In trappola i profanatori della bara di Aversa

In trappola i profanatori della bara di Aversa Il sottufficiale era stato assassinato a Lamezia Terme, insieme con la moglie, mentre andava dalla nipotina In trappola i profanatori della bara di Aversa Sono due drogati che hanno agito su commissione dei boss della 'ndrangheta Entrati nel cimitero, avevano dato alle fiamme il cadavere del poliziotto COSENZA. Due banditi di mezza tacca, che hanno agito non per motivazioni personali, ma su commissione, pagati forse con una manciata di dosi di eroina. Questi, secondo la procura distrettuale antimafia di Catanzaro, due dei responsabili del vilipendio sul cadavere di Salvatore Aversa, il sottufficiale di pohzia assassinato a Lamezia Terme, insieme alla moglie, Lucia Precenzano, il 4 gennaio scorso mentre stavano per salire in macchina per andare a salutare, come facevano ogni sera, la loro unica nipotina. I due presunti responsabili sono stati arrestati all'alba di ieri, a Cosenza. I loro nomi, Michele Luigi Cundari, 24 anni, e Massimo Gaudio, 33, non dicono nulla agli esperti di «fatti di mafia». Ma dicono parecchio alle sezioni furti e rapine di polizia e carabinieri di Cosenza, dove sono abbastanza conosciuti per una serie di reati contro il patrimonio. «Tossicodipendenti, ma certo non meno pericolosi di chi drogato non è», dicono gli inquirenti non per dare consistenza mag- giore alla loro indagine, ma per sottolineare come ormai le organizzazioni mafiose, non per questo perdendo prestigio, trovano manovalanza con grande facilità nella criminalità comune. «Le nostre indagini dicono gh investigatori - si sono indirizzate verso gh ambienti della criminalità comune cosentina, alla quale per puro ragionamento logico le cosche lametine sicuramente avevano commissionato il vilipendio ed a loro appunto si erano rivolte per trovare chi lo mettesse in atto». Una traccia, quella della criminalità comune cosentina, che aveva preso subito corpo quando, il 19 marzo scorso, il cimitero di Castrolibero e con esso la coscienza civile del paese, era rimasto sconvolto dall'irruzione di un gruppo di sconosciuti che avevano infranto a colpi di martello la lastra di marmo chiaro che sigillava provvisoriamente il loculo di Aversa, avevano buttato giù la bara, l'avevano spaccata a colpi di mazza e l'avevano cosparsa di benzina dandole fuoco. Per gli sconosciuti il tragitto verso la tomba di Aversa - u cui cadavere uscì carbonizzato dal vilipendio - era stato tranquillo. Nessun cancello, nessuna recinzione, nessuna protezione. Certamente, dicono polizia e carabinieri, Cundari e Gaudio non hanno agito da soli, ma erano spalleggiati da almeno altre due persone che sarebbero state già identificate e che solo per caso hanno evitato la cattura. «Questi signori - ha detto uno degli investigatori - sono stati l'ultimo anello dell'organizzazione. Stiamo lavorando per identificare chi sta ad un capo della catena». A Cosenza così come a Catanzaro nessuno lo dice apertamente, ma l'obiettivo principale appare quello di collegare i due arrestati di ieri con i presunti ese- cutori materiali dell'agguato ad Aversa ed alla moglie, Giuseppe Rizzardi, 30 anni, e Renato Molinaro, di 21 anni, entrambi lametini, inchiodati dalla deposizione di una ragazza, Rosetta Cerminara, 19 anni, ex fidanzata del più giovane dei due. La ragazza, testimone oculare dell'agguato, dopo le sue deposizioni vive protetta con la famiglia dall'alto commissariato antimafia in una località segreta del Nord. Diego Minuti Da sinistra, Michele Luigi Cundari e Massimo Gaudio, accusati di aver spaccato la bara e bruciato il cadavere di Salvatore Aversa. A fianco il luogo dove era sepolto il maresciallo di polizia assassinato a Lamezia Terme