La Malfa: siamo pronti a collaborare di Alberto Rapisarda

La Malfa: siamo pronti a collaborare Il pri non darà la fiducia, ma c'è una cauta apertura per gli «atti concreti» del governo La Malfa: siamo pronti a collaborare E i Verdi forse si asterranno ROMA. Non più di 29 sottosegretari, avvisa Scalfaro dopo che ha ridotto i ministri da 31 a 24. Pochini, gli rispondono dalla de, visto che Andreotti ne aveva nominati ben 68. Facciamo 35 e affare fatto è la controfferta di Arnaldo Forlani. Il mercato al rialzo è in corso, coperto dalla giustificazione che 29 vice-ministri non bastano per essere presenti in tutte le Commissioni di Camera e Senato. In realtà, nello scudo-crociato la rivolta dei delusi divampa e il segretario spera di alleviare le loro pene con una più generosa distribuzione di sottosegretari. Specie gli andreottiani sono furenti, a cominciare dallo stesso Andreotti. E poi, la proposta della sinistra di non riconfermare nessuno dei vecchi sottosegretari sta creando altri problemi. Il presidente del Consiglio ha poche ore per decidere. Entro questa mattina la lista dei sottosegretari dovrà essere completa perché Amato ha fissato per le 13 il Consiglio dei ministri per far loro giurare fedeltà alla Costituzione. Alle 18 si presenterà poi al Senato per leggere il programma del suo governo e chiedere il voto di fiducia. E la fiducia di certo l'avrà, anche dai de ribelli. La corrente di Forze nuove, per esempio, ha garantito ufficialmente i suoi voti ad Amato con l'implicita minaccia di altri appuntamenti per la resa dei conti. Già a fine settimana si capirà che aria tira nel campo del più potente alleato di governo. Si vedrà, cioè, se i ministri parlamentari si dimetteranno veramente da deputati e senatori subito dopo il voto di fiducia, come ha garantito Forlani. Di sicuro, la turbolenza del fronte democristiano è il più serio ostacolo per Giuliano Amato. Il quale, però, comincia a raccogliere promettenti sorrisi da repubblicani e Verdi. Un paio di mosse azzeccate nella scelta dei ministri hanno fatto cessare l'allarme di Giorgio La Malfa e aperto i cuori de¬ gli ambientalisti. Il segretario repubblicano ha temuto fino all'ultimo che Amato potesse scegliere tra i suoi ministri «tecnici» il repubblicano Visentini. Una mossa che avrebbe scatenato una guerra interna nel partito dell'Edera, con La Malfa che si sarebbe visto costretto ad espellere addirittura il presidente del partito, per tener fede alla minaccia espressa in una lettera inviata al presidente del Consiglio. Amato ha, invece, nominato ministro Alberto Ronchey, di area laico-repubblicana e il risultato è un repentino cambio di umore del pri. Ora la Voce repubblicana conferma che il pri darà la «non fiducia» al governo ma avrà «un atteggiamento di grande attenzione e disponibilità agli atti concreti». Cioè, voti per le leggi di cui si condivide il contenuto. E poi c'è apprezzamento per la incompatibilità imposta dalla de ai suoi ministri, una soluzione già proposta dal pri. Ancor più aperto il capo dei deputati Verdi, Francesco Rutelli, che dà atto ad Amato della «fuoruscita dirompente della vecchia nomenklatura dal governo» e di aver scelto un buon ministro dell'Ambiente (Carlo Ripa di Meana), «una persona di cui ci fidiamo». I Verdi ave- vano annunciato un voto contrario alla fiducia ma, ora, si riuniranno di nuovo. «Siamo interessati ad ascoltare il discorso programmatico», spiega Rutelli. E pare possibile anche una benevola astensione. Segnali che confortano Amato e che, al di là di un presente assai grigio, gli lasciano la speranza di un futuro migliore. Poiché il suo governo è «a bande strette di maggioranza», secondo la diagnosi di Andreotti, qualsiasi apertura al di fuori del recinto dei quattro alleati è benvenuta. Anche perché l'agitazione interna della de per la regola della incompatibilità sta contagian- do i socialisti, infastiditi per il ruolo da «primo della classe» in materia di autoriforma che lo scudo-crociato si è guadagnato grazie alla mossa di Forlani. Mossa che, sul Popolo di oggi, l costituzionalista Capotosti oda come «un segnale di svolta» che potrà «allentare le logiche partitocratiche» perché i ministri saranno più liberi dai condizionamenti elettorali. Ma YAvanti! risponde polemico che si tratta di «improvvisazione» perché dove l'incompatibilità c'è è inserita in un sistema che «garantisce il parlamentare dimessosi di fronte agli elettori». Alberto Rapisarda Francesco Rutelli (a sin.) presidente del deputati Verdi «Positiva l'uscita della vecchia nomenklatura dal governo»

Luoghi citati: Meana, Roma