Il donatore offre: il mio cuore per una scimmia

Il donatore offre: il mio cuore per una scimmia LETTERE AL GIORNALE IL LUNEDI' DB ©.d.Be Il donatore offre: il mio cuore per una scimmia Babbuini e bambini Signor Del Buono, non è una questione tecnica! E neppure una disputa tra credenti e laici, ecologisti e tecnocrati, scienziati e gente comune, destra e sinistra, animalisti, pacifisti, realisti... Non il sentimento né tanto meno il sentimentalismo, ma la scienze ecologica ci pone tra i «primati», scimmie antropomorfe e quindi i babbuini sono nostri cugini biologici, ma per i gli esperti, istituzionali in bioetica, non c'è problema alcuno. A questi nostri cugini si può cavare anche il cuore, una «pompa», dopotutto. Ma queste bestie che con la nostra superiore intelligenza logica abbiamo chiamato primati, perché riconosciuti al vertice della scala biologica, che ci hanno fatto di male? Mai neppure si sono immischiati nelle faccende umane per accampare il men che minimo diritto. Abbondanti e documentati gli studi e le ricerche etologiche e neurofisiologiche - molti anche gli articoli di «Tuttoscienze» - che confermano e informano i ciechi di cuore che queste bestie soffrono, gioiscono, amano e odiano, socializzano, nascono e muoiono proprio come noi, tranne che per la scelleratezza e la stupidità caratteristiche per cui veramente l'uomo è un unicum insuperabile tra le specie. Si dice: ma i bambini che si potrebbero salvare... Si incomincia così, ma, se poi il cuore dei babbuini va bene per i piccoli, non si vede perché gli organi delle scimmie più grosse (scimpanzé, oranghi) non possano essere utilizzati dagli adulti. Ovviamente! Questa mozione degli affetti che fa leva sulla tutela della vita dei bambini e dei giovani è particolarmente bieca. Come ci informa periodicamente l'Unicef (e molte altre fonti serie e autorevoli), ogni anno muoiono milioni di bambini perché privi delle più elementari condizioni alimentari e di assistenza... Ma non sono i nostri bambini, così come non sono i nostri bambini quelli di cui si fa traffico anche di organi, come si è letto. Bioetica! Facciamo fare figli anche alle donne di 60 e più anni, e soprattutto incrementiamo la ricerca e l'uso di sempre più nuovi farmaci. Cosi, per certo, l'incremento dei bambini con tare e malformazioni è assicurato. Contemporaneamente, approntiamo l'allevamento scientificamente controllato e regolato delle scimmie da prelievo. E, siccome siamo una società di persone civili e sensibili, siamo già tutti concordi che il prelievo dovrà essere fatto senza o con il minimo fastidio, trauma e sofferenza per le povere bestie... Vittorio Granata, Grazzano Badoglio (Asti) Gentile signor Granata, mi dispiace dover tagliare la sua lettera, ma è troppo lunga persino per la puntata di lunedì in cui dispongo di maggiore spazio. Ho voluto lasciarle esprimere le sue idee in generale e concordo in più punti con lei. Non posso, comunque, nascondere ai lettori che, alla fine della sua lettera, lei si dichiara disponibile a donare i suoi organi ancora utilizzabili per l'età e gli acciacchi per salvare un babbuino o altro incolpevole donatore animale. Ma aggiunge anche che la sua sincera e onesta offerta non sarà presa in considerazione, e se ne duole vivamente a nome delle scimmie. [o.d.b.] Un vero dispiacere Caro signor Del Buono, leggendo il suo ricordo di Fortebraccio mi ritrovo - io che non sono mai stata comunista - catalogata nella quarta casella di P.L. Battista (La Stampa del 6/6: «I compagni sul lettino»). Ma forse non sono «divorata dalla nostalgia», solo dalla tristezza. Tristezza nel constatare con quanta Selbstsicherheit voi intellettuali abbiate sempre considerato noi gente qualunque. Scrivendo il suo - peraltro bellissimo - articolo ha mai pensato che un sacco di gente non leggeva - anzi, come me, non aveva mai letto - l'Unità! Ha mai pensato che forse fra chi la leggeva (credo tanti di quelli che adesso si ritrovano nella quarta casella) magari qualcuno non era in grado di cogliere sottili e ironiche allusioni? La stessa tristezza che ho provato leggendo il suo articolo, l'avevo d'altronde già provata leggendo un'intervista a Galante Garrone sul partito d'azione, lo proprio in quegli ideali avevo creduto, anzi continuo a credere, e il tono elegantemente staccato e disincantato di Galante Garrone mi ha fatto ripensare a come è facile vivere nella torre d'avorio, ignorando gli altri, anche quelli che camminano con noi. Anche lei, a suo modo, vive in una torre d'avorio, sa? Dalla sua Liguria le mando un cordiale saluto. Ci si vive meglio che a Torino, dove torno sempre più malvolentieri. Antonella Seravalli, Alassio. Gentile signora Seravalli, lei, a sua volta, rattrista, e moltissimo, me. Un vero dispiacere. Perché, anche se lo definisce «bellissimo», considerato quanto ne trae lei, il mio articolo va, invece, giudicato del tutto sbagliato, ovvero non conseguente il risultato che si proponeva. Quello scritto per Fortebraccio (come tutti gli altri pezzi della serie che in «Tuttolibri» va sotto la sigla di «Speciale») voleva essere l'omaggio riconoscente e sincero a uno di coloro che sono stati i miei maestri, i miei amici e i miei modelli in una lunga car¬ riera di imbrattacarte che va a concludersi naturalmente. A settant'anni, invece di parlar di me stesso (come fanno altri settantenni ben più celebri e sicuri di sé) cerco di ricordare chi ha contato tanto per me, e, certo, non solo per me. Scrivo questi ritratti con molto affetto, anzi con molta passione. Qualcuno mi ha contestato un eccesso di sentimento. Ed ecco che lei, gentile signora Seravalli, mi fa di colpo sprofondare in una categoria a cui non ho mai apparte¬ nuto. Ma appartiene davvero alla gente qualunque lei che per dire «sicurezza di sé» dice «Selbstsicherheit», parola che sono dovuto andare a controllare sul dizionario, a scanso di equivoci, perché, pur avendo parlato tedesco in lager, non avevo goduto in quelle circostanze di alcuna sicurezza di me o d'altri? Lei dice che anch'io vivo in una mia torre d'avorio, ma poi dice anche che mi manda un saluto dalla mia Liguria. E qui fa nascere in me la lieve speranza che lei si sbagli nel prendere il pudore come distacco allo stesso modo in cui si sbaglia nel far mia la Liguria. Avrò magari anche un poco di sangue ligure, perché nelle isole capita di tutto, ma sono nato a Poggio, frazione di Marciana Montana facente parte del Comune di Marciana, Elba (Livorno) e abito mi pare da sempre a Milano (Inferno). Ringrazio, comunque, per l'attenzione e ricambio il cordiale saluto. [o. d. b.]. a

Luoghi citati: Asti, Comune Di Marciana, Grazzano Badoglio, Inferno, Liguria, Livorno, Milano, Torino