UN COLPO DI TEATRO PER SPRONARE LA CEE di Aldo Rizzo

UN COLPO DI TEATRO PER SPRONARE LA CEE UN COLPO DI TEATRO PER SPRONARE LA CEE LA notizia che Francois Mitterrand era partito, anziché per Parigi, per Sarajevo arrivò come una bomba, sabato sera, fra i giornalisti che ancora si attardavano nel «Centro Cultural de Belém», dove si era svolto e concluso il vertice europeo. Niente aveva lasciato prevedere un fatto così clamoroso. I capi di governo e i ministri degli Esteri avevano tenuto le loro conferenze stampa e se ne erano andati. Il solo a saperlo era il governo portoghese, come padrone di casa. Ma Mitterrand lo aveva informato al momento di accomiatarsi. Dal ministro degli Esteri Deus Pinheiro, perciò, venne l'unico commento: «E' un'iniziativa individuale della Francia, alla quale la Comunità augura successo». Perché questa iniziativa individuale? Per rispondere, bisogna ricordare cos'era accaduto, al vertice di Lisbona, durante le discussioni sulla ex Jugoslavia. Gli italiani e i francesi, appoggiati dai tedeschi, avevano premuto per una «azione forte» della Cee, eventualmente anche militare, per sbloccare la drammatica situazione di Sarajevo. Ma avevano incontrato la resistenza degli inglesi, che ponevano come condizione un esplicito mandato delle Nazioni Unite e la partecipazione degli americani. Major aveva aggiunto che, senza un vero cessate-ilfuoco, qualsiasi intervento sarebbe stato impossibile o troppo rischioso. Ma, proprio perché si continuava a sparare e a morire, nonostante le molte tregue ufficiali, gli italiani e i francesi pensavano che non si potesse attendere oltre. La discussione arrivò a un compromesso, riflesso nella dichiarazione finale. La Comunità affermava che, vista l'inefficacia delle precedenti decisioni delle Nazioni Unite, erano necessarie «ulteriori misure», e «non escludeva» quindi un'azione di forza, nel caso fossero falliti i mezzi pacifici. Si dichiarava «pronta» a fare la sua parte. Ma ribadiva che la decisione spettava all'Onu e che gli europei si sarebbero mossi per effetto e nell'ambito di una tale decisione. II compromesso conteneva una novità importante (la Cee era «pronta» anche a un'azione militare, ancorché a fini umanitari), ma questa novità era attenuata dal condizionante riferimento all'Onu. E se all'Onu non si fosse trovato un accordo? Era comunque un buon documento, che lanciava un avvertimento finalmente serio agli assedianti serbi. E allora perché l'iniziativa di Mitterrand? Probabilmente per rafforzare questo segnale, in direzione dei serbi, ma anche degli inglesi, che tra due giorni assumeranno la presidenza di turno della Cee. Mitterrand ha voluto dire che questa volta l'Europa non si ferma, non deve fermarsi, alle parole. All'interno e all'esterno. Perché, se ai problemi interni si aggiunge l'incapacità di arrestare i massacri di Sarajevo... Naturalmente, quella di Mitterrand non è una scelta per l'uso della forza, è semmai un estremo tentativo di diàlogo e di mediazione, affinché la forza resti una minaccia, un mezzo di pressione. Vedremo i frutti concreti. Molti diranno, o già dicono, che c'è anche del protagonismo, nazionale e personale. E certo la Francia non ama vedersi in seconda linea. E certo Mitterrand avrà pensato alla propria immagine nell'opinione pubblica francese, in una fase molto delicata. Un «beau geste»: perché no? Non sarebbe il primo, per l'uomo che già volò nella Beirut del terrore dopo l'eccidio dei militari francesi del corpo di pace. Ma, come per il referendum su Maastricht, in programma a settembre, questo vecchio leader coraggioso ormai si gioca tutto, anche in casa, nel nome dell'Europa. Di cui meriterebbe, o avrebbe meritato, di essere il primo Presidente. Aldo Rizzo

Persone citate: Deus Pinheiro, Francois Mitterrand, Mitterrand