidodinamica, la preparazione di semiconduttori, di superconduttori, di cristalli per l'optoelettronica e per la biologia di qualità molto superiore ai materiali preparati sulla terra. Scrive ancora il rapporto: «Il coinvolgimento delle società europee nelle attività di ricerca in microgravità è troppo limitato, deve essere aumentato drasticamente se l'Europa vorrà ricavare qualche beneficio dall'utilizzazione commerciale dello spazio». Negli Stati Uniti esistono due programmi di microgravità: uno per la ricerca pura, l'altro per le applicazioni commerciali. Quest'ultimo è articolato in 16 centri che sono consorzi di Università, compagnie industriali, agenzie governative e centri di ricerca. Sono coinvolte in questo programma 175 industrie e 50 diverse Università. Lo sforzo economico è grosso. Il programma giapponese tende a una utilizzazione commerciale dello spazio soprattutto per la preparazione dei materiali. Questo settore preferenziale è stato individuato in modo razionale e preciso dopo molte riunioni cui hanno partecipato i rappresentanti di 200 industrie. In funzione di questo è stata costituita la Space Technology Corporation, che dovrà porre le basi tecnologiche per la produzione commerciale nello spazio. Pare che il Giappone applichi in questo settore i metodi organizzativi che in passato hanno avuto tanto successo, per esempio, nelle memorie a stato solido. La cosa più interessante del metodo giapponese è una veloce disseminazione dei risultati dalle società interessate, che sviluppano una rapida intervendita piuttosto di agire in concorrenza diretta. E l'ex Unione Sovietica? Il programma, un tempo ambizioso e articolato, è fermo. Mancano i fondi: la navetta Buran sta ferma nel suo hangar inutilizzata e Jean-Loup Chretien, l'astronauta francese che ha partecipato per due volte a missioni con i sovietici, ha dichiarato a «Le Monde» che la navetta russa volerà di nuovo soltanto se gli occidentali ne faranno richiesta e pagheranno. Federico Bedarida Università di Genova Lo

Persone citate: Buran, Chretien, Federico Bedarida, Loup, Radius Esa Br76, Space