TANTI DOLLARI PER MOROVICH

TANTI DOLLARI PER MOROVICH TANTI DOLLARI PER MOROVICH "BK "VEI saloni di un alberfflfll I go istriano si celebra \Mk I l'ulti1113 notte del aft 1927, con canti, balli I 1K I e una piccola bara, ab simbolo dell'anno ■I WBJ che muore, mentre j| nj un ladro sottrae due| QB mila dollari dall'ar<JL V madio della stanza di un vecchio cliente. Comincia così, con le movenze di un giallo, Non era bene morire di Enrico Morovich, pubblicato a puntate su «La Riforma letteraria» nel 1937 e riscritto negli Anni Sessanta. L'autore fiumano, oggi ottantaseienne, dopo mezzo secolo di silenzio ha goduto di una certa fortuna editoriale con la riproposta di L'abito verde (Marcos y Marcos), Il baratro (Einaudi) e Piccoli amanti (Rusconi). Come scrive Giorgio Manacorda nella precisa postfazione, Non era bene morire narra «la scombinata educazione sentimentale di un adolescente», il diciottenne Stefano Merk, pigro e svogliato liceale triestino. Orfano di madre, vive con gli zii e passa il tempo a bere, a giocare e a correre dietro alle donne. All'inizio dell'estate, all'insaputa degli zii, va in treno ad Abbazia a cercare la casa della sua infanzia. In mezzo al disordine e all'abbandono, trova due bambini, figli di suo padre che si è risposato. Ad accudirli c'è Giovanna, «d'una bellezza un po' contadina, dagli occhi intelligenti», una ragazza mite e sensuale di cui diventa l'amante. Per rompere la noia dei giorni di pioggia, esplora gli angoli nascosti della casa, avverte l'aria di disastro che incombe e aprendo la porta di una stanza chiusa a chiave trova una bara - la stessa apparsa all'inizio nel veglione di capodanno - «stipata di giornali vecchi piegati come si spediscono in abbonamento» che celano nel fondo mazzette di dollari. Poiché la casa è ipotecata e ogni tanto compaiono creditori per riscuotere cambiali, Stefano pensa che i soldi siano stati nascosti dal padre prima di fallire. Nell'attesa di chiarire il mistero, il protagonista intacca a poco a poco il gruzzolo, si compra dei vestiti, ricomincia a bere e a giocare. Conosce Violetta, una quindicenne capricciosa e civetta, forse corteggiata dal padre l'estate precedente, e con lei intesse una bizzarra storia d'amore in un'alternanza di accensioni e ripulse. Con un linguaggio sobrio e asciutto, tramato di dialoghi brevi ed efficaci scorci di paesaggio, Morovich costella il racconto di eventi minimi, gelosie e rivalità, prestiti e restituzioni, immergendolo in un'atmosfera più mitteleuropea che italiana. «Persuaso che per essere felice la prima condizione è la coscienza pulita», Stefano teme l'arrivo del padre, ha paura che possa scoprire il furto dei dollari nella bara. Annuncia a Giovanna e ai fratellastri la sua partenza per Trieste e sale sui monti per suicidarsi. Poi cambia idea, torna a casa e trova il padre a cui consegna i dollari rimanenti, prima di partire per Trieste. Come rivela Manacorda, questo finale è stato cambiato da Morovich che, su consiglio di Carocci, direttore della rivista, ha salvato la vita al suo personaggio per non cadere nei rischi della censura fascista. Massimo Romano Enrico Morovich Non era bene morire Rusconi pp. I7I.L 25.000

Persone citate: Carocci, Einaudi, Enrico Morovich, Giorgio Manacorda, Manacorda, Massimo Romano, Morovich, Stefano Merk

Luoghi citati: Trieste